lunedì 31 agosto 2009

Tatonzania feat. Sambukenya

26/08
8.00 pm
Stamattina si va subito al centro, che siamo pieni di impegni e dobbiamo fare in fretta. Per questo si aspetta almeno mezz’ora, perche` No hurry in Africa e` una legge universale. Percio`, quando Michael arriva e raccoglie me e Brian andiamo a comprare il materiale necessario, chiodi e un foglio di lamiera da una parte e della legna da un altra. Spesa totale 27 euris. Il cielo e` brutto e pioviggina, ma e` una cattiva notizia perche`, mi spiegano, la pioggia di questo tipo in questo periodo dell’anno significa che quella prevista per novembre-dicembre ritardera` ancora. Stranamente, inoltre, le odiose goccioline che tanto mi incupiscono al mio paese qui non fanno effetto. Torniamo al centro e scarichiamo il tutto, per metterci a segare e martellare in mezzo al fango. Non c’e` elettricita`, quindi si usa la sega a mano, raddoppiando o triplicando il tempo necessario al lavoro; pero` ci divertiamo, e procediamo spediti. Ci dobbiamo interrompere verso l’una, perche` Anna insiste che si debba pranzare e riposarsi un po` prima di finire. Percio` ugali, fagioli e, senza che debba richiederli, i famosi pescetti! Ormai hanno accettato la mia doppia natura. Usciamo un attimino e ritroviamo Alex (detto Fergusson, se si scrive cosi`) che lavora in un’aiuola vicina. Si mettono a discutere per finta su dei semi che F. doveva vendere o regalare a Mi. e che non voleva, o non poteva, o stava giusto aspettando di, a seconda di come si mettevano gli accordi, dargli. Comunque ci offre delle sodas e, per 350 lire, ci beviamo la fanta al frutto della passione. Abbiamo il permesso di finire il lavoro, e siccome e` tornata la corrente usiamo la sega elettrica (usiamo nel senso che la uso anche io, perche` mi sono scoperto non del tutto inabile in falegnameria. E` piuttosto divertente, ho voglia di costruire qualcos’altro!). Meta` pomeriggio, non abbiamo altri impegni, percio` facciamo un giro nel quartiere per tirare sassi ai datteri secchi o parlare agli asini; Anna, pero`, ci chiede un passaggio al mercato dall’altra parte della citta` e la accompagnamo. Sulla via del ritorno, Mi. ferma il vain per salutare una persona, mentre io resto dentro: seduti su degli scalini poco distanti, dei ragazzi iniziamo a salutarmi in inglese prendendomi, credo, in giro in swahili. Qui tantissime persone salutano lo mzungu, pochi per chiedere soldi, altri per prenderti in giro e la maggior parte per simpatia disinteressata, pero` vorrei che non lo facessero comunque, serve solo a sottolineare la mia evidente diversita` esteriore. Bah. Quando torniamo al centro ci accorgiamo di non avere le chiavi dell’edificio ne` quelle di casa di Mario, chiuse dentro esso. Anna tornera` tra un’oretta, percio` andiamo a casa di Bruson, cugino di Brian, dove mentre loro si godono una sorta di Mtv io mi appisolo sul divano. Anna arriva che ormai e` buio, mi trascino stanchissimo a casa e finisco UNC (decisamente bello, Pirandello e` uno dei pochi che potrebbe scrivere un libro simile senza passare per borioso o noioso).
P.s. Mi mancano veramente pochi libri. Accidenti.
P.p.s. Il cibo cotto sul fuoco a legna ha tutto un altro sapore.
27/08
9.30
Quando, stamattina, sono andato al centro, ho trovato fuori dal cancello un bel po` dei semi –che non sono semi ma foglie rigide belle lunghe- che F. aveva mezzo promesso a Mi. Li porto dentro, accompagno nuovamente Br. a comprare le mandrasi, questo il nome delle frittele di qualche giorno fa e, dopo colazione, andiamo verso casa di Mi. con un po` di quelle piante sotto il braccio. Dicono che facciano cresciere una sorta di patata dolce tipicamente africana. Mentre Mi. irriga (a vangate e vasi comunicanti) il suo campo io e Br. andiamo da Caroli e il suo fratellino Manje, due ragazzi del centro, per pescare insieme. Spille da balia, un po` di spago e un bastone di legno e` tutto quello di cui hai bisogno, con la zappa cerchi i lombrichi e tutto quello che hai da fare e` capire quali sono troppo piccoli per essere mangiati e ributtarli in acqua. I pesci sono diversi da quelli nostrani, hanno una cresta piuttosto esotica sulla schiena. Non pescavo da, uhm, da quando? Credo dalla Norvegia con il mio vecchio. Bei tempi. Alla fin fine, dopo un paio di orette, abbiamo raccolto una buona dozzina di pesci grossi circa come una mano aperta, e andiamo verso casa di Mi. per cucinarli. Squamiamo, sventrano e svuotano, accendiamo il fuoco e riscaldiamo l’olio. Che e` sempre lo stesso, il che in europa gli darebbe un tasso cancerogeno del duemila percento ma in africa e` la prassi. Di necessita` virtu`, che diamine! Mentre io e Br. iniziamo a friggere il pescato, Caroli va a raccogliere la cassava, che puliamo e friggiamo proprio come una settimana esatta fa. Rimpiango nuovamente di non avere con me la bacca digestiva dei maasai, perche` ne mangiamo a quintali, e sebbene a noi si uniscano Gasto, Frankie, Luka, Jacob, Michael e altri ragazzi ce n’e` piu` che abbastanza per tutti. Insieme costruiamo un piccolo recinto per una grossa gallina nera e i suoi pulcini, e pian piano il gruppetto si dirige verso il centro. Lungo la strada io e i bambini (cioe` Br., Luka e Frankie) ci attardiamo in un orto per raccogliere delle erbacce per i conigli, e siccome la suddetta erbaccia mi arriva alle ginocchia e la raccolgo a manate cieche non posso non chiedermi quanti dei serpenti che abbiamo visto la prima settimana fossero molto velenosi; pero`, siccome non vengo morso, non ho modo di scoprirlo.
Non faccio in tempo a posare il mio carico, tuttavia, che Mi. mi accompagna in citta` per comprare il biglietto per Nairobi e a cercare una bombola di aria compressa per pulire e, spero, aggiustare la macchina fotografica –ma essendo ormai le sei del pomeriggio tutti i negozi sono gia` chiusi. Poco male, aspettero` il Kenya. Torniamo indietro in tempo per salutare tutti i ragazzi e, mentre mi attardo a chiaccherare con Anna, scopro che non c’e` di nuovo corrente. Elementare, l’idroelettrica ha bisogno di acqua, e se c’e` carenza idrica c’e` mancanza elettrica. Quindi assaggio gli strani tuberi di cui stamane ho visto i semi, e sono pure buoni, sanno di pure` compresso. Speravo che l’energia tornasse per poter pubblicare quanto meno questi due giorni e non lasciarvi a bocca asciutta per quasi una settimana, ma dovrete rassegnarvi, perche` alle otto torno a casa e, avendo di nuovo un sacco di cose da fare e nessuna voglia di farle, finisco Tre croci di Tozzi (molto, molto bello. Mi piacciono i libri che non hanno una storia particolarmente piena ma si limitano a raccontare la disperazione dei protagonisti, se, ovviamente, sono scritti bene). Al buio preparo i documenti per il viaggio, lo zaino e mi accingo ad andare a letto.
..Oh, e` tornata la luce!
P.s. sempre meno libri, cavolo.
P.p.s. dovrei preoccuparmi del fatto che conosco piu` parole in swahili, che frequento da meno di tre settimane, rispetto al greco antico, che dovrei frequentare da cinque anni?
P.p.p.s. le parole di greco antico presenti ancora in italiano non contano.
P.p.p.p.s. Oggi ho visto tre bianchi, mentre ieri e l’altroieri nemmeno uno –missione compiuta. Non l’ho scritto perche` speravo nella tripletta, ma mi accontento cosi`.
27/08
8.15 am
La luce e` tornata appena in tempo. Mangio qualcosa, che non mi andava di cenare nuovamente al buio, vado a letto. Mi sveglio alle sei meno un quarto, per fare una doccia non calda e fare una ricca colazione, dovendo stare parecchio a digiuno. Alle sette e dieci arriva Mi., ed e` la prima volta da quando sono in Africa che vedo qualcuno arrivare in orario! Sul bus una delle persone che aveva prenotato non c’e`, per cui, dal seggiolino scrauso in mezzo al corridoio che mi era stato assegnato inizialmente vengo traslocato su un sedile vero e proprio. Siamo partiti adesso, e chissenefrega se Nairobi e` pericolosa!
P.s. Ho di nuovo parlato in inglese con un italiano, anzi, italiana, che non ha dato segni di accorgersi di nulla. Oh oh oh, sono cosmopolita!
P.p.s. Tempo previsto per il viaggio: tra le quattro e le otto ore
29/08
12.20 am
Il viaggio e` stato africano, e non saprei come meglio descriverlo. Lunghi tratti su un terreno che, se non era sterrato, era asfalto in condizioni davvero pessime; caldo con i finestrini chiusi, rumore e vento se aperti; savana e nient’altro per chilometri, e so che mi manchera` tantissimo. Passiamo vicino al lago Natron, mi colgono ricordi e orgoglio. Solo io e un altro paio di wazungu abbiamo un libro in mano alla partenza, e capisco il perche` dal tremore che ti impedisce di contare le tue dita. Arriviamo al confine, frontiera di Namanaga, descritta da alcuni turisti come “una bolgia infernale”. Ci si mette in fila, ecco il suo documento ed ecco il suo timbro, arrivederci; un paio di centinaia di metri, ecco il Kenya, ecco i suoi dollari ed il suo documento, ecco il suo visto e il suo timbro, arrivederci. Cosa si aspettavano, che offrissero un buffet? Torniamo sul bus, e mentre aspettiamo una coppia di olandesi veniamo assediati da un branco di maasai che cercano di venderci la loro paccottiglia (tristi riproduzioni in plastica dei loro gioielli e manufatti, mi facevano tristezza). Si riparte, tra vibrazioni e pezzi piu` lisci, e posso procedere con il libro, superandone la meta` prima dell’arrivo. Il paesaggio e` lo stesso, colline tonde e basse, nuvole perfette come solo in africa, basse acacie rinsecchite, ma in qualche cosa si percepisce che e` diverso. Sara` la terra, che e` rossa di un rosso differente, anche se quel confine e` stato tracciato dagli inglesi o chi per loro su una cartina. Attraversiamo parecchie cittadine squallide e tutte uguali e alle due in punto entriamo a Nairobi. Il traffico che ci era stato prospettato ci accoglie amorevolmente, e procediamo di duecento metri ogni venti minuti. Caldo, smog e rumori dappertutto, mi viene voglia di saltare dal finestrino e proseguire a piedi; se solo sapessi la strada.. Alle tre siamo al primo degli hotel in cui e` previsto l’arrivo, dove vengono scaricati dal tetto tutti i bagagli di chi non scende e vengono stipati nel corpo dell’autobus –non ho idea del motivo, ma ho smesso da tempo di stupirmi o di cercare di capire alcuni comportamenti africani. Come quando chiedo un’informazione a chi mi accompagna e costui non la sa, egli chiede a qualcun’altro in swahili, annuendo soddisfatto per la risposta. Ehm..
Alle tre e mezza siamo al capolinea e scendo. La mia sim tanzaniana non funziona, chiedo alla hall dell’hotel se posso fare una telefonata e, per tutta risposta, vengo accompagnato prima ad un bureau de change e poi a un negozio di telefonica dove acquisto una nuova sim e la rispettiva ricarica. Che non funziona. Chiediamo al negozio, riusciamo a ricaricare, cerco di chiamare. Ma non funziona. Ci smanetta il portiere dell’hotel, riesce a chiamare il primo dei due numeri di Sambuka, ma risponde una voce come infantile, che non capisce bene l’inglese. Provo il secondo numero, e non funziona. Sto per mettermi a imprecare in migliaia di lingue diverse e a pensare dove diavolo passare la notte quando riusciamo a chiamare il mio amico, che non e` lontano da qui. Sollievo infinito. Arrivato mi accompagna a pranzare a pollo fritto e ricordi in un localino tutto lindo e pulito ma dove mi danno una forchetta sporca. Alzo le spalle, se ero anche solo un briciolo schizzinoso prima di questo viaggio, be`, ho perso per strada quella parte di me. Entriamo in un palazzone composto da tante piccole stanzette un metro e qualcosa per due, dove c’e` il bugigattolo (adoro questo genere di parole, come dinoccolato, cacofonico, stereotipato…) che ha in comproprieta` con degli amici e che chiamano negozio. Qui lasciamo il mio zaino e partiamo per una prima passeggiata in un quartiere pieno di grattacieli, hotel di lusso, ambasciate e ministeri, la tomba del primo presidente, un edificio importante perche`.., una statua, un`altra. Camminare per una metropoli senza una meta precisa, non lo facevo dai tempi di Roma, vacanze di pasqua. Passeggiare con un amico che ti indica dei palazzi, non lo facevo dai tempi di Parma, dicembre scorso. Tempi meravigliosi. Sempre a piedi passiamo per uno dei quartieri arabi, e la moschea e` proprio bella (mi piacciono molto le moschee) e arriviamo nell’universita`, grossa e moderna, ma le persone coloratissime e casinare che la circondano la fanno essere una vera allegoria della citta` stessa. Il viaggio mi ha spossato e ho anche mal di testa, ma il tramonto con le nuvole grigie gialle rosse rosa e azzurre, gli uccelli di vario tipo (cornacchie, corvacci –i miei preferiti, passerotti grossi come piccioni, qualche rapace intorno ai grattacieli), ti ricordano di essere in africa e di essere contento. Al negozio riprendiamo lo zaino e Oliver (credo si chiamasse cosi`) il miglior amico di Sambuka che ci accompagna da allora ed andiamo in un bar su un tetto, con perquisizione all’ingresso, birra molto economica e dolce, musica chiassosa che ti rimbomba nelle orecchie. Ol. Dice qualcosa al deejay e Nairobi mi da il benvenuto in Kenya. Usciamo.
Anche se ho bevuto come loro non riesco a trovare divertente cio` che a loro fa ridere tanto, sara` che mi fa male la testa, sara` che la gente mi fissa per la strada, sara` per le sette ore di bus che mi pesano sulle spalle. In una sorta di fritteria (a Nairobi esistono solo tre tipi di negozi: cibo, telefonini e scarpe. Chi ha bisogno di qualsiasi altra cosa dove diavolo se la procura?) ceniamo a patatine e salsa piccante e prendiamo la prima bara di cristallo. Sono dei minibus coloratissimi e pieni di disegni fuori, scuri e opprimenti dentro, con dei televisori che proiettano i videoclip delle terribili canzoni rap o reggae che ti colpiscono da ogni angolo, non si vede niente fuori dal veicolo, che dentro e` pure imbottito, probabilmente per evitare troppe contusioni alla folla a causa della velocita` e degli sbalzi. Lungo la strada la polizia ci ferma e fa la perquisizione a tutti, e per fortuna che eravamo tutti puliti perche` mancava giusto una bella sparatoria per rovinarmi definitivamente l’umore. Arriviamo in un brutto quartiere, le case diroccate, le strade sterrate e sporche (il centro invece e` parecchio pulito, ci sono perfino dei cestini della spazzatura e vengono usati), e persino io, sempre disinteressato alle vicende del mondo e mai preoccupato verso il genere umano avverto un certo timore. Tutto il pomeriggio ho pensato che Nairobi dev’essere pericolosa per i turisti solo nei quartieri piu` malfamati, come, del resto, Roma; be’, ora ero nel bel mezzo di un quartiere che aveva tutta l’aria di essere malfamato. Fortunatamente entriamo subito in un edificio e da li` in una stanza che tuttora ignoro se fosse loro, di un amico o in comproprieta` con questo amico; si trattava in ogni caso di un salottino con dei cuscini e una tv, un lavandino in un angolo e dietro una grata separatrice un letto matrimoniale dove dormiamo tutti e tre. Dopo pochi minuti eccole. Dapprima senti il ronzio in lontananza, poi si avvicinano alla faccia, alle braccia e alla pancia, da dove immediatamente parte il prurito e il gonfiore. Si allontanano, lasciandoti immerso nel silenzio per un paio di minuti, giusto il tempo di sperare che siano sazie, ed eccole di ritorno, piu` assetate e rumorose. Ne schiacci una, ne compaiono altre cinque, e anche Eracle avrebbe avuto il suo bel daffare. Le parti del corpo sotto la coperta, sebbene cuocessero, erano al sicuro, ma non cosi` la testa –e in ogni caso hai bisogno delle mani per grattarti o cercare di spiaccicarne il piu` possibile quando le senti sulle guance e la fronte.
E` l’alba, se ne vanno vittoriose, la disperazione cede il posto al sonno, finalmente; e anche ai sogni strani, lariamosi (avro` forse preso la malaria? Nah, la gestazione e` molto piu` lunga, ah ah!). Dopo un paio di orette ci alziamo, io e Ol. distrutti per la notte passata a sfamare le bestie, Sambuka riposatissimo perche` Il suo sangue non piace alle zanzare. Attraversiamo un mercato chilometrico e di bancarelle sconcertantemente uguali per prendere un’altra bara di cristallo diretti verso il centro, affollatissimo come ieri (perche`, scopro, Nairobi ospita tre milioni di abitanti in uno spazio pensato per contenerne due). A piedi torniamo al Bugigattolo dove brunchiamo con mezzo sandwich e una tazza di chai (ora come ora, cioe` 12.45, spero che avremo anche un pranzo vero e proprio, perche` sto morendo di fame). Aspettiamo non so bene chi o cosa, ma come ho detto non mi stupisco piu` delle decisioni africane; poco dopo Ol. si alza e porta la mia macchina fotografica alla samsung, che un fotografo li` vicino gli ha detto che e` rotta all’interno e dev’essere smontata da chi l’ha costruita. Nel frattempo guardiamo e commentiamo le foto dell’Egitto, che sembra lontano dozzine di decadi ma era meno di trenta giorni fa. Aspettiamo ancora, e poco male, che almeno non devo scrivere tutto questo domani o il giorno dopo. Ora, mi accorgo, sono esattamente a meta` del mio viaggio in Africa. Punto di non ritorno.
P.s. Mi sono reso conto mentre scrivevo che magari non tutti sanno che cosa sono venuto a fare a Nairobi. Quand’ero in Egitto con gli scout ho conosciuto questo ragazzo, Samuel Mburu Kanau (AKA Sambuka), con il quale ho stretto in dieci giorni una forte amicizia, promettendogli che sarei andato a trovarlo durante la mia permanenza ad Arusha. E` sempre allegro ed e` come se ridesse sempre, con gli occhi e con la bocca. Purtroppo pero` questo fa si` che le persone capiscano si` e no un terzo di quello che dice...
P.p.s. Il tasso di cambio degli scellini kenioti e` di uno a centocinque/sei, per cui non devo fare altro che pensare in centesimi di euro o togliere due zeri dalle cifre piu` alte.
P.p.p.s. Mi sono reso conto solo adesso (31 agosto), ricopiando queste parole al computer, di quanto devono essere noiose e superflue alcune (se non la maggioranza) parti del mio resoconto. Mi spiace..
30/08
1.55 pm
Leaving Nairobi… [E` parecchio che non ascolto Leaving Beirut, adoravo quella canzone]
E cosi` anche la mia avventura keniota e` giunta al termine. Ritorniamo all’ora di pranzo di ieri. Poco dopo che ho finito di scrivere Ol. si unisce di nuovo a noi e a piedi sotto un sole finalmente africano (Nairobi mi era stata descritta come fredda e piovosa. Non e` cosi`) raggiungiamo una chiesa metodista non particolarmente vicina dove si e` appena concluso il matrimonio di non so quale amico, o parente, o amico di parenti o parente di amici. In ogni caso, tutta la numerosissima famiglia del mio ospite, che conta 15 persone solo tra i cugini di primo grado, e` ivi raccolta e mi viene presentata man mano. Ci mettiamo in fila dietro a millanta persone per raggiungere la distribuzione del cibo, mentre loro chiaccherano meta` in swahili e meta` in inglese Perche` a scuola si fa cosi`. Raggiungiamo il cibo senza evaporare e ci sediamo in chiesa a mangiare. Una sorta di polenta verde con mais; carote grattuggiate con ananas; carne e riso sono il nostro pasto. Un predicatore borbotta qualcosa ed iniziano a cantare, non gospel alla Dan Brown come io speravo ma canzonette da karaoke. Uffa. Ricomincia a litigare con se` stesso applaudito dalla folla e usciamo di nuovo tra le braccia e le strette di mano di altri parenti? Conoscenti? Persone che passavano per caso? Non faccio in tempo a capirlo, ma vengo buttato in mezzo alle foto di rito. Almeno mi sorridevano tutti, e penso che credessero di ridere con me e non di. Arriva la processione della sposa, una fiumana di signorotte di mezza eta` coloratissime che ridono sguaiatamente cantando e battendo le mani. Riusciamo a divincolarci e ritrovare la liberta` della strada. Ol. va a prendere la mia macchina, ma era parecchio rotta e i soldi che ho gia` cambiato non bastano, cosi` ne cambio altri alla cassa di un casino`. Era la prima volta che ci entravo, e sebbene fosse tutto perfettino da giacca e cravatta era un luogo terribilmente squallido. Sono le 2.08 e il bus parte per Arusha, a dopo..
P.s. pero` il cambio del casino` era il piu` conveniente della citta`.
8.35 pm
Ok, eccomi ad Arusha, seduto nella hall di un albergo. Piu` tardi spieghero` perche`, ci arriviamo con calma, come ha fatto il tempo reale.
Ol. va dunque a ritirare la mia camera, cercando, riuscendovi, ad ottenere un po’ di sconto. Nel contempo io e Sambuka andiamo nel negozio di souvenir dell’Hilton Hotel, un palazzone grande e grosso tutto di vetro. L’HH, non il negozio. Pare che sia il piu` economico della citta`, e quanto pare ha ragione, poiche` sembrava che gli items costassero giusto il loro stesso materiale e nulla piu`. Resta da sottolineare il fatto che questi sono i primi souvenir che compro da quando sono qui, ad eccezione di tre collanine, e questo e` un fatto piu` che notevole. Appena pago ci sbattono fuori, perche` e` gia` l’ora della chiusura. Un’ultima passeggiata prima del tramonto, quando torniamo a chiudere il bugigattolo e andiamo a prendere il pullman verso la loro casa. Lungo la strada incontriamo una loro amica, che a me ricordava tantissimo una persona che conosco, che mi vende del miele della sua fattoria. Dopo un po` ci separiamo, e noi ci troviamo cosi` in mezzo ad un’isola pedonale circondata da auto, bici, bare di cristallo e vengo colto nuovamente dal malumore, non so se per la puzza di europa o perche` gli infiniti clacson mi danno nostalgia del Cairo. Detto per inciso, la` la situazione del traffico era decisamente peggiore, sebbene gli stessi commenti sulla rete deprecassero quello di Nairobi. Ma ne parlero` piu` avanti. Mi sentivo, in ogni caso, un po’ giu`. Per fortuna saliamo su un minibus, questa volta lindo e tranquillo, non una BdC; niente disegni, niente televisori, niente sobbalzi eccessivi, riesco persino a sonnecchiare durante i 40 minuti che ci separano dal villaggio dove i miei amici vivono insieme ad altri 5mila kenioti. Ora mi sento bene: le strade in terra battuta non illuminate, i banani, le casettine mi ricordano Arusha; mi sento a casa. [e no, vocina nella testa, non e` vero che Arusha non e` casa]. Sedendomi su uno dei divani della piccola sala di Sambuka mi accorgo di essere proprio stanco. La famiglia e` affabile e numerosa, e continua a chiaccherare tanto di, con, su me. Il… fratello? Cugino? diciottenne mi chiede in che continente si trovi il mio paese, ma non e` la prima volta che mi rendo conto di quanto sia insignificante quella penisoletta a livello internazionale. Finiamo di guardare una sorta di saranno famosi keniota, tutto parlato in inglese (e se qualcuno usa lo Swahili, be’, tolgono il suo audio e lo doppiano). Praticamente tutti i programmi televisivi sono in inglese, di certo aiuta a impararlo assai bene, ma non sono del tutto sicuro che sia una buona cosa.
P.s. Sono arrivati a prendermi, continuo badae.
P.p.s. Word, qui, e` convinto che io scriva in inglese –un pessimo inglese, per di piu`. Se ci fosse qualche parola scritta sbagliata, probabilmente e` perche` lui crede di correggermela.
10.00pm
Casa, finalmente. Ma se qui mi sento a casa, e dando per veritiero il vecchio adagio del piede che non puo` infilarsi in due scarpe nel medesimo momento, cosa sentiro` quando tornero` nella citta` segnata sul mio passaporto? Diamo tempo al tempo, che lui a noi non ne concede. Torniamo al racconto di ieri.
Finito il programma ceniamo con del chapati keniota, piu` duro e scuro, ugali sempre uguale (mi si perdoni il gioco di parole), spinaci, credo, cotti in qualche modo e fagioli e patate stufati. Tutto delizioso, ma pesante come macigni. Durante la cena guardiamo il telegiornale, ed ogni due notizie una parlava di qualche rapimento. Il Kenya e` piu` insicuro di quello che si pensi, a quanto pare, eppure continua a essere il paese con piu` turismo della zona. Occidentali, chi li capisce.. Finito il tg e la cena inizia una commedia basata sul Casanova (E` Venezia, non e` roma. Si`, ci sono ancorfa quei palazzi sull’acqua. No, non li indossano piu` i mantelli). Si accorgono che mi sto sforzando di rimanere sveglio e molto umanamente mi concedono di ritirarmi (dopo aver usato il bagno, un buco in giardino circondato da un gabbiotto di cemento, come usava nelle nostre campagne fino a 50 o 60 anni fa). Collasso a letto. Nonostante il ritorno dei sognacci, la luce del sole e la casa che si sveglia non ci alziamo che alle nove e mezza. In fretta e furia ingoiamo del chai al latte (loro non passano dall’acqua bollente, versano direttamente il latte caldo sulla bustina) e del pane passato nelle uova e fritto, usciamo di casa e andiamo a vedere un punto panoramico sulla rift valley a dieci minuti dal loro villaggio. E` proprio bella. Per tornare in citta` saltiamo su un’ultima BdC, che nel frattempo scopro chiamarsi Matato, inquietantemente simile a Matata (e chiunque abbia visto il re leone sa bene come quest’ultima parola significhi Problema.) L’imbottitura bianca e rossa del soffitto quasi ci tocca la testa mentre le casse gracchiano a tal punto da non capire se fosse reggae o hip hop (altri generi sono da escludere categoricamente). Barcolliamo, ancora tutti interi, fino al museo poco distante dalla citta`, che dicono sia molto ricco e interessante. La tariffa per i wazungu e` di otto volte superiore a quella per gli africani e sedici volte quella dei kenioti. La mancanza di fondi ci fa desistere, e, Sour grapes, si torna in citta`.
p.s. mi si incrociano gli occhi e sbaglio a scrivere le parole, credo proprio che continuero` domani.
31/08
4.45 pm
Oggi e` il compleanno di Caligola, nonche` ultimo giorno di agosto. Questo mese e` cominciato con la partenza per l’ER, tempo inconcepibilmente distante. Ora sono al centro, e ho finito di ricopiare quanto avete letto finora; i ragazzi dovevano arrivare tre quarti d’ora fa, ma siccome non sono ancora qui posso continuare a scrivere per un po`.
Una volta in citta` ed in mezzo ai grattacieli ci accorgiamo a malincuore che e` ormai ora di pranzo, e che mancano due ore alla mia partenza. Entriamo in un ristorantino di cibo africano dove per due euro a testa mangiamo un piattone di stufato e uno di riso speziato. Penso che i prezzi europei mi faranno venire la pelle d’oca. Abbiamo tempo per un ultimo giro fotografico e di ricordi. All’una e trentacinque, cioe` con cinque minuti di ritardo rispetto a quanto chiestomi, siamo davanti allo shuttle; partenza prevista per le due. Dunque ci appostiamo all’ombra a fare video stupidi quando vedo che il pullman inizia a muoversi. Aspetta, urlo, li abbraccio di fretta e salto sul bus in partenza, Vi/ti aspetto nel mio paese, faccio in tempo ad urlare prima di allontanarci. Addio frettoloso, ma non sarebbe stato diverso se ci fossimo salutati a lungo, no? Comunque in venti minuti facciamo il giro degli altri hotel raccogliendo altri passeggeri. A differenza dell’andata, questa volta sono l’unico bianco (ci sono anche due arabi, ma non ho ancora capito se contano come wazungu oppure no). Cosi`, mentre scrivo le parole che avete letto sopra, scopro che le due descritte come orario di partenza erano da riferirsi all’ultima delle fermate piuttosto che alla prima. Oggi, curiosamente, non c’e` traccia di traffico, e Nairobi scivola via silenziosa. Di nuovo la savana, di nuovo il viaggio. Adesso pero` sono seduto nel sedile sopra la ruota posteriore, e devo scegliere se tenere le ginocchia in gola o le gambe nel corridoio, ma non e` una decisione tanto difficile. Poiche` e` quasi scarico, abbasso il volume dell’mp3. Cosi`, come un flash, rivivo lo stesso gesto che avevo compiuto accanto a Gaia quando, lasciata da poco Cassino, viaggiavamo verso il primo campeggio nel parco nazionale degli Abruzzi. Per una trentina di secondi rimango li` dentro, potevo osservare ogni singolo particolare di quell’istante. E tanti saluti ai dolcetti di Proust.
Il gesto che ha scatenato tutto cio` tuttavia si rivela inutile, perche` entro pochi minuti la batteria si arrende e mi lascia nel silenzio –si fa per dire, perche` tra lo sterrato, la gente che chiacchera in swahili e il vento dai finestrini si e` quasi assordati. Durante i pezzi di asfalto continuo il libro che stavo leggendo; prima non l’ho specificato, ma e` L’uomo duplicato di Saramago. Lo sto divorando, lo sto adorando, e finisce subito al primo posto della mia classifica dei migliori libri suoi (a parimerito con tutti gli altri). Lo metto in pausa due volte: la prima, quando Tertuliano telefona a Maria da Paz dopo essere tornato da casa della madre. La felicita` che descriveva, il sentire che tutto, in quell’istante, e` perfetto ti fa adorare il mondo. Ho dovuto smettere per assaporare appieno quel sentimento. La seconda volta e` stata quando, invece, fa una telefonata dalla cabina telefonica. Le orecchie si tappano, la bocca si secca e la schiena si irrigidisce di colpo. La disperazione, questa volta, come yin e yang, fa tremare le mani e ti porta a detestare qualsiasi cosa ci sia di fronte allo sguardo. Quanto lo adoro.
Poco prima della fine del libro torniamo alla frontiera, che questa volta dobbiamo attraversare a piedi, circondati da tafani che ti offrono cambi convenienti, visti assolutamente necessari, controlli del passaporto, soldi del monopoli. Li scaccio stizzito, pensando che, se stanno li`, vuol dire che in qualche modo i soldi di qualche gonzo finiscono nelle loro mani, ogni giorno. Ma finche` si tratta di ricconi occidentali, poco male; se si tratta di poveracci in cerca di lavoro, be’, e` tutta un’altra storia. Questo pensiero mi irrita, e mi ritrovo a imprecare contro di loro in italiano. (Fortunatamente nessuno di loro era una vera guardia di frontiera. Sarebbe stato imbarazzante.). Ottenuto il tanto desiderato timbro posso tornare al libro e finirlo. Sono le sei e venti, mancano venti minuti al buio e altri ottanta ad Arusha, sono tutto scombussolato da Saramago e da Qualcos’altro che ancora non mi riesce di afferrare. Se chiudo gli occhi cercando di dormire li riapro dopo trenta secondi colto da un pensiero importantissimo, che non riesco a delineare nella testa. Ansioso, irrequieto. Perche` stai andando piano? Cala, sole, in fretta, che vuol solo dire che si avvicina l’arrivo. Maledizione, perche` ci sono questi dossi in mezzo ai paesini, rallentano il bus. Dove sei, luce? Al buio l’autista e` piu` prudente! Perche` non finisci, savana, Arusha e` una grossa citta`, non e` nascosta tra gli alberi. E il monte Meru nemmeno si vede. In quella terrificante ora succede qualcosa che non riesco a cogliere appieno, ma e` stato come una lunga conversazione con me stesso; ricordo solo di aver pensato concetti abbastanza astrusi, che passavano dall’avere la vita totalmente certificata in maniera ufficiale per arrivare al senso del mangiare e del dormire negli esseri viventi, cosi` come altri pensieri lugubri, scettici, insofferenti, drastici, astrusi e confusi su di me, su di voi, sugli altri e sul niente. Una delle frasi che ricordo suonava all’incirca come “Chissa` quante dottrine e idee sono andate perdute solo perche` l’autore non aveva il modo o la voglia di trascriverle in quell momento”. In ogni caso i concetti generali dovrei averli conservati e, magari, trovero` il modo di utilizzarli in futuro.
P.s. non e` curioso che tanto Nairobi quanto il mio paese distino sette ore di viaggio da Arusha?
P.p.s. sono arrivati i ragazzi, continuo dopo
6.45 pm
Finalmente siamo entrati in una citta` che mi ricordava Arusha, anche se all’andata non era cosi` lunga. Boh, magari siamo ancora a Moshi, e in quell’istante appare l’Impala hotel, ultima fermata. Scendo, chiamo Mi. (che non risponde), Anna (che manda Br. con suo padre a prendermi). Mi fermo nella hall e scrivo le parole di cui sopra, poi, a casa, svuoto lo zaino, chiamo i miei, ceno con qualcosina e cerco di lavarmi, ma manca l’acqua. Scrivo di nuovo e vado a letto. Mi sveglio presto per lavare me e i vestiti, prima che prendessero vita e mi aggredissero; saluto il geco che vive in casa con me da una settimana (giuro, un geco vero e proprio, non e` un’allegoria), faccio colazione con niente, non avendo cibo, trascrivo sul computer buona parte di questo post. Vado al centro per postarne una parte, ma la connessione non funziona, cosi` tutti insieme (io, Anna, Brian, Michael) andiamo al mercato per comprare il cibo per i ragazzi della scuola, poiche` mercoledi` iniziano le lezioni. All’ingrosso acquistiamo tantissima farina, uova, pescetti e altri generi di prima necessita`, circondati da odori, colori e suoni talmente vivi e allegri da far girare la testa. Mi accompagnano a fare una spesa per casa mia e, quando si mettono a contrattare per abbassare il prezzo, capisco buona parte delle parole che dicono. Un altro giro nella zona agricola per acquistare degli strumenti che servono alla loro sorella ed andiamo a scaricare il tutto –finalmente non vogliono piu` che l’ospite stia solo a guardare e accettano il mio aiuto nel carico/scarico della roba. A casa decido di provare una ricetta che mi e` stata mandata per posta, e senza troppi problemi riesco a cucinare un dolce di riso. Probabilmente e` un po’ troppo dolce, ma non importa, sono contento di riuscire anche a cucinare qualcosa di nuovo. Scrivo ancora, vado al centro per assistere alla lezione di acrobatica ma, come sapete, i ragazzi mi lasciano il tempo di continuare questo diario; quando arrivano, poiche` la lezione era incentrata sui piu` grandi, i bambini mi sfiancano a giocare a rincorrerli, rubacappello e altre attivita` ludiche del medesimo genere. Sono meravigliosi. Merenda, A domani, eccomi qui. Spero che adesso vada internet.
P.s. Mi hanno chiesto se sono abbronzato –non tanto, e` quasi sempre nuvoloso. Ho risposto che non sono ancora africano, fuori.
P.p.s. Come talvolta traspare da quello che scrivo, in queste settimane sto rivivendo con insolita forza i ricordi belli e non solo che hanno caratterizzato la mia vita e, soprattutto, gli ultimi quattro anni –insomma, come dicono succeda a chi sta per morire. Magari e` solo un effetto delle forti emozioni che questo posto trasmette, magari ora che l’ho scritto non succede nemmeno piu`.
P.p.p.s. Perdonatemi in anticipo se, in futuro, mi perdero` in divagazioni varie. Ho appena finito un Saramago, e` necessario che capiti.
P.p.p.p.s. A forza di aspettare i caricamenti delle pagine del blog ho imparato a giocare a freecell.
Ale

5 commenti:

  1. Strano.. ho rivissuto diverse volte anche io quel momento sull'autobus dai sedili rosso terra, pieni di tagli da cui usciva la gommapiuma..

    Tato vorrei scriverti mille commenti su ogni parola che ci lasci, ho troppo da dirti e troppo poco spazio per scegliere cosa dirti..
    E le parole dall'occidente sfumano di fronte all'immensità dell'Africa che ci racconti.

    Solo grazie.
    Un abbraccio, il nostro.

    RispondiElimina
  2. da oggi chiamami Invidia.
    grazie per i tuoi racconti, complimenti per come racconti, ho passato una bellissima ora rileggendo quanto hai scritto, mi sono sentita lì e ...grazie
    un abbraccio
    invidia

    RispondiElimina
  3. habari yako mzungu?
    sarò monotona, ma che bello leggerti. e scoprire con te aspetti di tatu pa tatu che neppure lui sospettava. scalatore di vulcani, calciatore, cuoco, agricoltore (le mani nell’erba alta tra i serpenti.ma te,oh!), pescatore... ora pure falegname. ed africano. (in che stato torneranno fegato e stomaco?). stiamo vivendo tutti in africa ormai. Nairobi, il traffico, i rumori, i colori, gli uccelli. anche se perquisizioni nei bar e sui bus inquietano non poco.. anche il matrimonio. pareva quasi di essere a gaborone (e qualche tuo lettore sa perchè)
    a big kiss paleface. thank you for your letters
    p.s. hai finito i libri? rileggili (l’uomo duplicato:cielo,aspetto il momento di averlo tra le mani.)
    p.s.bis non vuoi rileggere? semplice, scrivine tu
    p.p.s. descrizioni superflue? scherzi? continua a superfluscrivere - inventi termini? lo faccio pure io- che fai contenti i tuoi lettori affezionati
    p.p.p.s. un greco? c’è un greco in casa? dai, studia quel greco che conosci meno dello swahili

    RispondiElimina
  4. Gaborone!!! continuo a sperare di andarci prima o poi. per ora, concordo, Tatonzania ci dà una mano a godere dell'Africa...CONTINUAAAAAAAAAAAAAAA
    un bacione ( se ti sei tolto lapolvere)

    RispondiElimina
  5. Concordo con mi hermana,poco spazio per scrivere e parole futili dinnanzi all'atmosfera africana...
    Però come sempre devo scrivere cose insensateXD
    Se hai scoperto la passione per la falegnameria sarai felice di sapere anche che il tuo socio ha intenzione di improvvisarti falegname,sei sempre il benvenuto eh...
    P.S. D'accordo,il cibo cotto sulla legna ha un altro sapore,ma io so solo carbonizzare roba sulla legna T.T
    P.P.S. Se stai finendo i libri no problem,rileggi i tuoi post su questo blog,t'assicuro che potrebbero diventare un libro...
    P.P.S. La prolissità va alla grande!è immedesimazione allo stato puro(se sei te a scrivere,ovvio)

    RispondiElimina