sabato 12 settembre 2009

Manyara alle spezie

10/09
9.05pm
Altre due giornate molto piene ed interessanti. Siccome mentre le vivevo avevo parecchia voglia di impegnarmi a raccontarle, ci mettero` almeno un paio d’ore a concludere la narrazione, ed andro` a dormire tardi anche se sono stanco –maledetto blog. In aggiunta a cio`, mi sono segnato un gran numero di appunti mentali di immagini o descrizioni che spero la mia memoria sappia adeguatamente riproporre. Qui si parra` la tua nobilitate.
Ma iniziamo da ieri mattina, quando, dopo aver fatto giocare i bambini ed averli esortati ad entrare in classe, ho controllato la mia mail (invano, poiche` la gente si ostina a non scrivermi) ed ho aiutato Br. a fare i compiti; successivamente, su richiesta di Anna, siamo andati con Mi. a portare qualcosa a Qualcuno che abita oltre un bananeto. Sulla strada vediamo una lunga colonna di enormi formiche nere e porpora che attraversa il sentiero. Quando ti mordono, mi viene spiegato, bisogna fare attenzione a staccarle perche`, se decapitate, le tenaglie della bocca non mollano la presa. Informazione utile, poiche` sulla via del ritorno me ne ritrovo due, una grossa come un’unghia e l’altra piu` piccina, che cercano di staccarmi un piede. Conservo tuttora due bolli rossi sulla caviglia, ma non facevano piu` male di una spina di rovo o di un’ape. Ritornati, mentre Br. sistemava camera sua trovo una bilancia che mi tornera` utile tra qualche giorno e che, scopro con enorme sollievo, e` di dieci chili in avanti. Quindi non sono ingrassato. Concludiamo la mattina tambasiando in giardino, dove pranziamo (anche con il latte fermentato di qualche giorno fa che, mi giurano, non e` mai piaciuto a nessun wazungu, ma che sapeva di formaggio dolce) in onore del cielo azzurro che e` spuntato tra le nuvole, e partiamo alla volta della citta` con Mi., Anna ed Emma. Destinazione: Ospedale pubblico Mount Meru, il piu` economico della citta` ma comunque assai dignitoso nel suo insieme; [Non sono uno di quelli che si fa deprimere dagli ospedali; li trovo l’emblema della lotta testarda e vana dell’uomo contro la sua intrinseca marciescenza]. Lunghi caseggiati ad un piano, pieni di stanzoni con letti e zanzariere alzate mi ricordavano una sorta di lazzaretto modernizzato, ma le shuka e gli altri tessuti stesi sul prato ad asciugare rendono il tutto piu` solare. La nostra visita e` un bambino con una mano ed un braccio molto gonfi addormentato accanto a sua madre; saluto, faccio presenza ai venti minuti di chiaccherata di cortesia, mi studio a memoria un poster su tre malattie infantili con relativi sintomi (polio, meningite e un altro di cui non conoscevo la parola inglese), saluto di nuovo e poco dopo siamo sulla strada diretti verso il mercato ortofrutticolo, dove per meno di cinque euro compriamo un chilo di pomodori, uno di mango, uno di arancie e un casco di banane. L’ultima fermata e` al benzinaio, poi a casa per raccogliere Frankie, invitato speciale, e ripartire entro le tre. Almeno questo e` il programma: non solo Fr. non e` ancora arrivato, ma lo strano rumore che sentivamo lungo la strada era dovuto a una gomma forata. A toglierla non c’e` problema, anche se la guardia maasai pensava che i bulloni andassero girati nell’altro senso ed e` riuscito a stringerli ulteriormente (ciao Avignone); ma per prendere quella di scorta da sotto il vain dobbiamo, si presume, tirare una qualche leva dall’interno del bagagliaio. Che e` bloccato, e la chiusura per di piu` e` rotta. Stavamo per trovare il modo di smontarlo quando scopriamo che la famosa leva e` poco oltre il supporto della r.d.s., che si libera con un tonfo rilasciando almeno due chili di polvere di Ngorongoro. Si monta, si caricano cibo e bagagli, si passa a prendere Br. –Fr., ignoriamo il motivo, non si e` presentato e si parte, con solo un’ora di ritardo. Ma non e` ancora finita, perche` dobbiamo fermarci dal gommista per riparare e gonfiare la ruota forata, e dal meccanico per un paio di ritocchi al vain. Usciti da entrambi senza troppe difficolta` e con Lawrence, cugino di Mi. (il quale a volte, ignoro il motivo, lo chiamava Ernest) a bordo lasciamo la via dei riparaveicoli alle cinque. Coda infernale, mai vista ad Arusha, ed in mezz’ora facciamo circa un chilometro. Questo safari non s’ha da fare. Il traffico si scioglie, viaggiamo tranquilli quando veniamo fermati allo stesso posto di blocco della polizia del primo safari; questa volta il problema era agli pneumatici, troppo consumati. Ma probabilmente a lasciarmi fermi venti minuti si rigenerano, perche` ci lasciano andare senza altri fastidi. Attraversando la savana, dove sono dislocati anche dei campi di addestramento dell’esercito dell’Africa Orientale, di cui ignoravo l’esistenza (dell’esercito, intendo, non dell’A.O.) mi faccio una lunga chiaccherata con Sheep [dovete sapere che ci sono quattro categorie di idee con le quali converso nella mia mente: Ricordi Belli, R. Brutti, Riflessioni e Canzoni. Ma torniamo al viaggio] e ammiro il secondo tramonto piu` bello che abbia mai visto. Manyara e` esattamente ad ovest di Arusha, e nel caso non lo sapeste da queste parti il sole tramonta ad occidente; per cui ho avuto le quasi due ore di percorrenza per vedere il sole farsi arancione, scendere dietro una nuvola scura colorando il cielo di giallo, attraversare la suddetta nuvola, creando sotto di essa una luce dello stesso colore delle arancie nelle pubblicita`, che si fondeva con l’azzurro scuro circostante in un’anello che circondava l’orizzonte, sbucare poco piu` sotto in un’aria ormai viola con striature rosagialle, essere inghiottito da una montagna in lontananza in un’ultima apoteosi di raggi che lottavano con le prime stelle. Ero cosi` commosso che non riuscivo a togliergli gli occhi di dosso. [Due riflessioni. Uno, in ogni istante il sole tramonta, da qualche parte. Sarebbe bello poter viaggiare abbastanza veloci da rimanere in quella luce per tutta una giornata. Due, il tramonto piu` bello che abbia mai visto non aveva certo questi colori, che erano i piu` intensi di sempre. Ma era lo stesso il piu` bello]
Arriviamo pieni di emozione (per quanto riguarda me, gli altri non so) a Mto wa mbu, letteralmente Fiume delle zanzare, ultima cittadina prima del Parco Nazionale Lago Manyara e della rift valley. Questo, si dice, e` l’unico posto della Tanzania dove sono presenti esponenti di tutte le 120 tribu` della nazione. Nel libro prestatomi da Claudia sono segnati vari posti per dormire, in ordine di costo; chiediamo informazioni per il piu` conveniente in assoluto (che, tanto per dare un’idea, era posizionato dopo i campeggi) e ci ritroviamo in un resort piuttosto accogliente da ottomila schilling la stanza. Dentro la quale si trovava un letto matrimoniale, due cuscini e due coperte, una zanzariera e un paio di ciabatte di plastica che avevano ormai fatto il loro tempo. Tutto questo, piu` un bagno abbastanza pulito; forse si ha bisogno di altro? Una sciaquata veloce, una passata abbondante di autan (nel tragitto dal veicolo alla stanza sono stato punto cinque o sei volte) ed usciamo a cena. Il presidente da` alla nazione il suo numero di telefono, Lawrence/Ernest mi dice che il bambino di oggi, suo figlio, si e` scottato con l’olio bollente, il cameriere ci passa il conto (un chilo di carne alla griglia: cinquemila schilling. Quanto costa una fiorentina? Quaranta euro?) e, sazi e con un po` di Kilimanjaro nelle vene, andiamo a cercare un negozio ancora aperto per comprare il pane di domani (“Un chilo per milletrecento lire, e` costoso ma e` l’unico disponibile”) e un coltello, assai affilato, poiche` avevamo scordato qualsivoglia posata. Tornando al resort si discute se Michael Jackson fosse o meno uno mzungu, sta di fatto che Beat it e` una delle mie canzoni preferite. Si dorme (in due stanze, perche` quattro euro non si buttano via) con il programma di svegliarsi prima del sole. La mia prima notte sotto una zanzariera: una notte senza nulla di particolare. Incredibilmente riusciamo a rispettare l’orario prefissato, e alle sei siamo all’entrata del parco. Mentre chiaccherano con la guardia dell’ingresso (dobbiamo aspettare almeno le sei e venti per l’apertura, presumo ci abbia detto, ma non diventerei mancino per questo) guardo la luce farsi piu` intensa ed illuminare degli strani tucani africani che strillano dai rami. Finalmente possiamo pagare ed entrare nella foresta tropicale di colore militare. [non ho resistito ai suoni di queste due ultime frasi.. ma giuro che e` andata cosi`!] Dopo pochi metri incontriamo un bufalo; pensavo fosse una statua finche` non ha mosso la testa. La sua faccia tonta sembrava chiedersi come fosse possibile che fosse arrivato ad essere piu` grosso di un divano. Resta immobile, ripartiamo, e un minuto dopo ci imbattiamo in una iena maculata, un meraviglioso animale rincagnito e meschino che corre subito a nascondere la sua coscienza certamente sporca nella foresta e a meditare qualche cattiveria da lontano. Bellissima. Procediamo, affiancando un cumulo di cacca di elefante, una collina divisa in due colori dal sole nascente, un albero tempestato di babbuini che si svegliano e toelettano a vicenda. Quando lo superiamo, mi giro per salutarlo ed in quell’istante il sole sbuca dalle nuvole in lontananza. Due scimmiette si rincorrono sui rami. La natura farebbe bene a spazzare via la razza umana, sembra dire quel locus amoenus. Ed ecco delle gazzelle scappare dappertutto, terrorizzate dalla propria ombra, e una giraffa placida e insolente che bruca altezzosa la foglia in cima al ramo piu` alto dell’albero piu` alto della pianura. In venti minuti di Manyara ho visto piu` animali che in una giornata di Ngorongoro. Sempre avanti, direzione piscina degli ippopotami, ma prima dell’arrivo incrociamo una famiglia di elefanti, topi rugosi grossi come capanne, che ingurgitano l’antipasto degli otto quintali di cibo che si pappano giornalmente cadauno. Ci fissano per il tempo necessario a capire che potrebbero ribaltarci senza problemi, se non fossero troppo placidi, e ricominciano a farsi i fatti loro. Uccelli, farfalle, gazzelle di tutti i tipi circondano allegri il nostro percorso, ed ecco gli ippopotami. Cio` che fa capire che non sono solo delle rocce nell’acqua e` il fatto che hanno gli occhi e talvolta muovono le orecchie. Per il resto, l’animale africano che uccide piu` persone ogni anno non fa altro che stare immobile immerso nell’acqua tutto il santo giorno, per farsi una passeggiata sulla terraferma poco prima del tramonto e poco dopo l’alba. Borioso ed inutile; mi chiedo come possano sopportare la sua vicinanza le oche egiziane che si inseguono e giocano tutt’attorno. Passano la propria vita in coppia, e alla morte di uno dei due l’altro lo segue a breve distanza per il dolore. In lontananza una mandria di zebre e wallebeest ci ricorda che dobbiamo ripartire. Il parco nazionale del lago Manyara e` estremamente verde e molto variegato. Si passa dalla savana alla pianura con bassi cespugli, da zone rocciose alla foresta tropicale. Quello che stupisce, tuttavia, e` il profumo che circonda ogni cosa; l’erba spinosa che inizia a seccare e` una misteriosa essenza che sa di bazaar e spezie pregiate; le enormi foglie degli alberi sprigionano una grassa lozione che fa bene ai bronchi e rinvigorisce il cuoio capelluto, o lo farebbe se un pubblicitario volesse vendere il parco; fermarsi su una roccia ad occhi chiusi, si giurerebbe di stare calpestando mazzi e mazzi di fiori appena colti. Odori misteriosi e nuovi ti indicano di essere nella Natura che nessuno e` mai riuscito a toccare. Ma, guarda la`, degli avvoltoi stanno mangiando qualcosa! Ed ecco un’antilope che galoppa. Ci si infila nuovamente nella foresta, dove in una piccola radura troviamo tantissimi babbuini che si scherzano, spulciano, lottano e sfamano a vicenda; gli adulti a malapena ci guardano annoiati e ricominciano a grattarsi, mentre i piu` piccoli, come i bambini degli umani, si avvicinano impavidi per fuggire terrorizzati dalle nostre boccaccie. (Non solo babbuini! Scimmie blu e scimmie di velluto, guarda, sugli alberi e li`, tra i cespugli!) Altre gazzelle, che ormai non fanno piu` notizia; faraone della guinea, se e` il loro nome, che zompettano coloratissime e goffe sotto i cespugli, certe di non essere viste; tonnellate di farfalle di miriadi di colori e forme diverse. Persino nelle zone piu` povere di piante ed animali ci fermiamo ogni cinque minuti per un guizzo o una bestia vera e propria. Il vain si sta dirigendo verso una sorgente calda, i nostri occhi stanno cercando i leoni sui rami degli alberi. [Piccola digressione zoologica. Tutti i leoni d’Africa scalano gli alberi in due occasioni particolari: quando fa troppo caldo e quando ci sono troppe mosche tse-tse. Non si sa per quale ragione abbiano iniziato a farlo, ma da un po` di tempo i leoni di Manyara hanno preso questa abitudine e la continuano anche senza la causa scatenante.] Invece sul leopardo non ci contiamo nemmeno, che e` presente a M. ma molto difficile da vedere. Ed infatti eccolo li`, accovacciato nostalgico su un ramo a pochi metri dalla strada, che a momenti si mette a fare le fusa e si sdraia sulla schiena per farsi grattare la pancia. E con questo ho visto tre dei Big five in una giornata, e mi ritengo piu` che soddisfatto. Raggiungiamo la sorgente, la cui acqua e` scaldata dall’Oldoinyo Lengai e scotta parecchio, oltre che puzzare di zolfo. In qualche maniera mi ricordava la sorgente ferrosa che si butta nel fiume poco lontano dalla mia casa in montagna. Ma qui, nel lago in lontananza, una macchia nera rivelava centinaia di fenicotteri ed altri uccelli pescivori. Troviamo vicino all’acqua il bacino, il teschio e la tibia di un bufalo, e sfondiamo il secondo con il terzo (no, non e` partita Also sprach Zarathustra). Nel farlo mi ferisco a un pollice, atavica ferita. Ormai sono quasi le dieci, e ripartiamo. Il nostro amico leopardo adesso e` sdraiato sotto un altro albero piu` distante, mentre un waterback maschio (una grossa antilope) gli ha rubato il posto sull’albero e si gode un riposino. Probabilmente aveva anche molto caldo, perche` aveva la pancia aperta e si era tolto gli intestini. O magari no. Poco oltre, un’altra scoperta sotto forma di un’aquila crestata si dichiara la regina indiscussa dei cieli del parco, e su un altro albero ancora una coppia di aquile africane becchetta il tronco come a suggerirci di lasciare pure credere all’Altra quello che vuole, poverina. Due giraffe, una maasai e una normale (la differenza e` nelle macchie, irregolari o regolari) mangiano con gusto delle foglie di acacia, e ci ricordano che e` ora di mangiare. Ci fermiamo in un’area apposita e ci prepariamo dei panini al burro di arachidi, pomodoro e miele seguiti da mango e arancie. Nel frattempo veniamo circondati dalle prime mosche tsetse. Ora, considerando che io ho circa cinque litri di sangue (sebbene l’avis ormai ne abbia quasi uno e mezzo), non ho affatto problemi a regalarne qualche goccia a un piccolo insettino affamato. Purche` non mi dia troppo fastidio e non mi ronzi nelle orecchie, come mi sono accordato con le zanzare di casa, o che non mi uccida, come cerco di far capire alle anofele locali. Ma questa moscaccia in divisa da soldato con tanto di lancia avvelenata non solo fa punture similtafanesche, ma trasmette pure la malattia del sonno. Antipatica. Vengo punto sei o sette volte, ci faccio pure l’abitudine; mentre viaggiamo, nell’istante in cui vediamo il primo struzzo, mi gratto involontariamente il braccio (come, anche se magari non ve ne accorgete, fate anche voi centinaia di volte al giorno) e sento, letteralmente, croc. Una macchia rosso sangue di un centimentro e mezzo per zerovirgolacinque si allarga sulla mia manica; ancora mi domando come abbia fatto a infilarsi li` sotto e se quel sangue sia mio o di qualcun’altro. Pochi minuti dopo mi succede con l’altro braccio (il déjà vu` indica che qualcosa in matrix e` cambiato, dicono [wow, questo computer ha messo da solo gli accenti su quella parola francese. Chissa` come ha fatto]), ma con meno sangue. Misteri delle mosche. Ma eravamo agli struzzi, che corrono impettiti ed imbranati e che precedono dik-dik, bufali, waterback, gazzelle ed elefanti. Animali a non finire, alberi tropicali di cui non mi stanco mai, persino un guado (che adoro, qualita` evidentemente ereditaria). E` ormai mezzogiorno, e due pagine di word bastano e avanzano per un parco relativamente piccino. Si torna ad Arusha. In mezzo al nulla ci fermiamo ad una casa dove, non so come, Mi. e L/E sapevano vendesse diesel. Diamo anche un passaggio a quattro vecchi maasai, che non siamo soddisfatti se non raccogliamo autostoppisti, e raggiungiamo il centro senza avvenimenti degni di nota. Li` scopriamo come mai Fr. non era all’appuntamento: poiche` era arrivato in anticipo, mentre eravamo in citta`, la guardia maasai gli aveva detto che eravamo gia` partiti. Per farci perdonare dedico il pomeriggio a lui, accompagnandolo a raccogliere dell’erba profumata che Anna poi mettera` nel chai, o ripetendo le parole che mi dice (cosa che ha un effetto ironico devastante, piu` del solletico) e inseguendolo per il quartiere. Quindi, quando i ragazzi sono andati, mentre imparo a cucinare il chapati programmo la serata con Mi. (avremmo dovuto andare in un locale reggae, ma non e` successo) e la giornata di domani con Anna (mattina: con Mi. in citta` per cercare musica maasai e qualche rasta-stuff; pomeriggio, andiamo a trovare Br. a scuola e a comprare delle spezie), e vado a casa per prepararmi per il bar, che non puzzo come dopo il primo safari (se non vi ricordate, era un cadavere in una fogna) ma non mi sento comunque una presenza piacevole. Mentre mi preparo la cena, riso con un sugo alla invenzione, ricevo un messaggio da Mi. che mi chiede di spostare a sabato la serata fuori. Accidenti, oggi doveva andare via la corrente, e se non succede saro` costretto a scrivere! Ed e` quello che e` successo, ora sono le undici e un quarto e vorrei tanto andare a nanna.
P.s. Tra dieci giorni e` un altro compleanno
P.p.s. Questo resoconto mi sembra abbastanza decente, il che vuol dire che a voi fara` schifo, no?
P.p.p.s. Non sapevo dove inserirlo, ma per tutta la mattina ho avuto in mente Born again dei Black Sabbath, mentre durante il pomeriggio Getting in the mood di Brian Setzer (che ai fanatici di Benny Goodman, se ne esistono, sembrera` una violenza degna del carcere, ma che io trovo una canzone fantastica)
P.p.p.p.s. Le canzoni che cito in queste pagine sono tutte meritevoli di ascolto. Poi magari scrivero` quello che sta avvenendo nel rapporto tra me e la musica.
P.p.p.p.p.s. Erano proprio belli quegli animali.
P.p.p.p.p.p.s. NB [Nota aggiunta il 12/09, 6.45 pm] Ho finito il racconto del safari entro poche ore da che ne sono tornato e non ho potuto pubblicarlo prima d’ora a causa della continua mancanza di elettricita`. Ieri e oggi, forse, arriveranno domani.
Ale

2 commenti:

  1. W O W...Sai sempre come "intrattenerci"!credo che leggerei e rileggerei questi posts più e più volte! Complimenti,di solito sono di gusti difficili per le letture.
    Conversavi con Sheep?Mmmh..hai recitato il salmo satanico?XD
    Questo resoconto non è decente,è stupendo come tutti gli altri..
    Sono interessato al tuo rapporto con la musica,sono in cerca di nuovi gruppi,nuove canzoni...sempre pronto ad apprendereXD

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  2. già, hai ragione. non è abbastanza decente.
    proprio.
    è fantastico.
    dire altro? no, non serve
    forse solo che ormai potremmo, quasi, non seguirti nel viaggio in tanzania.
    l'abbiamo vista, sentita, odorata adesso.
    ora provo a cercare le canzoni che citi. (sono l'unica cosa che non riesco ad afferrare)
    asante mzungu.
    usiku mwema
    p.s. zanzare, formiche, mosca tse tse. manco male l'antilope ha carni più succulente delle tue, almeno per i leopardi..
    p.p.s. buona serata reggae

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