martedì 1 settembre 2009

questo non e` un titolo

31/08
10.10 pm
Poco dopo averlo pubblicato mi sono accorto di non essere per nulla soddisfatto dell’ultimo post, suona abbastanza sottotono rispetto a quelli precedenti. Per farmi perdonare, ecco un po’ di appunti che non hanno trovato lo spazio necessario, o che mi ero scordato, o che devo correggere.
La persona che e` venuta a prendermi all’impala hotel non e` il papa` di Br. ma un altro dei suoi cinque zii (cosi` ora mi manca solo di conoscere uno dei due che abitano a Dar Es Salaam, perche` gli altri quattro spaziano dall’amicizia alla conoscenza)
In Kenya il telegiornale trasmette gli orari dell’alba e del tramonto delle principali citta`, per aiutare gli arabi nell’osservare il ramadan. Mi chiedo che cosa scatenerebbe da noi anche solo una proposta simile, ma qui ci sono duemila chiese diverse che convivono piuttosto pacificamente fianco a fianco. Per tutta Arusha, ad esempio, si sentono spesso i richiami alla preghiera degli imam, sebbene quella musulmana sia una minoranza piuttosto piccola della popolazione totale. Mi chiedo se e` per questa sorta di rispetto culturale (necessario in tutta la Tanzania, perche` come ho gia` detto qui convivono piu` di centoventi tribu` diverse; ma, mi dicono, particolarmente marcato nella zona di Arusha) che qui si trova il tribunale dell’ONU per i crimini di guerra del Rwanda.
Non l’ho piu` scritto, ma ritengo che chi si lamenta del modo di guidare, o di lavorare alle frontiere, o di cucinare o di qualsiasi altra cosa tra cui e il Kenya o non ha mai messo il piedino fuori dalla porta di casa e dunque ignora come sia il mondo o non ha proprio capito la mentalita` dell’Africa Orientale.
Per lo stesso motivo il resoconto di Nairobi non era molto ricco di vicende: avevamo programmato una trentina di cose da fare o vedere, e non ne abbiamo fatta o vista praticamente nessuna. Ma e` stato bello lo stesso. Inoltre i primi due giorni in Kenya sono stati i primi due giorni della mia vita, o almeno che ricordi, in cui non ho pronunciato neanche una parola in italiano.
Tutti gli studenti, di tutte le scuole e di tutte le eta`, devono portare i capelli quasi rasati a zero, l’uniforme e non devono avere orecchini, collane, bracciali o altri gioielli.
Per chi ha finito la scuola trovare lavoro e` parecchio difficile. Per chi non l’ha finita e` pressoche` impossibile.
Le uniche notizie che ho dell’europa sono che l’economia si sta un tantino rafforzando, poiche` vedo salire i tassi di cambio. Per quanto ne so attualmente potrebbe esserci stato un colpo di stato guidato da Beppe Grillo, o l’invasione della Svezia da parte di San Marino..
Gli orari dei post del blog sono sballati, non capisco la causa poiche` non coincidono nemmeno con quelli del computer da cui posto. Boh. Mi risulta difficile, spesso, rispondere ai commenti ed alle mail, per cui scusatemi; pero` mi fa molto piacere ricevere entrambi e sapere che mi seguite –grazie.
Qual’e` l’altro aspetto positivo dell’essere mzungu? La possibilita` della conoscenza. Mi spiego meglio. All’interno della civilta` occidentale c’e` una certa percentuale di gente che dedica la propria vita al conoscere le altre culture; grecisti, egittologi, esperti di civilta` precolombiane o della Mongolia di Gengis Khan, cosi` come esploratori ed antropologi si spingono tra i ghiacci per conoscere gli inuit, nelle foreste per i boscimani o nel deserto per beduini ed aborigeni. Facendolo, sentono di amare profondamente quella cultura, tanto da assorbirla e percepirla quasi come propria. Se, mettiamo, un maasai sentisse l’inquietudine di non sentirsi pienamente soddisfatto dal proprio bagaglio culturale e si sentisse piu` affine ai, non so, Mohawk, avrebbe una difficolta` piuttosto pronunciata a conoscere ed avvicinarsi al loro modus vivendi se non passando attraverso gli strumenti occidentali. Certo, conoscendo parecchie altre culture, non mi stupisco affatto che i proprietari di ciascuna di esse non fatichino ad essere orgogliosi della propria, tanto quanto non riesco a capire come si faccia ad andare fieri di essere gli eredi di chi ha cercato di distruggere tutto quanto fosse diverso da se`; in ogni caso, grazie all’irrequietezza provata da altri prima di me, mi e` relativamente facile indagare il mondo per trovare il porto piu` adatto alla mia barca. Il bello della prigione bianca e` che si puo` evaderne.
Se il discorso di cui sopra vi sembra borioso o saccente, be’, vi giuro che non era assolutamente mia intenzione trasmettere questo tipo di messaggio; cercavo solo di spiegare.. ehm, non so bene cosa. Forse chi sono.
P.s. nel caso non ve ne foste accorti, tutto quello che avete appena letto era un insieme di postscripta.
01/09
8.40pm
Oggi sono stato ad un’altra cerimonia maasai. Un funerale, di una bambina di nove mesi. Si trattava della figlia del fratello minore del padre di Anna e Michael (so che il termine corretto e` cugina, ma non rendeva l’idea del fatto che non fossero particolarmente legati), malata da quando era nata di idrocefalia, se questo e` il termine dell’acqua nella testa. Dopo due operazioni, non ha superato la terza.
Piovevano goccioline fitte e fredde, ed il cielo era grigio scuro, mentre aspettavamo fuori dall’obitorio; prima entrano gli uomini, poi le donne e i pochissimi giovani. Io ero con quei pantaloncini detti, credo, trequarti (quelli sotto al ginocchio, per intenderci), poiche` avevo lavato la sera prima il mio unico paio di jeans; per questo motivo mi sembra un tantino piu` rispettoso congelare fuori dalla porta piuttosto che entrare a curiosare o poco piu`. La bara viene portata fuori, non era piu` lunga di mezzo metro e si notava che tutto il peso, o quasi, era dato dal legno. La pioggia non cambia, il vento non cessa; nessun tuono o raggio di sole: la natura non si interessa di queste formichine. Tutti i veicoli del parcheggio hanno dei fiori negli angoli dei paraurti, ma sono pochi quelli che partono nello stesso tempo –altre persone lasceranno Arusha, oggi. Il nostro vain e` il piu` capiente, per cui facciamo il giro della periferia raccogliendo amici e parenti; appena smette la pioggia l’atmosfera si rilassa, ridono e si prendono in giro in swahili. Per un attimo penso che stiamo andando al mercato, no, anzi, dev’essere una festa, sono tutti cosi` colorati… Si passa accanto ad una scuola, ora dell’intervallo, un oceano di bambini in verde che invade la strada e ci salutano con mille denti. Alla fin fine raggiungiamo la nostra destinazione, una casa di fango uguale alle mille altre che si trovano in periferia, vicino al mercato maasai di due secoli fa. In fondo alla pianura si vedono due o tre colline che sembrano fatte col compasso, nella direzione opposta il profilo di Arusha e, immenso, il monte Meru tra le nuvole. Il gruppo si divide, tutti si siedono sul “prato”; le donne con le donne, tutte avvolte in veli colorati e con la testa coperta, gli uomini con gli uomini, vestiti come tutti i giorni. Non metti il vestito elegante, se il vestito elegante non ce l’hai. Iniziano a chiaccherare, ridono, perdono tempo; per piu` di due ore sto seduto in silenzio ad ascoltare parole che non capisco. Ho freddo, siamo circondati dalle mosche, mi annoio e mi accorgo di non essere l’unico. Forse che si siano dimenticati che cosa devono fare? No, ecco che la folla si muove e si raccoglie a semicerchio attorno alla porta. La bara viene portata fuori e adagiata su un tavolino. Passando molto del mio tempo a riflettere sulla vita e` naturale che ragioni anche sulla morte; ma il pensiero che il mio essere li` o meno, per il corpo nella bara, non cambia nulla, e percepire l’indifferenza di molte delle persone che mi circondano, be’, mi riempie di tristezza. Di compassione, anzi; per i vivi, piuttosto che per quelli che lo furono. Un uomo con un completo verde intona un paio di canti religiosi, seguito dalla folla; poi, il suo posto viene preso da un altro, scuro nel vestito e nella gestualita`. Inizia una predica in swahili, della quale giusto poche parole. Dopo una ventina di minuti, la maggior parte dei cappelli e` di nuovo sulla testa dei proprietari, e Michael mi prende in disparte e mi porta su un prato poco lontano, vicino ad altri che so essere amici. Non e` solito per bambini cosi` piccoli fare discorsi cosi` lunghi, dice; ma ai maasai piace parlare, e quindi andra` avanti ancora per un po`. Ogni tanto la folla ridacchia, ad un certo punto ride perfino (pare che stesse condannando l’alcoolismo che dilaga tra i piu` poveri con un “tanto lo so che dopo il funerale andrete a bervi una birra!”). Scaccio una mosca e mi accorgo di quanto questa gente sia rassegnata. La morte fa parte di questi luoghi come le risate dei bambini, la polvere, i belati: tutte cose vere, palpabilmente vere. L’occidente e` una scatola tecnologica, che ha perduto del tutto il contatto con il reale. O almeno cosi` era mentre una nuvola gigantesca eclissava il sole e la sua ombra rabbrividiva. Sento che il suono cambia, Si`, ora sta parlando in maasai. Ci vorra` ancora un po’, vuoi vedere la buca? Profonda come un uomo, non piu` larga di un metro e mezzo, con la terra scavata ammonticchiata li` accanto, i manici di due pale che spuntano dalla collinetta. Il Mausoleo, il Taj Mahal, Giza, questa Buca. Forse che i rispettivi proprietari sono diversi, ora? Importa, per caso, che siano stati diversi prima di ora? Credo di no, e cosi` e` per me, per voi, per le persone in fila per dare l’ultima carezza a quel corpicino minuscolo, mentre un uomo col cappello tiene discretamente a distanza le mosche sempre piu` numerose. Le donne si siedono per terra a qualche distanza dal luogo della sepoltura, in silenzio. Gli uomini si raccolgono attorno alla Buca per gli ultimi discorsi, mentre i singhiozzi disperati della madre fanno perdere il filo del discorso all’oratore piuttosto scosso. Due ragazzotti saltano all’interno della Buca e vi appoggiano la cassa sul fondo, saltano fuori e raccolgono le pale mentre l’Uomo scuro, il padre e i fratellini della bambina gettano tre manciate di sabbia a testa prima di allontanarsi. Si ricopre. Tronct, tronct, tronct, i sassi rimbombano sul legno semivuoto. I gesti sono rabbiosi, quasi violenti, mentre i piu` forti si strappano gli attrezzi di mano per gettare ognuno un po` di terra grigia e nera come le mosche nella Buca sembre piu` piena. Compaiono due picconi che spianano e smottano, quattro arbusti ai lati del rettangolo che ormai si alza di mezzo metro dal terreno circostante. Velocemente si pianta una croce di legno, si circonda il tutto con delle rocce piu` chiare e le donne iniziano a gettare fiori viola sul monumento funebre; un uomo con un cesto da` a me e a chi mi e` vicino due rose legate insieme, per poggiarle intorno alla bara. Quando lo faccio incrocio lo sguardo del padre, che mi sorride. Entrambi sappiamo che compio quel gesto per lui piuttosto che per lei. E la folla si sparpaglia nuovamente.
Io accompagno Michael in una casa maasai poco distante, dove abita l’uomo che ha tenuto la cerimonia il primo sabato. Sua moglie ci offre del latte fermentato in qualche modo che, se zuccherato, sa quasi di yoghurt da bere. Decido di aspettare la serata per chiedere a qualcuno se potevo berlo senza problemi. Carichiamo sul vain un sacco alto come me pieno di pannocchie e torniamo alla casa del funerale, dove lo infiliamo in una vecchia corolla; non so chi ci obbliga assolutamente a prendere una bibita, qualcuno si presenta, una donna mi fa una domanda in swahili (si`, rispondo convinto, prima di scoprire che mi aveva chiesto il mio nome), mi portano nella casa per il giro di condoglianze, dove tutti erano colpiti dal fatto che mi comportassi in maniera educata. Siamo davvero cosi` rozzi e volgari?
Dopo una giornata lunghissima ci ficchiamo nel vain con un’altra ventina di persone (non ricordo se fossimo in 24 o 26) e, lasciandone qualcuna per strada, torniamo al centro che ormai sono le quattro e mezza ed i ragazzi sono gia` arrivati. Nancy ci vede e ci corre incontro, sua mamma la solleva e No, urla, perche` voleva essere portata da me. Mi sono sentito un sacco importante, in quel momento. Ho giusto il tempo di pranzare un pochino prima che Frankie mi obblighi ad inseguirlo per il centro e fuori, fargli il solletico, sollevarlo sulle spalle, e` un bambino adorabile e pieno di vita. Dopo la bibbia settimanale e la merenda diamo ad ognuno dei ragazzi un sacchetto con sapone, olio, farina e altri generi simili per le loro famiglie; alcuni di loro, rimasti nonostante il tramonto, insistono nel continuare a giocare, perche`, probabilmente, non gli sembravo abbastanza stanco. Mi fermo in casa a guardare un documentario sulla mungitura delle mucche senza l’audio e a chiaccherare con Anna mentre bevo un chai allo zenzero, poi mi obbliga a prendere del cibo che ha cucinato e mi dirigo verso casa di Mario. Telefono ai miei, scrivo queste parole. Sono le dieci e qualcosa, maledetto blog che mi fai tardare la cena!
P.s. Accidenti, non mi piace nemmeno questo di post.
P.p.s. Stranamente, anche se e` martedi`, la corrente e` in funzione
P.p.p.s. Ieri sera ho finito Le nuvole di Aristofane. Quello che penso del teatro l’ho scritto piu` sopra, per di piu` quello Greco e` pieno di riferimenti e citazioni impossibili, per noi, da cogliere senza spiegazioni approfondite. Pero` mi e` piaciuto lo stesso.
P.p.p.p.s. Quanto e` brutto quel nove li` in alto.

2 commenti:

  1. solo un piccolo commento. mentre aspetti di trovare lo stile che cerchi e preferisci, tu continua a scrivere, descrivere, raccontare, emozionare e commuovere i tuoi fedelissimi. senza limiti di tempo e spazio. e non smettere per nessuna ragione. te lo vietiamo, chiaro?
    che altro dire dopo aver letto i cosiddetti p.s.?
    grazie. per raccontarci di uno speciale mzungu e dell'africa che stavo cercando.
    jambo

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  2. carissimo Tato grazie per tutto cio che scrivi descrivi e ci trasmetti (stanotte mentre leggero diario da Nairobi avevo la sensazione di sentire la polvere rossa negli occhi ed in bocca!!e non solo quella)meno male che hai terminato i libri..avrai più tempo per scrivere..per noi che in coro ti ringraziamo e supplichiamo continuaaaa!!!aspettiamo tue nuove ..1 abbraccio tribù visi pallidi e OMBRA

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