lunedì 31 agosto 2009

Tatonzania feat. Sambukenya

26/08
8.00 pm
Stamattina si va subito al centro, che siamo pieni di impegni e dobbiamo fare in fretta. Per questo si aspetta almeno mezz’ora, perche` No hurry in Africa e` una legge universale. Percio`, quando Michael arriva e raccoglie me e Brian andiamo a comprare il materiale necessario, chiodi e un foglio di lamiera da una parte e della legna da un altra. Spesa totale 27 euris. Il cielo e` brutto e pioviggina, ma e` una cattiva notizia perche`, mi spiegano, la pioggia di questo tipo in questo periodo dell’anno significa che quella prevista per novembre-dicembre ritardera` ancora. Stranamente, inoltre, le odiose goccioline che tanto mi incupiscono al mio paese qui non fanno effetto. Torniamo al centro e scarichiamo il tutto, per metterci a segare e martellare in mezzo al fango. Non c’e` elettricita`, quindi si usa la sega a mano, raddoppiando o triplicando il tempo necessario al lavoro; pero` ci divertiamo, e procediamo spediti. Ci dobbiamo interrompere verso l’una, perche` Anna insiste che si debba pranzare e riposarsi un po` prima di finire. Percio` ugali, fagioli e, senza che debba richiederli, i famosi pescetti! Ormai hanno accettato la mia doppia natura. Usciamo un attimino e ritroviamo Alex (detto Fergusson, se si scrive cosi`) che lavora in un’aiuola vicina. Si mettono a discutere per finta su dei semi che F. doveva vendere o regalare a Mi. e che non voleva, o non poteva, o stava giusto aspettando di, a seconda di come si mettevano gli accordi, dargli. Comunque ci offre delle sodas e, per 350 lire, ci beviamo la fanta al frutto della passione. Abbiamo il permesso di finire il lavoro, e siccome e` tornata la corrente usiamo la sega elettrica (usiamo nel senso che la uso anche io, perche` mi sono scoperto non del tutto inabile in falegnameria. E` piuttosto divertente, ho voglia di costruire qualcos’altro!). Meta` pomeriggio, non abbiamo altri impegni, percio` facciamo un giro nel quartiere per tirare sassi ai datteri secchi o parlare agli asini; Anna, pero`, ci chiede un passaggio al mercato dall’altra parte della citta` e la accompagnamo. Sulla via del ritorno, Mi. ferma il vain per salutare una persona, mentre io resto dentro: seduti su degli scalini poco distanti, dei ragazzi iniziamo a salutarmi in inglese prendendomi, credo, in giro in swahili. Qui tantissime persone salutano lo mzungu, pochi per chiedere soldi, altri per prenderti in giro e la maggior parte per simpatia disinteressata, pero` vorrei che non lo facessero comunque, serve solo a sottolineare la mia evidente diversita` esteriore. Bah. Quando torniamo al centro ci accorgiamo di non avere le chiavi dell’edificio ne` quelle di casa di Mario, chiuse dentro esso. Anna tornera` tra un’oretta, percio` andiamo a casa di Bruson, cugino di Brian, dove mentre loro si godono una sorta di Mtv io mi appisolo sul divano. Anna arriva che ormai e` buio, mi trascino stanchissimo a casa e finisco UNC (decisamente bello, Pirandello e` uno dei pochi che potrebbe scrivere un libro simile senza passare per borioso o noioso).
P.s. Mi mancano veramente pochi libri. Accidenti.
P.p.s. Il cibo cotto sul fuoco a legna ha tutto un altro sapore.
27/08
9.30
Quando, stamattina, sono andato al centro, ho trovato fuori dal cancello un bel po` dei semi –che non sono semi ma foglie rigide belle lunghe- che F. aveva mezzo promesso a Mi. Li porto dentro, accompagno nuovamente Br. a comprare le mandrasi, questo il nome delle frittele di qualche giorno fa e, dopo colazione, andiamo verso casa di Mi. con un po` di quelle piante sotto il braccio. Dicono che facciano cresciere una sorta di patata dolce tipicamente africana. Mentre Mi. irriga (a vangate e vasi comunicanti) il suo campo io e Br. andiamo da Caroli e il suo fratellino Manje, due ragazzi del centro, per pescare insieme. Spille da balia, un po` di spago e un bastone di legno e` tutto quello di cui hai bisogno, con la zappa cerchi i lombrichi e tutto quello che hai da fare e` capire quali sono troppo piccoli per essere mangiati e ributtarli in acqua. I pesci sono diversi da quelli nostrani, hanno una cresta piuttosto esotica sulla schiena. Non pescavo da, uhm, da quando? Credo dalla Norvegia con il mio vecchio. Bei tempi. Alla fin fine, dopo un paio di orette, abbiamo raccolto una buona dozzina di pesci grossi circa come una mano aperta, e andiamo verso casa di Mi. per cucinarli. Squamiamo, sventrano e svuotano, accendiamo il fuoco e riscaldiamo l’olio. Che e` sempre lo stesso, il che in europa gli darebbe un tasso cancerogeno del duemila percento ma in africa e` la prassi. Di necessita` virtu`, che diamine! Mentre io e Br. iniziamo a friggere il pescato, Caroli va a raccogliere la cassava, che puliamo e friggiamo proprio come una settimana esatta fa. Rimpiango nuovamente di non avere con me la bacca digestiva dei maasai, perche` ne mangiamo a quintali, e sebbene a noi si uniscano Gasto, Frankie, Luka, Jacob, Michael e altri ragazzi ce n’e` piu` che abbastanza per tutti. Insieme costruiamo un piccolo recinto per una grossa gallina nera e i suoi pulcini, e pian piano il gruppetto si dirige verso il centro. Lungo la strada io e i bambini (cioe` Br., Luka e Frankie) ci attardiamo in un orto per raccogliere delle erbacce per i conigli, e siccome la suddetta erbaccia mi arriva alle ginocchia e la raccolgo a manate cieche non posso non chiedermi quanti dei serpenti che abbiamo visto la prima settimana fossero molto velenosi; pero`, siccome non vengo morso, non ho modo di scoprirlo.
Non faccio in tempo a posare il mio carico, tuttavia, che Mi. mi accompagna in citta` per comprare il biglietto per Nairobi e a cercare una bombola di aria compressa per pulire e, spero, aggiustare la macchina fotografica –ma essendo ormai le sei del pomeriggio tutti i negozi sono gia` chiusi. Poco male, aspettero` il Kenya. Torniamo indietro in tempo per salutare tutti i ragazzi e, mentre mi attardo a chiaccherare con Anna, scopro che non c’e` di nuovo corrente. Elementare, l’idroelettrica ha bisogno di acqua, e se c’e` carenza idrica c’e` mancanza elettrica. Quindi assaggio gli strani tuberi di cui stamane ho visto i semi, e sono pure buoni, sanno di pure` compresso. Speravo che l’energia tornasse per poter pubblicare quanto meno questi due giorni e non lasciarvi a bocca asciutta per quasi una settimana, ma dovrete rassegnarvi, perche` alle otto torno a casa e, avendo di nuovo un sacco di cose da fare e nessuna voglia di farle, finisco Tre croci di Tozzi (molto, molto bello. Mi piacciono i libri che non hanno una storia particolarmente piena ma si limitano a raccontare la disperazione dei protagonisti, se, ovviamente, sono scritti bene). Al buio preparo i documenti per il viaggio, lo zaino e mi accingo ad andare a letto.
..Oh, e` tornata la luce!
P.s. sempre meno libri, cavolo.
P.p.s. dovrei preoccuparmi del fatto che conosco piu` parole in swahili, che frequento da meno di tre settimane, rispetto al greco antico, che dovrei frequentare da cinque anni?
P.p.p.s. le parole di greco antico presenti ancora in italiano non contano.
P.p.p.p.s. Oggi ho visto tre bianchi, mentre ieri e l’altroieri nemmeno uno –missione compiuta. Non l’ho scritto perche` speravo nella tripletta, ma mi accontento cosi`.
27/08
8.15 am
La luce e` tornata appena in tempo. Mangio qualcosa, che non mi andava di cenare nuovamente al buio, vado a letto. Mi sveglio alle sei meno un quarto, per fare una doccia non calda e fare una ricca colazione, dovendo stare parecchio a digiuno. Alle sette e dieci arriva Mi., ed e` la prima volta da quando sono in Africa che vedo qualcuno arrivare in orario! Sul bus una delle persone che aveva prenotato non c’e`, per cui, dal seggiolino scrauso in mezzo al corridoio che mi era stato assegnato inizialmente vengo traslocato su un sedile vero e proprio. Siamo partiti adesso, e chissenefrega se Nairobi e` pericolosa!
P.s. Ho di nuovo parlato in inglese con un italiano, anzi, italiana, che non ha dato segni di accorgersi di nulla. Oh oh oh, sono cosmopolita!
P.p.s. Tempo previsto per il viaggio: tra le quattro e le otto ore
29/08
12.20 am
Il viaggio e` stato africano, e non saprei come meglio descriverlo. Lunghi tratti su un terreno che, se non era sterrato, era asfalto in condizioni davvero pessime; caldo con i finestrini chiusi, rumore e vento se aperti; savana e nient’altro per chilometri, e so che mi manchera` tantissimo. Passiamo vicino al lago Natron, mi colgono ricordi e orgoglio. Solo io e un altro paio di wazungu abbiamo un libro in mano alla partenza, e capisco il perche` dal tremore che ti impedisce di contare le tue dita. Arriviamo al confine, frontiera di Namanaga, descritta da alcuni turisti come “una bolgia infernale”. Ci si mette in fila, ecco il suo documento ed ecco il suo timbro, arrivederci; un paio di centinaia di metri, ecco il Kenya, ecco i suoi dollari ed il suo documento, ecco il suo visto e il suo timbro, arrivederci. Cosa si aspettavano, che offrissero un buffet? Torniamo sul bus, e mentre aspettiamo una coppia di olandesi veniamo assediati da un branco di maasai che cercano di venderci la loro paccottiglia (tristi riproduzioni in plastica dei loro gioielli e manufatti, mi facevano tristezza). Si riparte, tra vibrazioni e pezzi piu` lisci, e posso procedere con il libro, superandone la meta` prima dell’arrivo. Il paesaggio e` lo stesso, colline tonde e basse, nuvole perfette come solo in africa, basse acacie rinsecchite, ma in qualche cosa si percepisce che e` diverso. Sara` la terra, che e` rossa di un rosso differente, anche se quel confine e` stato tracciato dagli inglesi o chi per loro su una cartina. Attraversiamo parecchie cittadine squallide e tutte uguali e alle due in punto entriamo a Nairobi. Il traffico che ci era stato prospettato ci accoglie amorevolmente, e procediamo di duecento metri ogni venti minuti. Caldo, smog e rumori dappertutto, mi viene voglia di saltare dal finestrino e proseguire a piedi; se solo sapessi la strada.. Alle tre siamo al primo degli hotel in cui e` previsto l’arrivo, dove vengono scaricati dal tetto tutti i bagagli di chi non scende e vengono stipati nel corpo dell’autobus –non ho idea del motivo, ma ho smesso da tempo di stupirmi o di cercare di capire alcuni comportamenti africani. Come quando chiedo un’informazione a chi mi accompagna e costui non la sa, egli chiede a qualcun’altro in swahili, annuendo soddisfatto per la risposta. Ehm..
Alle tre e mezza siamo al capolinea e scendo. La mia sim tanzaniana non funziona, chiedo alla hall dell’hotel se posso fare una telefonata e, per tutta risposta, vengo accompagnato prima ad un bureau de change e poi a un negozio di telefonica dove acquisto una nuova sim e la rispettiva ricarica. Che non funziona. Chiediamo al negozio, riusciamo a ricaricare, cerco di chiamare. Ma non funziona. Ci smanetta il portiere dell’hotel, riesce a chiamare il primo dei due numeri di Sambuka, ma risponde una voce come infantile, che non capisce bene l’inglese. Provo il secondo numero, e non funziona. Sto per mettermi a imprecare in migliaia di lingue diverse e a pensare dove diavolo passare la notte quando riusciamo a chiamare il mio amico, che non e` lontano da qui. Sollievo infinito. Arrivato mi accompagna a pranzare a pollo fritto e ricordi in un localino tutto lindo e pulito ma dove mi danno una forchetta sporca. Alzo le spalle, se ero anche solo un briciolo schizzinoso prima di questo viaggio, be`, ho perso per strada quella parte di me. Entriamo in un palazzone composto da tante piccole stanzette un metro e qualcosa per due, dove c’e` il bugigattolo (adoro questo genere di parole, come dinoccolato, cacofonico, stereotipato…) che ha in comproprieta` con degli amici e che chiamano negozio. Qui lasciamo il mio zaino e partiamo per una prima passeggiata in un quartiere pieno di grattacieli, hotel di lusso, ambasciate e ministeri, la tomba del primo presidente, un edificio importante perche`.., una statua, un`altra. Camminare per una metropoli senza una meta precisa, non lo facevo dai tempi di Roma, vacanze di pasqua. Passeggiare con un amico che ti indica dei palazzi, non lo facevo dai tempi di Parma, dicembre scorso. Tempi meravigliosi. Sempre a piedi passiamo per uno dei quartieri arabi, e la moschea e` proprio bella (mi piacciono molto le moschee) e arriviamo nell’universita`, grossa e moderna, ma le persone coloratissime e casinare che la circondano la fanno essere una vera allegoria della citta` stessa. Il viaggio mi ha spossato e ho anche mal di testa, ma il tramonto con le nuvole grigie gialle rosse rosa e azzurre, gli uccelli di vario tipo (cornacchie, corvacci –i miei preferiti, passerotti grossi come piccioni, qualche rapace intorno ai grattacieli), ti ricordano di essere in africa e di essere contento. Al negozio riprendiamo lo zaino e Oliver (credo si chiamasse cosi`) il miglior amico di Sambuka che ci accompagna da allora ed andiamo in un bar su un tetto, con perquisizione all’ingresso, birra molto economica e dolce, musica chiassosa che ti rimbomba nelle orecchie. Ol. Dice qualcosa al deejay e Nairobi mi da il benvenuto in Kenya. Usciamo.
Anche se ho bevuto come loro non riesco a trovare divertente cio` che a loro fa ridere tanto, sara` che mi fa male la testa, sara` che la gente mi fissa per la strada, sara` per le sette ore di bus che mi pesano sulle spalle. In una sorta di fritteria (a Nairobi esistono solo tre tipi di negozi: cibo, telefonini e scarpe. Chi ha bisogno di qualsiasi altra cosa dove diavolo se la procura?) ceniamo a patatine e salsa piccante e prendiamo la prima bara di cristallo. Sono dei minibus coloratissimi e pieni di disegni fuori, scuri e opprimenti dentro, con dei televisori che proiettano i videoclip delle terribili canzoni rap o reggae che ti colpiscono da ogni angolo, non si vede niente fuori dal veicolo, che dentro e` pure imbottito, probabilmente per evitare troppe contusioni alla folla a causa della velocita` e degli sbalzi. Lungo la strada la polizia ci ferma e fa la perquisizione a tutti, e per fortuna che eravamo tutti puliti perche` mancava giusto una bella sparatoria per rovinarmi definitivamente l’umore. Arriviamo in un brutto quartiere, le case diroccate, le strade sterrate e sporche (il centro invece e` parecchio pulito, ci sono perfino dei cestini della spazzatura e vengono usati), e persino io, sempre disinteressato alle vicende del mondo e mai preoccupato verso il genere umano avverto un certo timore. Tutto il pomeriggio ho pensato che Nairobi dev’essere pericolosa per i turisti solo nei quartieri piu` malfamati, come, del resto, Roma; be’, ora ero nel bel mezzo di un quartiere che aveva tutta l’aria di essere malfamato. Fortunatamente entriamo subito in un edificio e da li` in una stanza che tuttora ignoro se fosse loro, di un amico o in comproprieta` con questo amico; si trattava in ogni caso di un salottino con dei cuscini e una tv, un lavandino in un angolo e dietro una grata separatrice un letto matrimoniale dove dormiamo tutti e tre. Dopo pochi minuti eccole. Dapprima senti il ronzio in lontananza, poi si avvicinano alla faccia, alle braccia e alla pancia, da dove immediatamente parte il prurito e il gonfiore. Si allontanano, lasciandoti immerso nel silenzio per un paio di minuti, giusto il tempo di sperare che siano sazie, ed eccole di ritorno, piu` assetate e rumorose. Ne schiacci una, ne compaiono altre cinque, e anche Eracle avrebbe avuto il suo bel daffare. Le parti del corpo sotto la coperta, sebbene cuocessero, erano al sicuro, ma non cosi` la testa –e in ogni caso hai bisogno delle mani per grattarti o cercare di spiaccicarne il piu` possibile quando le senti sulle guance e la fronte.
E` l’alba, se ne vanno vittoriose, la disperazione cede il posto al sonno, finalmente; e anche ai sogni strani, lariamosi (avro` forse preso la malaria? Nah, la gestazione e` molto piu` lunga, ah ah!). Dopo un paio di orette ci alziamo, io e Ol. distrutti per la notte passata a sfamare le bestie, Sambuka riposatissimo perche` Il suo sangue non piace alle zanzare. Attraversiamo un mercato chilometrico e di bancarelle sconcertantemente uguali per prendere un’altra bara di cristallo diretti verso il centro, affollatissimo come ieri (perche`, scopro, Nairobi ospita tre milioni di abitanti in uno spazio pensato per contenerne due). A piedi torniamo al Bugigattolo dove brunchiamo con mezzo sandwich e una tazza di chai (ora come ora, cioe` 12.45, spero che avremo anche un pranzo vero e proprio, perche` sto morendo di fame). Aspettiamo non so bene chi o cosa, ma come ho detto non mi stupisco piu` delle decisioni africane; poco dopo Ol. si alza e porta la mia macchina fotografica alla samsung, che un fotografo li` vicino gli ha detto che e` rotta all’interno e dev’essere smontata da chi l’ha costruita. Nel frattempo guardiamo e commentiamo le foto dell’Egitto, che sembra lontano dozzine di decadi ma era meno di trenta giorni fa. Aspettiamo ancora, e poco male, che almeno non devo scrivere tutto questo domani o il giorno dopo. Ora, mi accorgo, sono esattamente a meta` del mio viaggio in Africa. Punto di non ritorno.
P.s. Mi sono reso conto mentre scrivevo che magari non tutti sanno che cosa sono venuto a fare a Nairobi. Quand’ero in Egitto con gli scout ho conosciuto questo ragazzo, Samuel Mburu Kanau (AKA Sambuka), con il quale ho stretto in dieci giorni una forte amicizia, promettendogli che sarei andato a trovarlo durante la mia permanenza ad Arusha. E` sempre allegro ed e` come se ridesse sempre, con gli occhi e con la bocca. Purtroppo pero` questo fa si` che le persone capiscano si` e no un terzo di quello che dice...
P.p.s. Il tasso di cambio degli scellini kenioti e` di uno a centocinque/sei, per cui non devo fare altro che pensare in centesimi di euro o togliere due zeri dalle cifre piu` alte.
P.p.p.s. Mi sono reso conto solo adesso (31 agosto), ricopiando queste parole al computer, di quanto devono essere noiose e superflue alcune (se non la maggioranza) parti del mio resoconto. Mi spiace..
30/08
1.55 pm
Leaving Nairobi… [E` parecchio che non ascolto Leaving Beirut, adoravo quella canzone]
E cosi` anche la mia avventura keniota e` giunta al termine. Ritorniamo all’ora di pranzo di ieri. Poco dopo che ho finito di scrivere Ol. si unisce di nuovo a noi e a piedi sotto un sole finalmente africano (Nairobi mi era stata descritta come fredda e piovosa. Non e` cosi`) raggiungiamo una chiesa metodista non particolarmente vicina dove si e` appena concluso il matrimonio di non so quale amico, o parente, o amico di parenti o parente di amici. In ogni caso, tutta la numerosissima famiglia del mio ospite, che conta 15 persone solo tra i cugini di primo grado, e` ivi raccolta e mi viene presentata man mano. Ci mettiamo in fila dietro a millanta persone per raggiungere la distribuzione del cibo, mentre loro chiaccherano meta` in swahili e meta` in inglese Perche` a scuola si fa cosi`. Raggiungiamo il cibo senza evaporare e ci sediamo in chiesa a mangiare. Una sorta di polenta verde con mais; carote grattuggiate con ananas; carne e riso sono il nostro pasto. Un predicatore borbotta qualcosa ed iniziano a cantare, non gospel alla Dan Brown come io speravo ma canzonette da karaoke. Uffa. Ricomincia a litigare con se` stesso applaudito dalla folla e usciamo di nuovo tra le braccia e le strette di mano di altri parenti? Conoscenti? Persone che passavano per caso? Non faccio in tempo a capirlo, ma vengo buttato in mezzo alle foto di rito. Almeno mi sorridevano tutti, e penso che credessero di ridere con me e non di. Arriva la processione della sposa, una fiumana di signorotte di mezza eta` coloratissime che ridono sguaiatamente cantando e battendo le mani. Riusciamo a divincolarci e ritrovare la liberta` della strada. Ol. va a prendere la mia macchina, ma era parecchio rotta e i soldi che ho gia` cambiato non bastano, cosi` ne cambio altri alla cassa di un casino`. Era la prima volta che ci entravo, e sebbene fosse tutto perfettino da giacca e cravatta era un luogo terribilmente squallido. Sono le 2.08 e il bus parte per Arusha, a dopo..
P.s. pero` il cambio del casino` era il piu` conveniente della citta`.
8.35 pm
Ok, eccomi ad Arusha, seduto nella hall di un albergo. Piu` tardi spieghero` perche`, ci arriviamo con calma, come ha fatto il tempo reale.
Ol. va dunque a ritirare la mia camera, cercando, riuscendovi, ad ottenere un po’ di sconto. Nel contempo io e Sambuka andiamo nel negozio di souvenir dell’Hilton Hotel, un palazzone grande e grosso tutto di vetro. L’HH, non il negozio. Pare che sia il piu` economico della citta`, e quanto pare ha ragione, poiche` sembrava che gli items costassero giusto il loro stesso materiale e nulla piu`. Resta da sottolineare il fatto che questi sono i primi souvenir che compro da quando sono qui, ad eccezione di tre collanine, e questo e` un fatto piu` che notevole. Appena pago ci sbattono fuori, perche` e` gia` l’ora della chiusura. Un’ultima passeggiata prima del tramonto, quando torniamo a chiudere il bugigattolo e andiamo a prendere il pullman verso la loro casa. Lungo la strada incontriamo una loro amica, che a me ricordava tantissimo una persona che conosco, che mi vende del miele della sua fattoria. Dopo un po` ci separiamo, e noi ci troviamo cosi` in mezzo ad un’isola pedonale circondata da auto, bici, bare di cristallo e vengo colto nuovamente dal malumore, non so se per la puzza di europa o perche` gli infiniti clacson mi danno nostalgia del Cairo. Detto per inciso, la` la situazione del traffico era decisamente peggiore, sebbene gli stessi commenti sulla rete deprecassero quello di Nairobi. Ma ne parlero` piu` avanti. Mi sentivo, in ogni caso, un po’ giu`. Per fortuna saliamo su un minibus, questa volta lindo e tranquillo, non una BdC; niente disegni, niente televisori, niente sobbalzi eccessivi, riesco persino a sonnecchiare durante i 40 minuti che ci separano dal villaggio dove i miei amici vivono insieme ad altri 5mila kenioti. Ora mi sento bene: le strade in terra battuta non illuminate, i banani, le casettine mi ricordano Arusha; mi sento a casa. [e no, vocina nella testa, non e` vero che Arusha non e` casa]. Sedendomi su uno dei divani della piccola sala di Sambuka mi accorgo di essere proprio stanco. La famiglia e` affabile e numerosa, e continua a chiaccherare tanto di, con, su me. Il… fratello? Cugino? diciottenne mi chiede in che continente si trovi il mio paese, ma non e` la prima volta che mi rendo conto di quanto sia insignificante quella penisoletta a livello internazionale. Finiamo di guardare una sorta di saranno famosi keniota, tutto parlato in inglese (e se qualcuno usa lo Swahili, be’, tolgono il suo audio e lo doppiano). Praticamente tutti i programmi televisivi sono in inglese, di certo aiuta a impararlo assai bene, ma non sono del tutto sicuro che sia una buona cosa.
P.s. Sono arrivati a prendermi, continuo badae.
P.p.s. Word, qui, e` convinto che io scriva in inglese –un pessimo inglese, per di piu`. Se ci fosse qualche parola scritta sbagliata, probabilmente e` perche` lui crede di correggermela.
10.00pm
Casa, finalmente. Ma se qui mi sento a casa, e dando per veritiero il vecchio adagio del piede che non puo` infilarsi in due scarpe nel medesimo momento, cosa sentiro` quando tornero` nella citta` segnata sul mio passaporto? Diamo tempo al tempo, che lui a noi non ne concede. Torniamo al racconto di ieri.
Finito il programma ceniamo con del chapati keniota, piu` duro e scuro, ugali sempre uguale (mi si perdoni il gioco di parole), spinaci, credo, cotti in qualche modo e fagioli e patate stufati. Tutto delizioso, ma pesante come macigni. Durante la cena guardiamo il telegiornale, ed ogni due notizie una parlava di qualche rapimento. Il Kenya e` piu` insicuro di quello che si pensi, a quanto pare, eppure continua a essere il paese con piu` turismo della zona. Occidentali, chi li capisce.. Finito il tg e la cena inizia una commedia basata sul Casanova (E` Venezia, non e` roma. Si`, ci sono ancorfa quei palazzi sull’acqua. No, non li indossano piu` i mantelli). Si accorgono che mi sto sforzando di rimanere sveglio e molto umanamente mi concedono di ritirarmi (dopo aver usato il bagno, un buco in giardino circondato da un gabbiotto di cemento, come usava nelle nostre campagne fino a 50 o 60 anni fa). Collasso a letto. Nonostante il ritorno dei sognacci, la luce del sole e la casa che si sveglia non ci alziamo che alle nove e mezza. In fretta e furia ingoiamo del chai al latte (loro non passano dall’acqua bollente, versano direttamente il latte caldo sulla bustina) e del pane passato nelle uova e fritto, usciamo di casa e andiamo a vedere un punto panoramico sulla rift valley a dieci minuti dal loro villaggio. E` proprio bella. Per tornare in citta` saltiamo su un’ultima BdC, che nel frattempo scopro chiamarsi Matato, inquietantemente simile a Matata (e chiunque abbia visto il re leone sa bene come quest’ultima parola significhi Problema.) L’imbottitura bianca e rossa del soffitto quasi ci tocca la testa mentre le casse gracchiano a tal punto da non capire se fosse reggae o hip hop (altri generi sono da escludere categoricamente). Barcolliamo, ancora tutti interi, fino al museo poco distante dalla citta`, che dicono sia molto ricco e interessante. La tariffa per i wazungu e` di otto volte superiore a quella per gli africani e sedici volte quella dei kenioti. La mancanza di fondi ci fa desistere, e, Sour grapes, si torna in citta`.
p.s. mi si incrociano gli occhi e sbaglio a scrivere le parole, credo proprio che continuero` domani.
31/08
4.45 pm
Oggi e` il compleanno di Caligola, nonche` ultimo giorno di agosto. Questo mese e` cominciato con la partenza per l’ER, tempo inconcepibilmente distante. Ora sono al centro, e ho finito di ricopiare quanto avete letto finora; i ragazzi dovevano arrivare tre quarti d’ora fa, ma siccome non sono ancora qui posso continuare a scrivere per un po`.
Una volta in citta` ed in mezzo ai grattacieli ci accorgiamo a malincuore che e` ormai ora di pranzo, e che mancano due ore alla mia partenza. Entriamo in un ristorantino di cibo africano dove per due euro a testa mangiamo un piattone di stufato e uno di riso speziato. Penso che i prezzi europei mi faranno venire la pelle d’oca. Abbiamo tempo per un ultimo giro fotografico e di ricordi. All’una e trentacinque, cioe` con cinque minuti di ritardo rispetto a quanto chiestomi, siamo davanti allo shuttle; partenza prevista per le due. Dunque ci appostiamo all’ombra a fare video stupidi quando vedo che il pullman inizia a muoversi. Aspetta, urlo, li abbraccio di fretta e salto sul bus in partenza, Vi/ti aspetto nel mio paese, faccio in tempo ad urlare prima di allontanarci. Addio frettoloso, ma non sarebbe stato diverso se ci fossimo salutati a lungo, no? Comunque in venti minuti facciamo il giro degli altri hotel raccogliendo altri passeggeri. A differenza dell’andata, questa volta sono l’unico bianco (ci sono anche due arabi, ma non ho ancora capito se contano come wazungu oppure no). Cosi`, mentre scrivo le parole che avete letto sopra, scopro che le due descritte come orario di partenza erano da riferirsi all’ultima delle fermate piuttosto che alla prima. Oggi, curiosamente, non c’e` traccia di traffico, e Nairobi scivola via silenziosa. Di nuovo la savana, di nuovo il viaggio. Adesso pero` sono seduto nel sedile sopra la ruota posteriore, e devo scegliere se tenere le ginocchia in gola o le gambe nel corridoio, ma non e` una decisione tanto difficile. Poiche` e` quasi scarico, abbasso il volume dell’mp3. Cosi`, come un flash, rivivo lo stesso gesto che avevo compiuto accanto a Gaia quando, lasciata da poco Cassino, viaggiavamo verso il primo campeggio nel parco nazionale degli Abruzzi. Per una trentina di secondi rimango li` dentro, potevo osservare ogni singolo particolare di quell’istante. E tanti saluti ai dolcetti di Proust.
Il gesto che ha scatenato tutto cio` tuttavia si rivela inutile, perche` entro pochi minuti la batteria si arrende e mi lascia nel silenzio –si fa per dire, perche` tra lo sterrato, la gente che chiacchera in swahili e il vento dai finestrini si e` quasi assordati. Durante i pezzi di asfalto continuo il libro che stavo leggendo; prima non l’ho specificato, ma e` L’uomo duplicato di Saramago. Lo sto divorando, lo sto adorando, e finisce subito al primo posto della mia classifica dei migliori libri suoi (a parimerito con tutti gli altri). Lo metto in pausa due volte: la prima, quando Tertuliano telefona a Maria da Paz dopo essere tornato da casa della madre. La felicita` che descriveva, il sentire che tutto, in quell’istante, e` perfetto ti fa adorare il mondo. Ho dovuto smettere per assaporare appieno quel sentimento. La seconda volta e` stata quando, invece, fa una telefonata dalla cabina telefonica. Le orecchie si tappano, la bocca si secca e la schiena si irrigidisce di colpo. La disperazione, questa volta, come yin e yang, fa tremare le mani e ti porta a detestare qualsiasi cosa ci sia di fronte allo sguardo. Quanto lo adoro.
Poco prima della fine del libro torniamo alla frontiera, che questa volta dobbiamo attraversare a piedi, circondati da tafani che ti offrono cambi convenienti, visti assolutamente necessari, controlli del passaporto, soldi del monopoli. Li scaccio stizzito, pensando che, se stanno li`, vuol dire che in qualche modo i soldi di qualche gonzo finiscono nelle loro mani, ogni giorno. Ma finche` si tratta di ricconi occidentali, poco male; se si tratta di poveracci in cerca di lavoro, be’, e` tutta un’altra storia. Questo pensiero mi irrita, e mi ritrovo a imprecare contro di loro in italiano. (Fortunatamente nessuno di loro era una vera guardia di frontiera. Sarebbe stato imbarazzante.). Ottenuto il tanto desiderato timbro posso tornare al libro e finirlo. Sono le sei e venti, mancano venti minuti al buio e altri ottanta ad Arusha, sono tutto scombussolato da Saramago e da Qualcos’altro che ancora non mi riesce di afferrare. Se chiudo gli occhi cercando di dormire li riapro dopo trenta secondi colto da un pensiero importantissimo, che non riesco a delineare nella testa. Ansioso, irrequieto. Perche` stai andando piano? Cala, sole, in fretta, che vuol solo dire che si avvicina l’arrivo. Maledizione, perche` ci sono questi dossi in mezzo ai paesini, rallentano il bus. Dove sei, luce? Al buio l’autista e` piu` prudente! Perche` non finisci, savana, Arusha e` una grossa citta`, non e` nascosta tra gli alberi. E il monte Meru nemmeno si vede. In quella terrificante ora succede qualcosa che non riesco a cogliere appieno, ma e` stato come una lunga conversazione con me stesso; ricordo solo di aver pensato concetti abbastanza astrusi, che passavano dall’avere la vita totalmente certificata in maniera ufficiale per arrivare al senso del mangiare e del dormire negli esseri viventi, cosi` come altri pensieri lugubri, scettici, insofferenti, drastici, astrusi e confusi su di me, su di voi, sugli altri e sul niente. Una delle frasi che ricordo suonava all’incirca come “Chissa` quante dottrine e idee sono andate perdute solo perche` l’autore non aveva il modo o la voglia di trascriverle in quell momento”. In ogni caso i concetti generali dovrei averli conservati e, magari, trovero` il modo di utilizzarli in futuro.
P.s. non e` curioso che tanto Nairobi quanto il mio paese distino sette ore di viaggio da Arusha?
P.p.s. sono arrivati i ragazzi, continuo dopo
6.45 pm
Finalmente siamo entrati in una citta` che mi ricordava Arusha, anche se all’andata non era cosi` lunga. Boh, magari siamo ancora a Moshi, e in quell’istante appare l’Impala hotel, ultima fermata. Scendo, chiamo Mi. (che non risponde), Anna (che manda Br. con suo padre a prendermi). Mi fermo nella hall e scrivo le parole di cui sopra, poi, a casa, svuoto lo zaino, chiamo i miei, ceno con qualcosina e cerco di lavarmi, ma manca l’acqua. Scrivo di nuovo e vado a letto. Mi sveglio presto per lavare me e i vestiti, prima che prendessero vita e mi aggredissero; saluto il geco che vive in casa con me da una settimana (giuro, un geco vero e proprio, non e` un’allegoria), faccio colazione con niente, non avendo cibo, trascrivo sul computer buona parte di questo post. Vado al centro per postarne una parte, ma la connessione non funziona, cosi` tutti insieme (io, Anna, Brian, Michael) andiamo al mercato per comprare il cibo per i ragazzi della scuola, poiche` mercoledi` iniziano le lezioni. All’ingrosso acquistiamo tantissima farina, uova, pescetti e altri generi di prima necessita`, circondati da odori, colori e suoni talmente vivi e allegri da far girare la testa. Mi accompagnano a fare una spesa per casa mia e, quando si mettono a contrattare per abbassare il prezzo, capisco buona parte delle parole che dicono. Un altro giro nella zona agricola per acquistare degli strumenti che servono alla loro sorella ed andiamo a scaricare il tutto –finalmente non vogliono piu` che l’ospite stia solo a guardare e accettano il mio aiuto nel carico/scarico della roba. A casa decido di provare una ricetta che mi e` stata mandata per posta, e senza troppi problemi riesco a cucinare un dolce di riso. Probabilmente e` un po’ troppo dolce, ma non importa, sono contento di riuscire anche a cucinare qualcosa di nuovo. Scrivo ancora, vado al centro per assistere alla lezione di acrobatica ma, come sapete, i ragazzi mi lasciano il tempo di continuare questo diario; quando arrivano, poiche` la lezione era incentrata sui piu` grandi, i bambini mi sfiancano a giocare a rincorrerli, rubacappello e altre attivita` ludiche del medesimo genere. Sono meravigliosi. Merenda, A domani, eccomi qui. Spero che adesso vada internet.
P.s. Mi hanno chiesto se sono abbronzato –non tanto, e` quasi sempre nuvoloso. Ho risposto che non sono ancora africano, fuori.
P.p.s. Come talvolta traspare da quello che scrivo, in queste settimane sto rivivendo con insolita forza i ricordi belli e non solo che hanno caratterizzato la mia vita e, soprattutto, gli ultimi quattro anni –insomma, come dicono succeda a chi sta per morire. Magari e` solo un effetto delle forti emozioni che questo posto trasmette, magari ora che l’ho scritto non succede nemmeno piu`.
P.p.p.s. Perdonatemi in anticipo se, in futuro, mi perdero` in divagazioni varie. Ho appena finito un Saramago, e` necessario che capiti.
P.p.p.p.s. A forza di aspettare i caricamenti delle pagine del blog ho imparato a giocare a freecell.
Ale

martedì 25 agosto 2009

Yes, week end

Occhio che questo e` tosto..
21/08
8.25pm
In questo momento in casa non c’e` la luce, scrivo sul taccuino sapendo bene che queste parole saranno lette tra un bel po’ di tempo. Il pranzo di oggi, in ogni caso, Anna insisteva affinche` lo consumassi a casa; quando le ho chiesto il motivo, ha detto che loro avevano solo avanzi e pensava non mi andassero. Erano buonissimi. In seguito Mi. mi chiede se mi va di vedere un mercato maasai (se mi va?), ma prima dobbiamo andare a prendere un suo amico che ci accompagnera` sulla montagna e che abita dove, sabato scorso, si era tenuta la cerimonia maasai. Solo che ci arriviamo col vain e non a piedi, per cui dobbiamo fare un giro abbastanza lungo che passa per un agglomerato di baracche (dove spiccava un cartello che dava le indicazioni per i Reali Consolati di Danimarca e Norvegia!) prima di finire nella jungla (nella jungla vera e propria, con tanto di banani selvatici, sottobosco tropicale, guadi da attraversare e crateri in mezzo al sentiero, poco piu` grande di una mulattiera) e poi tornare in campagna. A casa del suo amico [non ricordo il suo nome, d’ora in avanti lo chiamero` semplicemente Amico] stendiamo un programma molto sintetico del weekend e dei suoi costi, poi partiamo per il mercato, attraverso campi non coltivati/savana (non ho ancora capito quale sia la differenza). Il mercato e` colorito, colorato e profumato, con mucchi di spezie alti come bambini, tessuti esotici e capre dapperttutto. Ci infiliamo in una delle poche costruzioni in muratura (il mercato e` all’aperto) per mangiare del nyama choma [chi non sa cosa sia consulti le pagine precedenti], questa volta di capra, e scriviamo la lista della spesa. Il locale e` piccolo e vuoto, a parte un bancone con dietro alcune bottiglie, qualche tavolo e una tv che strillava i video di una cantautrice monotona e pessima ballerina, veramente allucinante. Pero` la carne era squisita. Torniamo in citta` per comprare il cibo e la benzina, e solo questa, dati i duecento e passa km che dobbiamo fare, mi fa spendere la stessa quantita` di danaro che ho utilizzato da quando sono in Tanzania. Quindi Mi. e Amico vanno alle rispettive case a preparare la propria roba e rimango a casa da solo. Solo che sono le sei e mezza, va via la luce e mi ritrovo al buio, affamato e un po’ inquieto, non mi piacciono i piani organizzati cosi` in fretta, ho paura che qualcosa vada storto. E anche tutti i soldi che mi aspetto di spendere (per la miseria, in Europa sarebbero piu` che giusti per un viaggio simile, anzi; pero` qui sono in Africa, e mi sono abituato a non spendere piu` di dieci-venti mila lire per volta). Percio`, con un sacco di cose da fare e poca voglia di farle, faccio quella che mi pareva piu` sensata. Aspetto, mi sdraio a letto e leggo tutta la Locandiera di Goldoni [divertente, si`, ma non mi ha entusiasmato troppo. Leggere il teatro non e` mai stata una delle mie passioni]. Ok, facciamo lo zaino, mangiamo qualcosa. Scriviamo queste parole.
Mmm, sono ancora inquieto.
Per non parlare del fatto che oggi e` esattamente a meta` tra l’Egitto, un mese fa, e le partenze, tra un mese. Mi sento a un punto di svolta.
P.s. per oggi niente postscripta
11.00pm
Ah, Insonnia, il piu` viscido soldato del generale malumore. Mi devo svegliare tra cinque ore, perche` mi tormenti anche qui?
P.s. magari voleva soltanto che scrivessi queste parole
P.p.s. magari invece e` la puzza di Europa che mi sento nella testa

24/08
11.40 am
Perche`, vi chiederete, non ho scritto niente in questi due giorni? Ma perche` sono stati due giorni veramente pieni. E cosa avrei fatto, di grazia? Detto alla spicciola, guidato e camminato. Piu` precisamente, mi chiedete? Be’, ci siamo persi nella savana e ho arrancato su un vulcano. Volete termini tecnici? Ok, abbiamo fatto un safari a Ngorongoro e ho scalato l’ Oldoinyo Lengai. Ma cominciamo dal principio.
Sabato mattina mi sveglio alle quattro e un quarto, faccio colazione, mi lavo e preparo le ultime cose. Mi. e Amico vengono a prendermi a casa e partiamo per Ngorongoro, una enorme caldera e uno dei piu` importanti parchi nazionali della Tanzania. Durante il viaggio Mi. non sapeva togliere gli abbaglianti e io non sapevo spiegargli come fare, ma ci ferma la polizia a un posto di blocco per problemi burocratici con uno dei permessi che avevamo attaccati al parabrezza, per cui se non lo toglievamo ci avrebbero dato la multa. (Io lo dico rapidamente, ma ci hanno impiegato venti minuti a capirsi). Tolto lo sticker, tolti gli abbaglianti, si riparte. Verso l’alba impattiamo contro una specie di colombo, e la botta mi fa rizzare i capelli sulla testa. Mh, agghiacciante. Piu` tardi, con la Rift Valley sull’orizzonte, iniziamo a vedere le prime giraffe, che placide attraversano la strada e ci guardano incuriosite, tra termitai enormi e numerosissimi nella pianura. Nell’ultimo paesino prima della Rift aggiungiamo gasolio, poiche` il vain succhia piu` di quanto ci aspettassimo, e iniziamo la salita, fiancheggiati ogni tanto da black monkey e babbuini. Raggiunta faticosamente la cima [faticosamente perche` la salita, come tutto il safari, e` stata fatta con una marcia piu` alta di quella richiesta dal motore, che a me personalmente fa venire la pelle d’oca. Ma ci ho fatto l’abitudine, non sapendo come chiedere perche` mettessero in quarta a venti all’ora..] ammiriamo un panorama meraviglioso, con il lago Manyara da una parte e la pianura africana dall’altra, per chilometri e chilometri.
8.45pm
Scusate, riprendo adesso, oggi ho dovuto interrompere di fretta. Allora, verso le otto e mezza, abbiamo raggiunto il gate del parco. A me chiedono cinquanta iu`seidollars, ai due Tanzaniani (non chiedono documenti o altro, basta la faccia) tremila lire a capoccia. E sfido chiunque a dire che e` meglio essere mzungu. Per di piu` mentre pagavamo entra un gruppo chiassoso e irritante, che vociava in quella lingua che tanto mi innervosisce quando sono all’estero. Usciamo dalla reception e passiamo nel centro visitatori, dove c’e` un modellino del parco, cosi` composto: una caldera collassata, dal diametro di non so quanti chilometri, e` la parte piu` ricca di animali e piu` appetibile per i turisti, tant’e` che il biglietto di ingresso chiede altri duecento verdoni; intorno al cratere c’e` la conservation area, ricca anche lei di animali, mentre la pianura circostante ne contiene di meno. L’area protetta raggiunge, a nord, l’altro confine della rift valley e una zona vulcanica, nostro obiettivo; ad ovest confina con la piana del Serengeti; ad est non c’era niente, credo; a sud, be’, c’eravamo noi. Il piano e` fare il mezzocerchio del cratere, senza entrarci, scendere dall’altro lato e attraversare la savana fino al vulcano. Salendo su un terreno tanto polveroso che le piante erano rosse a causa delle due dita di terriccio che portavano addosso ci ritroviamo su una nebbia terribilmente densa. Non si vede cosa ci sia oltre la strada. Guidando piano, che le strade non sarebbero comode nemmeno con il sole, vediamo cinque zebre che ci attraversano la strada (le vediamo solo perche` sono passate a un metro dal nostro veicolo), e raggiungiamo un villaggio maasai dove abitano degli amici di Amico. Scendiamo per trattare qualcuno che ci porti al vulcano. La nebbia, oltre che densa, e` gelida, mille spilli di ghiaccio che ti si infilano nella pelle mentre, come se nulla fosse, loro chiaccherano mezzo in Swahili e mezzo in Maa. Quindi con noi salgono due maasai (la storia dei vari passaggi e` un po’ complicata, cerchero` di semplificarla un pochino), che chiameremo Marco1 e maasai1. Durante tutto il giro del cratere, cioe` la zona piu` ricca di bestie, non vediamo assolutamente nulla. Raggiunta la zona della discesa le nuvole si aprono per un attimo, a lasciarci intravedere lo spettacolo della caldera. E, cento metri piu` sotto, una macchina da safari ribaltata su un lato –sempre ricordarsi che qualcosa puo` andare storto!. Comunque, scendendo un po’ delusi per aver perso gli animali, ci fermiamo a un altro villaggio maasai, dove scarichiamo maasai1 e prendiamo, invece, maasai2, che conosce la strada fino all’Oldoinyo Lengai [Non chiedetemi perche` ci fosse anche Marco1, che non l’ho capito]. Cosi`, si raggiunge la pianura. Ad un certo punto, dopo qualche giraffa e le prime antilopi di Thompson, abbandoniamo la “strada” per addentrarci nella savana vera e propria, dove ci sono solo delle tracce di pneumatici ad indicare la via. Talvolta abbastanza marcate, talvolta cosi` marcate da essere impercorribili, talvolta cosi` lievi da essere impercebibili, talvolta del tutto assenti. Ma e` avventuroso, con il vain che traballa allegro e con il motore che borbotta per le marcie. Si solleva il vento, che solleva la polvere: tempesta di sabbia. Peggio della nebbia, non si vedeva nemmeno fuori dal finestrino. E la polvere ci accompagnera` per tutto il viaggio. Ma parlarne cosi` non rende l’idea: immaginate di essere cosi` impolverati che, se vi sedete vicino ad un maasai, avete lo stesso colore; immaginate di vederci meglio senza occhiali che con gli occhiali; immaginate di sollevare sbuffi di simil-fumo ad ogni movimento che fate; immaginate di diventare biondi, da qualsiasi colore fossero i vostri capelli. Ecco, questa era la polvere che ci circondava. In mezzo al nulla, poi, il radiatore inizia a dare problemi e dobbiamo fermarci per ripararlo. Io passeggio li` intorno, tra le ossa numerose di chissa` quali bestie e gli arbusti ormai secchi. Ma il nostro destino non e` quello, evidentemente: possiamo ripartire. Lungo la strada (spesso vedevamo delle gazzelle di T., talvolta quelle di Grant, piu` grandi; a volte un paio di giraffe o una mandria di zebre [mandria?],degli struzzi o altri strani uccelli colorati. Oltre a qualche mucca, capra o asino maasai questi sono tutti gli animali che abbiamo visto, ma non importa) raccogliamo un autostoppista maasai che si stava facendo da due giorni la savana a piedi per tornare al suo villaggio, e probabilmente gliene abbiamo risparmiati altri due o tre. Bosco di acacie, savana, sabbia si alternavano senza una logica apparente. Caldo, polvere, vento, ossa di bestie. Ci perdiamo. Loro negano, ma non si chiedono informazioni se sai dove sei, no? attraversiamo un villaggio [ovviamente maasai, poiche`, anche se non l’ho ancora specificato, sono gli unici autorizzati a vivere nel parco] che guardano stupiti al musobianco. Dobbiamo essere davvero lontani dai soliti circuiti safaristici, mi sento come un esploratore dell’ottocento. A un certo punto ci troviamo in cima a una montagna, non so come; penso fosse la fine –o l’inizio- della rift valley. Scendiamo da un sentiero che avrei avuto timore a percorrere a piedi, con una vista mozzafiato sul mondo. O almeno cosi` mi sembrava. Cosi` attraversiamo questo deserto di rocce e polvere e nulla, pensando che stavo viaggiando dove la mia razza e` nata e che non mi importava niente di non aver visto leoni, rinoceronti, bufali, ippopotami ed elefanti perche` mi stavo divertendo lo stesso tantissimo. Finalmente arriviamo in vista del lago Natron e del nostro tanto agognato vulcano. Il vain arranca fino all’ultimo villaggio, tossendo come noi. Ormai e` il tramonto. Mi avevano detto che per scalare la montagna servivano altri 50 dollari, ma tutte le guide vogliono almeno il doppio. Marco1 quindi va a chiamare un suo vecchio compagno di scuola [vecchio per modo di dire, che aveva 25 anni] il quale si accontenta di ventimila lire. Il suo nome e` Marco2. Durante le trattative mi avvicina un ragazzo tutto maasai, dai capelli ai vestiti ai denti mancanti ai lobi allargati. Non parla nemmeno swahili, e Amico deve fare da traduttore maa-inglese. Dapprima cerca di vendermi una collanina di perline di plastica con un dente di cane (leone, ti giuro!) incastonato [ma non eravamo noi che gabbavamo gli altri popoli spacciando cose pacchiane per meraviglie?], poi, dopo una mia domanda, mi risponde che ha circa vent’anni, non sa in che anno sia nato. Ho sentito come una scossa elettrica mentre parlavo con quel ragazzo, non ho mai sentito cosi` forte la distanza tra due mondi. E c’e` gente che questa distanza la vuole spazzare via. Sia maledetta la cocacola, ho pensato!
Riunito il gruppetto [cioe` io, Mi., Am., Marco1 e 2, maasai2 e maasai3, cioe` un secondo autostoppista che abbiamo raccolto non ricordo dove] raggiungiamo una sorta di campeggio, dove devo faticare per convincerli che non ho bisogno di una stanza e posso dormire anche nella nostra tenda o nel vain. Marco1 collassa in tenda perche` ha una tosse che lo uccide. Maasai2 lo segue, il 3 sparisce. Marco2 va a prepararsi per la scalata, mentre io Mi. e Am. cuciniamo patatine fritte e pomodori per la cena e restiamo a parlare dell’urafiki center, della differenza tra bianchi e neri e cose cosi` fino alle 10.40 pm. La partenza e` prevista entro cinquanta minuti, vado a riposare.
P.s. scusate, e` passata un’ora e sono un po` stanchino. Continuero` a scrivere domani!
25/08
7.20 pm
Uff, mi sento in ritardo, ho un sacco di giorni da scrivere ancora. Continuiamo, su. Partiamo non troppo in ritardo, lasciando al campeggio Maasai2 e 3. Dopo una buona oretta di savana oscura raggiungiamo le falde del vulcano. La sua silho.. silohu.. si`, insomma, il suo profilo contro le stelle da` un senso di imponenza. Le stelle. Avevo gia` visto stellate mozzafiato prima di quel giorno, ma non ero mai stato cosi` infinitamente lontano da ogni forma di inquinamento luminoso, e sembrava che la luna fosse esplosa lasciando centinaia di migliaia di frammenti baluginanti. Per di piu` non c’e` nemmeno una costellazione “sensata”, a parte la gia` citata croce del sud, che pero` non conta; e questo serviva solo a rendere ancora piu` straniante la sensazione. Un po` mi mancava il grande carro, a dirla tutta. Comunque, mezzanotte e tre quarti, si comincia a camminare: io, Mi., Am. e Marco2 (1 resta nel vain, che la tosse gli impedisce quasi di vedere). Subito siamo accolti da un vento impetuoso. “e` sempre cosi`, e lo sara` per tutta la scalata” ci avvisa M2. Guardo in alto, quasi duemila metri di dislivello dal cratere, che nemmeno si riesce ad individuare. La prima mezzora si arranca sulla sabbia, prima di trovare la roccia solidificata. Solo che Oldoinyo Lengai non e` una montagna qualunque: non ci sono sentieri tracciati, e il percorso e` semplice da descrivere: Sali. E` un vulcano come quello che disegnano i bambini, perfettamente conico e scuro. Un’altra mezzora, il tempo per convincersi che si`, manca poco, e M2 ci dice che ora siamo alle pendici della salita vera e propria; ed io ho gia` il fiatone. Immaginate di avere una roccia da scalata, ed inclinatela un pochino. No, cosi` e` troppo, era piu` verticale, avanti, fate uno sforzo. Ecco, cosi` va bene. Ora ricopritela di una roccia friabile, nella quale il piede affonda e fatica a fare presa, e tutto attorno spargete abbondantemente ghiaia e sabbia che si infila dovunque, dalle scarpe ai vestiti al corpo. Bene, mettete la vostra costruzione mentale in una galleria del vento, e spegnete la luce. Buona camminata, nemmeno l’erba e le sterpaglie sono capaci di affrontarla. Ad un certo punto perdi il computo del tempo, ma, dicono, siete circa a meta` -della montagna, non della scalata; la parte piu` dura viene adesso, e manca ancora un bel po` di tempo. La gola e` secca, non sai come tenere la felpa (aperta, hai freddo; chiusa, hai caldo; mezza aperta, fa da vela e ti rallenta troppo), ti viene voglia di abbandonare. Mi., che e` una delle persone piu` forti –fisicamente e mentalmente- che abbia mai incontrato, cede e torna verso il vain (il giorno dopo mi dira` che durante la discesa si e` pure perduto, poverino!) ma io no, devo farcela, devo batterla questa maledetta montagna. Nella mia testa nel frattempo inizia a rimbombare un’improponibile canzone di un improponibile gruppo italiano. Il terreno peggiora, ora la sabbia e` piu` profonda e ci sprofondi, la roccia e` piu` infida e ti fa scivolare. Ogni passo indietreggi di una buona spanna, rischi di cadere, avanzi con le mani. Che ormai sono di ghiaccio, non le senti, cosi` come le orecchie ti rimbombano per il vento; ma non ti importa niente, riesci solo a chiederti perche` i maasai non hanno scelto di adorare una collina, e odi questo mledetto vulcano, ma sei certo che lo amerai quandro lo avrai scalato. Perche`, caro mio, ti scalero`, dovessi rimetterci un polmone o un braccio, non mi sono mai arreso e non mi farai arrendere certo tu. Scaccio la canzone e la sostituisco con Juliet and Romeo degli Emerson, Lake & Palmer. Il piede scivola, torni indietro di due o tre metri, con le ginocchia nella sabbia, e non hai proprio voglia di alzarti ma ti alzi e sfidi il vento. Ti senti come quando, sullo snowboard, ti trovavi fermo davanti a una zona piatta, e dovevi spingere e faticare e non procedevi e l’analogia e` talmente forte che ti sembra di sentire persino l’odore della neve o lo scricchiolio della tavola e ti viene da urlare. Ma mentre sali la sabbia ti entra negli occhi e nelle orecchie, la puzza di zolfo ti toglie il respiro, i polpacci e le ginocchia si stanno rompendo, ma non ti interessa perche` l’unica cosa che conta al mondo e` raggiungere quel cratere per vedere l’alba di un nuovo giorno e un nuovo te. Perche` pensi che manchino una, due orette al massimo quando incontri una coppia di inglesi che scende dicendo “noi non possiamo affrontare altre quattro ore cosi`”, e maledetta sia la parola four, e maledetto tutto quello che ti passa per la testa. E sali, un piede dietro l’altro, una mano dietro l’altra, come ormai ha iniziato a fare anche la tua guida, che ti dice che non aveva mai incontrato delle condizioni cosi` avverse. Engai non ti vuole sulla sua montagna, ma tu ce la farai comunque, con Chicago dei CSN&Y che ti entra nelle orecchie chissa` da dove. E se fai cadere un sasso dietro di te lo senti rotolare per due, tre minuti, in un silenzio assoluto rotto soltanto dal fragore del vento, e pensi che dev’essere brutto essere quel sasso. Talvolta si alza cosi` forte che non puoi camminare, devi accucciarti e aspettare, sperare che smetta o perlomeno si calmi; ad un certo punto e` cosi` forte che inizia a sollevare non solo la sabbia, ma proprio I sassi, grandi come unghie, che ti piovono addosso come grandine, ma l’unica cosa che puoi fare e` girarti di schiena e prenderli tutti sullo zaino, con le mani sulla nuca per paura di qualcosa che in quel momento potresti anche chiamare frana. Ma poi, dopo giorni,r aggiungi le luci che vedevate davanti a voi fin dalla partenza, un bianco e la sua guida. Faccia da italiano, inglesaccio da italiano. Poco male, si scala insieme, le scarpe, il naso, gli occhi pieni di sabbia che nemmeno te ne accorgi. Manca poco, un’ora, forse meno, ma non conviene arrivare al cratere troppo in fretta, li` il vento e` piu` forte e il freddo piu` intenso. Collassi addosso alla parete, coperta di un intonaco naturale che si sgretola al contatto e ti inzozza di gesso la giacca, ma non ti importa perche` vuoi solo farti il piu` piccolo possibile per non sprecare un solo grammo di calore e di energia. In un secondo sono le cinque, dovete partire, davanti la tua guida, il tuo compagno maasai, tu, la guida del bianco e il bianco stesso, comitiva di muti e sordi ansimanti di fiatone, come quel quadro con i ciechi che cadono nel fossato, pensi. E la tua mente ti canta Any time at all dei Beatles, e nemmeno ti frega che sia terribilmente decontestualizzata. Si vede, per la miseria, si vede dove la montagna finisce! Alzi lo sguardo, dalla cima del cratere parte una stella cadente, come un fuoco d’artificio, un segnale che ti avvisi che non e` che la natura ti odi, semplicemente gli stai indifferente; ma quel meteorite e` uscito proprio dal cratere, si e` fatto mezza via lattea, e tu trovi la forza di stirare le labbra, tagliate e insabbiate, per almeno cinque o sei metri. Perche`, poi, raggiungi l’altro versante strisciando sulle rocce, ma il cratere vero e proprio e` ancora piu` in su, a una ventina di metri. Che ti frega, ce l’hai fatta, sei sulla cima di questa dannata montagna e ti guardi intorno, ed e` questo il mondo. Arranchi verso il cratere, e questo e` il punto piu` ripido di tutti, e piu` sabbioso, e piu` scosceso; e se cadessi adesso arriveresti direttamente al tuo furgoncino, guardalo la`, con le prime luci del giorno riesci a intravedere la macchia bianca in mezzo alla savana, santo cielo quanto e` lontano, quanto e` piccolo, e quanto e` piccolo l’uomo, ed insignificante. Mentre il cratere e` enorme, perche` ce l’hai fatta, sei su questo maledetto cratere, e scoppi di gioia, guardi la lava nera che ribolle nelle pozze sul fondo, lava tra la piu` fredda del mondo, e fai il giro per raggiungere il lato est. Non ti accorgi di non avere le ginocchia, o di odorare solo zolfo, o di avere i jeans ormai grigiomarroni, ti accorgi solo di quanto e` rosso quel sole, di quanto va veloce. Hai scalato questa montagna, hai visto l’alba, sei capace di tutto, perche` le difficolta` non le affronti, le polverizzi. E supererai anche quella che si prospetta piu` dura, ce la farai, sei sul cratere piu` alto del mondo, hai compiuto la scalata piu` difficile e lunga della storia, e poco importa se non e` vero. L’ombra della montagna e` un triangolo perfetto che si staglia sulla pianura sottostante. Ma devi scendere in fretta, prima che diventi troppo caldo. Senti che sara` fastidioso scendere, che le rocce sono ancora scivolose, per di piu`, infastidite dalla recente sconfitta, vogliono fartela pagare a suon di sbucciature, e devi di nuovo usare le mani e la cautela e fare attenzione perche` quel sasso non e` stabile attento proprio quello su cui ti sei appena appoggiato! Ma basta sederti e ricominciare di nuovo. Finisce il ghiaione, ricomincia il mare di sabbia, questa dannata spiaggia verticale. Diamine, hai scalato l’Oldoinyo Lengai in una serata d’inferno, hai pur voglia di divertirti! E quindi iniziate a sciare sulla sabbia, mezzo pattinando e mezzo cercando di frenare, e il polverone che si solleva davanti a te odora di, ci metti un bel po’ a riconoscerlo, latte fresco e vittoria. Arrivi a meta` del vulcano, puoi togliere la giacca, mangi le tre uova sode che ti spettano, ma sanno pure loro di zolfo, chissa` se e` perche` sono cattive o perche` il tuo olfatto e` compromesso del tutto. Uno, per di piu`, scappa dal sacchetto cercando la liberta` verso il basso, e lo troverai in seguito quasi quattrocento metri piu` in basso, liberandolo definitivamente con un lancio e un Hi egg urlato e riso da te e da Amico. Comunque aspetti il bianco e la sua guida, che non sapevano sciare, e ci conversi in inglese, Da dove vieni, Italy, Quale citta`, Milan, e tu, e ti vien voglia di proporre qualcosa di esotico, Canada, South Africa, Brasile, ma non ti va di mentire e provi con Try to guess. Con tuo sommo piacere si gira prima tutta l’Europa del nord, ma si arrende, e confidandogli un segreto gli riveli BG, ma lo implori di continuare a conversare in inglese. E lo ottieni, perche` era una brava persona, con la moglie di Serina e, anche lui, l’esterofilia. Ti giri, la montagna e` altissima e superba, quasi negasse di essere stata sconfitta. Speravi ti lasciasse andare cosi`? macche`, una bella tromba d’aria piena di sabbia vi colpisce in pieno, e devi fermarti con la keffiah sul volto e gli occhi chiusi prima di poter continuare. Cinque, quattro, trecento metri al vain. Vedi perfino Michael che ti urla Com’e` andata. Togli le scarpe, lo spazio che di solito e` occupato dall’aria tra il piede e il tessuto e` composto da sabbia, i calzini sono lacerati. Ti siedi, ti addormenti, raggiungi il campeggio, scendi dal vain, ti addormenti di nuovo, ti svegli. E` ora di colazione, la tua avventura e` finita.
Mangiamo, divoriamo, pane e burro d’arachidi con chai al latte, poi dei pomodori. Mi. cucina (mi rifiuto di indagare come) degli spaghetti, ma decido di provarli. Per la miseria, non solo sono cotti giusti, ma sono pure buoni! Sono dolci e non so perche`, ma riempiono lo stomaco e non sono previste soste sul ritorno. Durante il viaggio mi sveglio poche volte, prima all’ultimo villaggio che avevamo attraversato, per fare benzina e riempire il bidone dell’acqua; poi, all’uscita dal parco, dove pretendono ventimila lire (ma spacciandomi per diciassettenne ne paghiamo solo sei, per fortuna l’ignoranza della fisionomia delle eta` e` reciproca tra africani e wazungu). Qualche scossone lungo la strada, dei wallybeast, tanti bambini maasai che ci chiedono gare, gare! [acqua, acqua!], la pianura piena di trombe d’aria. A quel cancello in fondo alla strada ci chiederanno dieci dollari per ogni bianco, quindi mi sepellisco sul fondo del vain con addosso una shuka e qualche zaino. Per due volte. Dopo il secondo io e Amico scendiamo e camminiamo per un chilometro, mentre il vain torna indietro per scaricare maasai3 al posto di blocco. Al suo ritorno trovo un nuovo ospite nel furgoncino, che scende al paesino dopo la fine della rift valley insieme a maasai2, il quale vuole ventimila lire per averci portato fino al vulcano –e ci siamo pure persi, che diamine! Pero` almeno mi lascia una collana che il giorno prima voleva farmi pagare, con un dente di leone (e questo parrebbe vero). Resto con diecimila lire e cinquanta dollari. Con gli scellini facciamo benzina, carichiamo una donna e un ragazzo, ripartiamo. Questa volta facciamo una strada piu` breve per tornare, ma ne perdo lo stesso una buona parte perche` dormo. Tant’e` che quando mi sveglio perche` e` finita la benzina ero convinto che fossimo nei pressi della cittadina e che bastasse tornare indietro di poche centinaia di metri. Ma in realta` siamo quasi in vista di Arusha e sono le sei meno un quarto, il che vuol dire che ho dormito per quasi cinque ore di fila. Con una colletta tiriamo su cinque mila (elfu tano) scellini, Mi. autostoppa fino al primo benzinaio e torna indietro. Ma non bastano nemmeno a raggiungerlo, perche` ci fermiamo di nuovo a un kilometro da questo benzinaio. Questa volta ci andiamo a piedi (io e Mi.), e a malincuore cambio i cinquanta dollari che speravo di aver salvato nel bar del benzinaio, perdendoci solo diecimila lire rispetto ai cambiavalute cittadini, sessantamila invece che settanta. Quindici di questi vanno subito nel serbatoio, altri venti a Marco2 come pattuito. Anche Marco1 insiste nel ricevere la stessa somma. Sono stanco, puzzo come un cadavere in una fogna e ho piu` polvere che pelle; l’ultima cosa che mi va e` mettermi a discutere con un poveraccio (ho visto dove abitava e non era propriamente una reggia) sul dargli o meno dieci euro, e glieli do`. Ho speso tantissimo in questi giorni. A casa, finalmente… chiamo i miei per fargli sapere che sono ancora vivo, mi infilo sotto la doccia (fortunatamente calda) e poi nel letto. Finisco, mancandomi poche pagine, Una questione privata di Fenoglio [meraviglioso, uno dei piu` bei libri sui partigiani che abbia mai letto, ed e` bravissimo a farti capire le sensazioni di Milton]. Sono le nove e qualcosa. Mi sveglio alle dieci e qualcosa –di mattina. Colazione, poi vado al centro dove aspetto Mi. e Brian e scrivo le parole che avete letto all’inizio. Poi, arrivati da un giro che dovevano fare, chiedo loro di accompagnarmi a comprare un po` di cose di cui ho bisogno. Per tremila lire mi prendo un ananas, un avocado, sette pomodori e diciassette bananine. Ah, tornato alla civilta’! E` lunedi`, e si allena la squadra di acrobatica; ci insegniamo a vicenda esercizi o cose simili, ma si vede che sono proprio incapace di fare l’equilibrista. Tuttavia mi stupisco di riuscire a fare un bel po` di sollevamenti, anche se le mie gambe non sono piu` di carne ma qualcosa di simile alla ghisa. La sera arriva prestissimo, e l’elettricita` va via –di solito succede al martedi` e al venerdi`, poco male, vuol dire che scrivero` domani (oggi). Anna mi regala un po` di polenta e due pescetti fritti per cena, dicendo che ha capito che ho uno stomaco africano. Attacco Uno, nessuno e centomila e ne supero la meta`. Chi ha bisogno della tecnologia, mi chiedo prima di addormentarmi..
Stamattina sistemo un po` la casa, trovo il problema della lavatrice ma non quello della macchina fotografica, che ha preso troppa polvere e non vuole piu` aprirsi. Al centro la connessione mi lascia il tempo di leggere un paio di mail che mi fanno un sacco piacere prima di cadere del tutto. Il programma consiste nell’andare a comprare la legna per costruire una banda (cuccia in swahili) per il cucciolo del centro (che io ho soprannominato, con una mancanza di inventiva che un po` mi ha stupito, Cane [mentre cane in swahili si dice mbua)], ma Mi. passa la mattina a lavare il vain sudicio, ed io a chiaccherare con Anna dell’africa, del mio paese, di cose importanti e di cose no. Iniziano ad arrivare i ragazzi, e per fortuna scelgono un gioco in cui a turni bisogna stare a bordocampo a guardare –altrimenti sarei morto. Sono troppo vecchio per queste cose, non ho mica piu` diciottanni io!. Momento settimanale di lettura della bibbia, esco un secondo e trovo Mi. che chiacchera con Alex, il suo amico con il quale abbiamo pranzato giovedi`. Completamente fuori di testa, e` simpatico e parla un ottimo inglese. Io e Mi. rientriamo per la fine di Marko kumi na tano, saba. Cantano una canzone, merenda. Vado a casa per scrivere tutto questo e cenare, ora sono le nove ma non so se lo faro`, mi sento ancora stanco. Domani dovremmo costruire la cuccia.
P.s. ho anche telefonato a Sambuka, confermato Nairobi questo venerdi`
P.p.s. ho sentito, inoltre, Mario; purtroppo staremo insieme solo una decina di giorni, per impegni vari.
P.p.p.s. Perdonatemi la prolissita` e, soprattutto, la confusione della descrizione della scalata, ma ero in vena di sperimentalismi. Non lo faccio piu`, promesso!
Ale

venerdì 21 agosto 2009

"a lot of things"

Uhm, dov’eravamo rimasti? Ah gia`, la connessione. Un sacchissimo di tempo fa, come direbbe qualcuno. Vabbe’, cominciamo.
NB Il post seguente viene scritto in data 20 agosto 2009, ora locale 8.50 pm, basandosi su appunti presi nei giorni scorsi. Le date e gli orari che seguiranno sono da riferirsi agli appunti stessi.
[Attenzione, potrebbe contenere parti lunghe o noiose. Puo` causare tedio o irritazione, prima di proseguire consultare se` stessi. In caso di sonnolenza interrompere la lettura]
19/08
7.50 am
Il pomeriggio del 18, dopo aver sistemato la connessione dell’unico (su tre) computer dotato di internet [non mi sono improvvisato elettricista, ma tecnico informatico!] vado ad accogliere i ragazzi che man mano stanno arrivando. Prima tiro un po’ matti i piu` piccoli, come i gemelli Nixon e Dixon (credo si scrivano cosi` i loro nomi), che sono veramente fantastici. Giochiamo a torello e a fare i bulli contro il gallo che cerca di difendere il suo territorio. Con i piu` grandi gioco a calcio, ed e` come se l’idea di essere stanchi dopo piu` di un’ora di corsa sotto il sole fosse una prerogativa occidentale. Poi, insistendo affinche` gli insegnassi un nuovo gioco, tento con lupo. Funziona, e il simba (leone) che modificano subito con nuove regole li appassiona subito. Mh, come se ci fosse qualcosa di nuovo o giocoso che non li appassiona! Alla fine, durante il quarto d’ora settimanale di lettura della bibbia, accompagno Michael a svolgere alcune faccende, facendomi esaminare la conoscenza dello swahili (moja, mbili, tatu, nne, tano, sita, saba, nane, tissa, cumi, cumi na moja, cumi na mbili…). Mi. e` una persona stupenda, tanto generosa da offrire tutto quello che ha a chiunque ne ha bisogno: e se le cose materiali non bastano ha sempre una risata, o la sua sola presenza, o una bonta` intrinseca disponibili. Non mi stupisce che tutti i bambini e i ragazzi del quartiere lo adorino. Comunque, tornati al centro e merendato con delle specie di ciambelle a forma di mini-baguette, ci vediamo offrire un’altra partita a pallone. Ma l’ora e` tarda e il sole e` calato: sara` per un altro giorno. Oggi.
P.s. Nella lista dei romanzi pseudostorici ho dimenticato Shogun. Non ricordo l’autore, e l’ho letto talmente tanto tempo fa che potrebbe anche essere un libro mediocre, ma ricordo che mi aveva esaltato parecchio.
P.p.s. Le ore che scrivo sono tanzaniane, non swahili.
10.30 pm
Di mattina, come accordato il giorno prima, mi dirigo verso il centro, dal quale vedo uscire Brian. Sta andando a comprare delle *parola in swahili* per colazione, mi va di accompagnarlo? Ci avventuriamo su una collina che costeggia il Themi river fino a giungere ad un tipico villaggio rurale di piccole case di fango. Mi era stato chiesto di parlare degli odori? Be’, quel luogo sprigionava, non so da dove e non so perche`, un profumo mai sentito, che mi sarei aspettato, forse, in uno di quei ristoranti tiratissimi da giacca e cravatta. Respirando a pieni polmoni quell’essenza (non sono nemmeno sicuro che fosse di origine culinaria: magari era dato da qualche fiore o erba, oppure era un’allucinazione sensoriale) raggiungiamo una baracchina non piu` grande di una cabina del telefono dove Brian acquista per pochi shilling delle deliziose frittelle di forma sferica, morbide, saporite e leggere. Al centro, Anna insiste nell’offrirmi una tazza di chai, questa volta alla cannella e al qualcosa-di-piccante, e non vuole che mi stanchi nell’assecondare sempre l’impulso footballistico di Brian. Anna si preoccupa un sacco per tutti, e` come una seconda mamma per chiunque passi dal centro, siano essi ragazzi, suoi fratelli o mzungu venuti da lontano. Intanto Nancy, la cugina cinqueenne di Brian, supera la diffidenza iniziale nei confronti dell’uomo bianco e mi adotta ufficialmente, non lasciandomi e continuando a parlarmi in swahili e in risate. Lingua internazionale, questa: difficile da fraintendere. Si pranza ed inizia la camminata piu` impegnativa che abbia fatto da quando sono arrivato. E non parlo di fatica fisica, ma del fatto che, con Michael, Brian e suo cugino Bryson abbiamo visitato i ragazzi del centro e le loro case. Prima di raccontare, devo segnalare che: -sono perfettamente a conoscenza del fatto che il mondo non e` perfetto, esiste la poverta`, anche in Italia, anche sotto casa mia, e non e` qualcosa di facile da affrontare; -l’urafiki center e` un bel posto, che e’ stato sognato e faticato proprio per aiutare i ragazzi piu` poveri a studiare e stare meglio; -dunque coloro che la frequentano non hanno storie, per cosi` dire, “facili”, che per di piu` mi erano gia` state raccontate almeno in parte; -sapendo tutto questo, sono rimasto lo stesso molto turbato e toccato dal pomeriggio. Da cosa, esattamente?
Dal fatto che Michael (non lo stesso Mi. che mi sta tanto aiutando in questi giorni, ma un ragazzo sui quindici-sedici anni) e suo fratello vivono da soli con il loro padre, ma siccome non possono permettersi un materasso dormono su una stuoia appoggiata sulle doghe del loro letto. E nel loro giardino uno stesso cespuglio dava fiori di sette colori diversi (viola, tre rossi, due arancioni, giallo), ed era di una bellezza disarmante.
Dal fatto che non ho mai visto Frankie senza il sorriso, e non sta mai fermo per piu` di due minuti, anche se e` malato e suo padre e` morto.
Dal fatto che due bambini che non avranno avuto piu` di sette anni dovevano cucinare la cena perche` la madre era al lavoro e il padre non si sa.
Dal fatto che pressoche` nessuno aveva il pavimento, o entrambi i genitori, o la luce elettrica e l’acqua corrente e per accendere il fuoco devono bruciare i sacchetti.
Dal fatto che ho visto un bimbo di cinque anni che badava alle capre, mentre il fratello, non piu` vecchio di me, zappava a mano in un orto, ed io mi crogiolero` ancora per troppo tempo nel caldo abbraccio della scuola, spendendo una vergogna in aeroplani ed altro.
Dal fatto che la guida che doveva portarmi sul Mt Meru, che passiamo da lui che e` sulla strada, mi fa il prezzo di favore perche` amico di amici di solo 400 USD, e mi sconvolge pensare che se volessi potrei permettermelo.
Dal fatto che ci sono tre bambini che vengono cresciuti dalla nonna; siamo arrivati da loro col buio e loro non avevano candele, ma mi saltavano attorno felici –“sono felici, ma come fanno?” Ho pensato.
Dal fatto che mi sono detto “hey, loro sono ricchi!” quando siamo entrati nella casa che aveva l’intonaco, l’armadio, la lampadina e la maniglia alla porta, prima di accorgermi che, accidenti, invece non lo sono.
Si torna cambiati da un giro simile, non si riesce (non si vuole) dormire, si finisce un libro [I figli di Matusalemme, di Heinlein; un fantascienza che parte da una buona idea ma la sviluppa in maniera un tantino mediocre]
Ma un ricordo dolce c’e` stato, a dirla tutta. E` quello della vecchia maasai che ha piu` di 115 anni e che da 70 non va in citta`, vivendo da sola, scrutandomi il braccio per controllare che sia davvero di quel colore cosi` chiaro e ammonendomi severamente: Se vuoi sposare una maasai, devi possedere almeno due tori!
Casa sua odorava di latte e legna, di atavismo, di serenita`. Quella donna sapeva di positivita`.
P.s. Qui e` usanza comune seppellire i propri cari in giardino,
P.p.s. Tornando a casa Mi. dice “tatu pa tatu” (tre per tre) e mi vengono un po’ di ricordi. Un po’ piu` di un po’, in realta`.
p.p.p.s. Ho preso una decisione: lariam goodbye!

20/08
10.00 pm
Stamattina mi sono svegliato di malumore. Sara` il raffreddore, sara` un ricordo ancestrale del mio meteoropatismo europeo, resta il fatto che controvoglia preparo la colazione, lavo i piatti, lavo i vestiti. Passo dal centro, e intanto che Brian si veste controllo la mia mail [mi ha scritto solo la mia mamma, il che non la rende la mamma migliore del mondo, ovviamente, pero` mi ha fatto piacere. I miei nonni pero` potrebbero iscriversi allo specifico concorso]. Non ho tempo di postare niente sul blog, perche` andiamo a casa di Michael. Giovedi` e` il giorno di lavoro nella sua terra. Appena arrivati lui parte per non so dove, e rimaniamo con Loossi (il fratello), il quale poco dopo va a sistemare il suo appezzamento, e Alex, un amico di famiglia che fa un sacco di voci buffe e racconta a Brian delle storielle in inglese. Per fortuna, perche` un’ora di swahili, nonostante il suono di quella lingua mi piaccia parecchio, sarebbe stato pesante. Dopo quel tempo ritorna Mi. con una zavorra di arbusti di patata. [arbusti? rami? inflorescenze? Ignoro il nome esatto, comunque sono quelle piante che crescono sulle patate quando le dimentichi in cantina, per dare l’idea]. Il concetto e` semplice: prendi un arbusto, lo tagli per una spanna di lunghezza, scavi una buchetta con la mano, poggi l’arbusto, lo ricopri. Ne` difficile ne` faticoso. Fa passare il tempo, e alla fine e` ormai ora di pranzo. Mancano i soldi per comprare del cibo, percio` ci procuriamo della cassava. Si sradica un alberello le cui foglie ricordano lontanamente quelle del fico e si tagliano le radici; da queste si leva la terra e la parte piu` esterna. Il tubero bianco che ne deriva puo` essere consumato crudo, bollito o fritto: propendiamo per questa opzione. (Anche crudo e` ottimo, sebbene un po` farinoso; prima o poi, prometto, lo provero` anche bollito). Era da tempo che non mangiavo cosi` tanto, e rimpiansi di non aver portato con me il frutto miracoloso. Chili e chili di cassava fritta (sempre, e` inutile specificarlo, nello stesso olio, ma non puoi essere schizzinoso o salutista se quello nella padella e` l’unico olio che possiedi, no?) accompagnati da una salsa di pomodori, carote e cipolle –tante, tante cipolle. Oi.- tritati, una di spinaci, peperoncini, carote e cipolle –troppe, troppe cipolle- saltati in padella, e infine una di mango e cetriolo. Sembrava di essere tornati alle gare di cucina del reparto, con il fuoco a legna e mille cose diverse. Il gruppo postpranzo si allarga con l’arrivo di Gaston, un ragazzino dall’aria truce, Frankie e Bryson. Sfamiamo i sungura (detti volgarmente “conigli”) di Mi. e ripartiamo per il centro, dove ai piu` grandi spetta la lezione di informatica e ai piu` piccoli, be’, semplicemente tempo libero. Sanno piu` che bene come fare per non annoiarsi. Io chiacchero per un po’ con Anna e le sue sorelle, ma Nancy mi vuole tutto per se`, e mi riempie il pomeriggio tra “spingimi sull’altalena” ordinato in swahili, “smettila di farmi il solletico” in linguaggio della risata e “ti ho rubato la palla!” in un incrocio tra le due lingue. Adoro quella bimba.
Oggi la partita aftersunset non e` stato possibile rimandarla, e ci divertiamo come matti –ma la mia squadra perde in modo vergognoso. Solo piu` tardi, andati via tutti i bimbi e trascinato davanti al maidiregiovedi`swahili, quando mi ritrovo su un divano accanto ad Agata (sorella di Anna) e con addosso Nancy, mi accorgo di essere esausto. E che il malumore e` sparito. Torno verso casa in compagnia di una delle mie due guardie maasai e mi ritrovo due belle sorprese. La prima e` una doccia calda e inaspettata, la seconda una telefonata promessa ed effettuata.
Ok, 10.45 pm: l’ora piu` tarda che abbia visto finora in Tanzania. Buona notte…
P.s. Spero mi perdoniate la lunghezza di questo post.
P.p.s. Ieri mi sono promesso che non mi sarei lamentato mai dell’assenza di beni o servizi. L’ho mai fatto? Lo faro` di nuovo? E` davvero deprecabile come a me sembra che sia?
21/08

La connessione del centro ci ha messo piu` di due ore a decidersi di partire e caricarmi la pagina. Poco male, se c’e` una cosa che l’Africa mi ha insegnato e` che non serve a niente avere fretta.
Comunque domain io e Mi. andiamo a Ngorongoro, un parco nazionale molto importante, e scaliamo Oldonyo L’engai, il vulcano sacro per i maasai.
P.s. Ho trovato due aspetti positivi della cultura occidentale: il primo e` la musica. Per la miseria, mi piace un sacco anche la musica tribale e degli altri paesi; pero` non posso non avere nostalgia del buon vecchio rock. L’altro aspetto lo scrivero` piu` avanti.
P.p.s. L’inverno si protrae, l’erba muore, le mucche muoiono, I maasai muoiono. O rischiano.
P.p.p.s. qualcuno conosce qualche gioco da insegnare ai bambini ed ai ragazzi?

martedì 18 agosto 2009

una settimana!?

17/08
18.30 pm
Non e` solo per gli incubi: il lariam ti affatica, ti fa dolere i muscoli, ti rende sonnolento. Se solo non fosse “uno-a-settimana” potrei fargli capire prima che ho intenzione di piantarlo in asso. (Magari non sarebbe nemmeno questa bomba chimica…)
Comunque stamattina vado di buon’ora al centro dove gioco per un po’ con Brian e vado a fare una piccola spesa con Michael (cibo per la colazione per me, prodotti agrochimici per lui). Facciamo un giro nell’enorme zona riservata al Nane-nane, una festa agricola molto importante che purtroppo, come dice il nome [“otto-otto”] e` terminata quattro giorni prima del mio arrivo. Tornati al centro pranziamo oon ugali ed erbe bollite. A tutti, tranne che a me, vengono serviti dei pescetti in salsa; quando ne chiedo, mi obbligano prima a provarli e poi me ne danno una piccola piccola porzione. Non vogliono credere che mi piacciano. “A nessun mzungu piacciono quei pesci!”. Be’, saro` anche bianco fuori, e i miei capelli non reggono i rasta per piu` di due giorni, ma non mi sento affatto un mzungu. Dopo pranzo guardo un pezzo di telenovelas sudamericana in inglese. Quasi tutti i programmi, se non sono in swahili, sono in inglese, quindi magari e` per questo che lo parlano cosi` bene. Poi con Anna e Michael stendiamo un piccolo programma delle mie restanti quattro settimane: domani citta`, mercoledi` centro, giovedi` aiuto Mi. nella sua terra, venerdi` Mt. Meru. La settimana dopo, invece, Nairobi (ma devo telefonare a Sambuka) e forse Serengeti. Quella successiva arrivera` Mario, quindi vedremo insieme..
Alle quattro di pomeriggio (10 pm secondo l’orario swahili, che comincia alle 6 di mattina) arrivano i ragazzi piu` grandi per la squadra di acrobati e le ragazze per il corso di cucito. Il maestro dei salti e` incredibile, fa salti mortali all’indietro da fermo e roba simile. Anche i ragazzi sono parecchio tosti. Il tutto va avanti per un’oretta e mezza, quindi merenda (al solito chai e arachidi) e partita di calcio. Di solito non mi gusta troppo il calcio, ma siccome mi piace tutto di questa nazione, mi piace perfino giocare a palla..
P.s. [leggete queste righe solo se avete un bel po’ di nomi e i capelli gialli o se siete dei grandi impiccioni] secondo i miei calcoli, in questo momento dovresti essere atterrata da poco. So quanto ti appassiona l’idea di questo viaggio e so che riuscirai a godertelo al massimo; sono certo che, se e quando troverai delle difficolta` di qualsiasi sorta, riuscirai a superarle con serenita`e senza paranoie. Sei una persona forte ed io credo nelle tue capacita`. Buona fortuna e buon cammino, che fa molto scout ma e` la cosa piu` giusta da dire..

20.00 pm
Ho finito Manituana, confermo il fatto che Q era molto piu` appassionante [altri libri meravigliosi di quel genere, ma di altri autori, sono L’Azteco di Jennings, La quarta verita` di Pears e la coppia I pilastri della terra – Mondo senza fine di Follett. Mi spiace per il nostrano Manfredi ma e` un po’ troppo polpettonoso, se mi si passa il termine].
Comunque, ecco un pensiero che mi e` venuto in mente mentre guardavo la savana.
Non mi sembra strano essere qui, e non sento quel brivido da “questo posto e` diverso da ‘casa’ “ che invece mi prendeva davanti ai fiordi, o alle montagne innevate, o a qualche tempio greco, o al mare; il mio corpo trova naturale che il sole segua un circolo di dodici ore per dodici, ed e` anche abituato al cielo coperto di mattina e privo di nuvole il pomeriggio. Forse che ho passato cosi` tanto tempo a desiderare di essere qui che non mi fa specie vedere avverarsi gli oggetti della mia immaginazione? O piuttosto sono gli ottantamila anni trascorsi dalla mia razza in posti simili a questo, al momento della sua nascita e formazione, che hanno impresso un marchio genetico su ogni singolo individuo?
Qualunque sia il motivo, qui mi trovo bene. Mi sembra cosi` normale il mondo attorno a me che sto facendo pochissime foto, non credo di superare il paio di giga. Mica patatine, direte voi, ma in Egitto, in 10 giorni, ne ho riempiti 7; fate un po’ voi le proporzioni!
p.s. Quattro settimane? Sono ventotto giorni. Sembra cosi` poco il tempo a disposizione..

18/08
8.45 am
Mi appresto ad andare al centro per andare a fare un giro in citta`. Ogni mattina, appena sveglio, devo trovarmi un’occupazione qualsiasi (lavare qualcosa, leggere un po’, trascrivere queste parole ecc) per scacciare dalla mente l’angoscia notturna. Ma ieri notte, per la prima volta, ho fatto [anche] un bel sogno, e poco dopo il mio risveglio il mio bel sogno mi ha scritto. Uhm, questa giornata inizia bene!
p.s. La banconota di valore piu` elevato e` di diecimila shillings, e quando ho cambiato i miei iuris mi hanno rifilato tre chili di carta

12.20 am
Il "giro in cittta`" e` appena terminato. Poco dopo la partenza, ancora su Njiro road (la strada che dal nostro quartiere porta in centro) e` finita di nuovo la benzina, cosi` io Anna e Br. abbiamo aspettato Mi. ascoltando radiomariaswahili. Un giretto nel vastissimo mercato coperto, uno nel quartiere arabo (uno dei loro monumenti nazionali e` una sorta di grosso treppiede, piu` basso di una casa, al centro di una rotonda. Mi avevano detto che non avevano costruzioni importanti, ma non mi aspettavo una cosa simile..) Ora aspettiamo Anna fuori dall'internet point, che al centro, dicono, non funziona.
P.s. vendono il latte in sacchetti
P.p.s. io non rileggo quasi mai quello che scrivo, quindi se ci sono degli errori non e` colpa mia ma della mia pigrizia, ecco.

2.20 pm
Ho aggiustato la connessione del centro.

domenica 16 agosto 2009

Cerimonia

15/08
8.25 pm
PROLOGO. I fatti sono questi: il Lariam causa incubi. Ieri sera ho preso il Lariam. Ho passato la notte successiva a svegliarmi in agitazione perche` avevo sognato ******. La conseguenza piu` logica e` che sia il mio peggior incubo, non e` cosi`?
Ora posso iniziare il racconto della giornata, che e` stata forse la piu` intensa da quando sono qui [e grazie tante, direte voi, sei li` da soli 4 giorni; ma se non vi convince la motivazione che questi 4 giorni a me siano parsi 4 mesi, allora vi diro` che e` stata tra le piu` intense di quest’estate, siete contenti?]. Mi sveglio prestissimo, perche` alle otto dobbiamo essere al villaggio di Mi. per l’inizio della cerimonia. Mi. passa a prendermi alle otto e mezza, ma non e` un problema perche` appena arrivati ci troviamo con un sacco di tempo a disposizione –non erano ancora iniziati i preparativi, giusto per intenderci. Cosi` facciamo colazione (pane, burro di arachidi e margarina con chai al ginger e qualcosa che suonava come sunbeam al latte. [dubito fortemente che abbia bollito il latte per il mio delicato pancino occidentale, ma non e` l’infrazione piu` grave ai consigli delle guide turistiche che abbia compiuto quest’oggi]), andiamo a guardare le scimmie che vanno al fiume e i cani che le inseguono ed incontriamo Adam e Loossi, fratelli di Mi., con i quali ci rechiamo verso i preparativi. In un vero villaggio maasai, abitato da veri maasai vestiti con veri shuka maasai, gli uomini tagliano e arrostiscono la carne [i buoi sono stati soffocati e dissanguati ieri notte, e a dire la verita` mi e` dispiaciuto non assistere alla scena] mentre le donne preparano banane, mais , riso e altre verdure. Assaggio la carne di toro che, durante la cerimonia, sara` riservata ai capissimi e riparto per una passeggiata. In un bugigattolo all`aria aperta ci fermiamo per delle sodas e una kili […manjaro, birra deliziosa]. Dei bambini che giocano con il bastone e la ruota ridono fissando lo mzungu che li fissa. Nel giardino di alcuni amici assaggio un’anguria appena raccolta [lo ammetto, senza lavarmi le mani e senza sciacquare il piatto dal quale mangiavo] che era una vera delizia. Andiamo ancora in cerca di scimmie, ma invano; tuttavia trovo delle bacche che Mi. mi dice di conservare, perche` se tenute in tasca durante il pranzo aiutano la digestione. Devo ammettere che e` vero. Appena tornati al campo (che nel frattempo si era riempito di persone) fotografo un gruppo di donne maasai in costume caratteristico (penso che per loro fossero vestiti usuali) ricevendone urla in non so quale lingua: dalle risate di Mi. deduco che pensavano volessi vendere le foto fatte durante quel giorno, percio` affido la macchina a lui per evitare situazioni simili… Entriamo nella casa di un amico, dove assaggio un alcoolico maasai fatto con banana, miglio e miele [molto buono e molto forte, ma bisogna sputacchiare le fibre]. Quindi inizia la cerimonia: un gruppo di maasai esce dal villaggio saltando e cantando; un altro, carico di vettovaglie e bevande, gli viene in contro nella stessa maniera. Il primo si volta, raggiungono il centro del villaggio e insieme, formando un cerchio, urlano e si agitano. Quindi si dividono in due gruppi, maschi e femmine, continuando nella stessa maniera. Gli uomini entrano in una capanna per il rituale vero e proprio, le donne danzano fuori. Poi si pranza, in ordine di potere/anzianita`, a base di poltiglia di mais, stufato di banana, riso e carne (tutti cibi di altre tribu`, poiche` i maasai si nutrono solo dei prodotti delle loro mandrie). Ora cominceranno a bere e andranno avanti a saltare e cantare tutto il pomeriggio, mi dice Mi., cosi` decidiamo di tornare verso casa sua e avere un altro pranzo, a base di chapati, fagioli stufati, patatine fritte. [solitamente si mangia in piu` di uno dallo stesso piatto, prendendo il cibo con le dita; questa volta avevo il mio proprio piatto]. Loossi, il fratello, mi regala una schuka, e andiamo a cercare la parrucchiera del villaggio perche` volevo farmi qualcosa ai capelli. Ha da poco iniziato a fare le treccine a una signora, cosi` andiamo a tambasiare in giro (la fanta ha un sapore decisamente diverso da quella nostrana, e anche il biliardo e` piu` divertente). Arriviamo in una zona dove i bianchi non sono soliti trovarsi [oggi ho visto un solo musobianco in tutta la giornata. Il mio obiettivo e` passare un intero giorno senza vederne nessuno, magari a parte quel brutto ceffo che mi fissa mentre mi lavo la mattina (lo so che quando ero in montagna ho passato piu` di un giorno senza vedere nessun essere umano, di qualsiasi colore, ma io voglio vedere delle persone –che non siano bianche.)], e dove si trova la scuola che fu di tutta la famiglia di Mi. Tra una cosa e l’altra si sono fatte le sei, e torniamo dalla parrucchiera: per la strada incrociamo fiumi di maasai ubriachi che ci salutano con “jambo!” e ci chiedono soldi..[jambo e` il saluto amichevole, sinonimo di mambo (“come stai”). Per i piu` anziani bisogna invece usare shikamu]. Raggiunto il negozio (che non e` un negozio, ma il cortile di una casa con una stuoia per sedersi) aspettiamo una mezz’oretta, la signora di prima finisce di farsi torturare e paga [5000 lire per quasi tre ore di lavoro.. mi spiace Mari, non so esattamente la cifra ma penso tu abbia speso molto di piu`!] e inizia a lavorare su di me, continuando fino a notte fonda (il che vuol dire per circa un’oretta). Cosi` ora ho i rasta (non i dread alla Bob, solo quelle specie di treccine divise in righe che fanno molto gangsta). Un po’ di persone (Mi., una delle sue sorelle, Jacob –un ragazzo del centro, ecc) mi accompagnano ridendo e chiaccherando verso casa, mentre attraversiamo i soliti ponti di tronchi ormai familiari. E` quasi un’ora che scrivo, e mi chiedo se continuero` a raccontare cosi` minuziosamente ogni singola giornata. Probabilmente uno di questi giorni scrivero` delle riflessioni sugli odori, i geni, il sentirsi a casa e cose cosi`.
P.s Ho iniziato Manituana, dei Wu Ming: penso che ci impieghero` un po’ di tempo a finirlo.
P.p.s. Andare al supermercato e trovare l’acqua della sanpellegrino e` quanto meno sconfortante.

16/05
7.35 pm
Su oggi non c’e` molto da raccontare, perche` non ho fatto un granche`: avevo appuntamento di mattina con Michael, ma un suo messaggio mi dice che non puo` venire perche` deve lavare i vestiti. Cosi` decido di imitarlo, ma la corrente va via dopo poco tempo e cosi` devo finire a mano cio` che la lavatrice aveva iniziato. Pranzo al centro, con stufato di banana e fagioli, prima di tornare a casa per leggere e pensare attorno a un’idea parecchio interessante che mi e` venuta per un possibile racconto. Verso le cinque Brian e Jonas (uno dei ragazzi del centro) mi invitano li` a giocare a one-touch, sorta di porticine, per piu` di due ore. Mi sbuccio un ginocchio. [penso di non essermi sbucciato un ginocchio giocando sull’erba da… be’, da tanto]. Tornato a casa faccio una doccia [fredda, perche` lo scaldabagno c’e` ma, se ho capito come funziona, cosa non del tutto ovvia, allora non funziona. Poco male, mi abituero` al freddo].
P.s. Che palle il lariam, non dormo decentemente da un sacco di tempo.
P.p.s. Mi e` stato chiesto di parlare degli odori. Come posso descrivere il profumo della polvere rossa che si deposita sulle scarpe e sui pantaloni; o quello della frutta fresca, ancora prima di aprirla, che e` piu` intenso di quello dei nostri frutti gia` sbucciati; o l’odore di incenso che si solleva dalla legna che brucia sotto il pranzo di qualcuno; o un sentore simile a quello delle torte che il vento ti porta da lontano mentre cammini in una foresta di banani?
P.p.p.s. Manituana e` quasi finito. Adoro quel tipo di romanzi (anche se Q era molto piu` esaltante).

venerdì 14 agosto 2009

leo saba

13/08
8.20 pm
Appena tornato a casa di Mario mi sono reso conto di aver scritto un miliardesimo di quello che avrei potuto scrivere su questi luoghi. Anzi, me ne sono reso conto appena uscito dall’internet point. Non ho scritto di quanto e` straniante vedere le stelle nei posti sbagliati, e riconoscere (forse) la croce del sud; non ho scritto dei veicoli con scritte religiose (god is able, Jesus 4 life..) che riempiono le strade; non ho scritto dei rumori della notte, che un sito internet consigliava di occultare con opportuni tappi per le orecchie all’occidentale che preferisce il camion alla capra e il clacson alla cicala; ho come l’impressione di non aver scritto dell’Africa.

14/08
3.10 pm
Stamattina, verso le 8.30, sono andato con Mi. e Br. in un mercatino caratteristico di cianfrusaglie, curios e altri souvenir (tutta roba stupenda), passandoci un sacco di tempo. Siamo arrivati davanti al museo ma il biglietto per gli stranieri era troppo expensive (e non hanno creduto al fatto che fossi tanzaniano), quindi siamo andati al rettilario poco fuori citta`, che ospita molti serpenti locali (pitoni, black mamba, cobras..), tartarughe e perfino coccodrilli del Nilo. Un serpente testa-a-punta-di-freccia restava immobile a fissare il dito che gli si muoveva dinnanzi. C’era anche una sorta di museo/villaggio maasai, ma puzzava un po’ troppo di turistico.
Ricordate quando dissi che le strade sono sicure? Oggi ho fatto il mio primo incidente della mia vita (abbiamo paccato una macchina mentre la sorpassavamo, niente di piu`, non si vede nemmeno la botta), ma lo ritengo una cosa curiosa [ah, qui guidano a sinistra].
Tornando verso la citta`, mentre osservavo la savana, e` apparso dal nulla il monte Meru, il vulcano spento che sovrasta Arusha. E` parecchio imponente, e mi ha ricordato tantissimo il giorno in cui sono salito sull’Etna: avevo appena saputo di essere stato bocciato, ma nonostante cio` e` stato il primo dei dieci giorni piu` felici che abbia mai passato. [L’ultima frase in prosa e in assoluto scritta da Fernando Pessoa, uno dei miei poeti preferiti, e` stata “I do not know what tomorrow will bring”. Solo che lui l’indomani e` morto.]
In citta` abbiamo pranzato con polenta bianca (ugali) e nyama choma (la carne alla griglia della prima cena) [adoro i chiasmi], prima di dirigerci verso casa. A meta` strada e` finita la benzina, e ora sto scrivendo qui sul furgoncino, aspettando con Br. il ritorno di Mi. che e` andato a fare rifornimento.
P.s. a volte dei serpenti entrano nelle case, ma tanto si possono uccidere. E le scimmie possono camminarti sul tetto.
P.p.s. stamattina era nuvoloso. “piovera`?” “no, e` settembre, non piove fino a novembre.” E infatti di pomeriggio e’ uscito un caldo che spaccava le ginocchia a meta`.
5.00 pm
Sono a casa di Mario per mettere giu` la spesa, mettere queste parole sulla chiavetta e ripartire. Dopo aver fatto benzina siamo andati a fare un giro nel quartiere ricco, ma non so perche`, e a fare una piccola spesa [una bibita in lattina di una multinazionale: 400 schiling. Bere una fanta all’ananas: priceless]. Domani andro` con Mi. a vedere una importante cerimonia maasai, dove soffocheranno cinque tori e ne berranno il sangue caldo (qualcuno viene nominato qualcosa, non ho capito bene), mentre sara` ferragosto. E quindi il compleanno di Nadia, tanti auguri!
Invece stasera dovro’ prendere la mia terza pastiglia di lariam. E` incredibile pensare che solo una settimana fa eravamo ad Aigues Mortes. Comunque probabilmente se mi sento spesso stanco e faccio dei sogni assurdi e` anche colpamerito sua., e considerando che non sto usando autan o zanzariere e che esco di sera a mezze maniche ma finora sono stato punto solo da una zanzara (credo fosse una zanzara) potrei smettere di intossicarmi.
P.s. Mi hanno fatto notare che venti ore in tre notti sono normali da dormire, e in effetti quelle che avevo dormito io non superavano la decina. Questo dimostra che non so fare calcoli a spanne a mente.
P.p.s. Quante zanzare anofele femmina infette ci sono ad Arusha nel periodo secco?


7.20 pm
Usciti dalla casa di Mario dovevo buttare la spazzatura, che e` stata presa e gettata in un fosso senza troppi problemi. Il posto dove vive Mi. e` un villaggio che fu maasai ma ora abitato da varie delle 120 tribu` della Tanzania, con frutti buonissimi e pesci pescabili e mucche e la mia prima scimmia selvatica e ponti costruiti da loro stessi e la foresta tropicale e migliaia di altre cose indescrivibili. Domani sara` una giornata memorabile.
P.s. Un maasai deve uccidere un leone maschio (vietato sparare) e consegnarne la testa alla sua promessa sposa prima di poterla maritare
P.p.s. Why am I a mzungu?
P.p.p.s. e perche` nonostante questo mi sento piu` sicuro a camminare di notte (le sette e mezza qui sono considerabili notte) in un quartiere povero e senza luci di Arusha piuttosto che per le strade di Bergamo?

Ale (che aspetta delle telefonate)

giovedì 13 agosto 2009

primi giorni

11/08/09
10.00 pm

Stamattina siamo andati a letto verso le 4, non mi andava di dormire; trovo che sia una perdita di tempo piuttosto significativa, soprattutto in momenti come questo. Circa tre ore dopo gia` uscivo di casa, salutando mio padre e Vale, che rimane a dormire a casa mia. Mia madre, Marina e i neotrovati Paguz e Elia mi accompagnano all’ormai piu` che familiare BGY. Routine della partenza, ma inaspettatamente il volo per Francoforte Hahn si rivela uno dei piu` suggestivi che abbia mai fatto, con il passaggio sul lago di Como e il valico delle Alpi innevate [per inciso, altri voli memorabili sono stati Roma-Cairo di meno di un mese fa, il quale aveva sorvolato per un bel po’ il Nilo e le piramidi di Giza; Roma-Orio di dieci giorni dopo, che per la prima volta nei miei voli capitolini e` passato sopra Colosseo, Vaticano ed altri monumenti; Catania-Orio di due anni fa, per la compagnia come per il vulcano fumante e tante altre cose meravigliose].
Comunque nella terra dei tedeschi il tempo e` pessimo, piove e fa freddo; inoltre Hahn e` un postaccio, un buco periferico con una striscia d’asfalto per aeroplani. In novanta minuti raggiungo il Frankfurt International Airport, uno dei piu` grandi d’Europa (ci metto venti minuti a trovare e raggiungere i desk della Condor), ma per colpa della germanica efficienza in un istante mi ritrovo davanti al mio gate, pronto a partire. Solo che e` mezzogiorno, e l’imbarco comincia alle sette e un quarto. Pranzo e passeggiata si prendono una mezz’oretta, mi ritrovo con un pomeriggio da riempire. Mentre continuo l’ascolto in ordine alfabetico delle 3181 canzoni del mio mp3 riesco ad iniziare e finire due libri: uno e` I dolori del giovane Werther, di Goethe, veramente meraviglioso, anche se a volte eccessivamente Sturm und drang; ma gia` sapendo che mi ci sarei riconosciuto tanto quanto, a suo tempo, ne L’isola di Arturo l’ho letteralmente divorato, quasi l’avessi scritto io e dovessi solo controllare se per caso mancasse qualcosa. L’altro libro e` La morte di Ivan Il’ic di Tolstoj, che ho trovato molto toccante e commovente. Anche in questo caso si possono ritrovare un sacco di riflessioni sulla vita, la morte, il rapporto con le altre persone e con se stessi che sembrano partoriti dalla propria mente.
Per di piu` tra un libro e l’altro riesco pure a schiacciare un pisolino, che non e` poi cosi` tremendo il dormire in aeroporto. Ora scrivo queste parole sull’aereo, penso di essere sopra la Calabria ma il mondo e` oscuro (che novita`!). Sono ansioso di arrivare.
P.s. Il fatto che il cibo degli aerei sia pessimo e` un falso mito; e` ben piu` che passabile. Invece il dormire e` veramente poco piacevole.
P.p.s. Non so se scrivero` cosi` tanto ogni giorno, ma ero particolarmente in vena di scrittura.

12/08/09
10.30 am

Il volo e` andato tutto bene, anche se alle tre di notte si sono accese tutte le luci e i segnali di allacciare le cinture, perche` l’aeroplano ballava non poco (ma si era troppo stanchi per aver paura, e non si sono nemmeno aperti i distributori di ossigeno..). Atterro alle cinque e mezza ora locale, [la Tanzania e` avanti solo di un’ora, ma ero convinto fossero almeno due; probabilmente e` per l’ora legale] e` ancora buio e un pochino nuvoloso. Aspetto che la folla di safarimen si disperda ed esco ad aspettare Anna e Michael. L’alba e la luce del giorno arrivano in un attimo, e si percepisce fortemente di essere in un mondo nuovo. Anche solo per gli uccellini che becchettano attorno ai carrubi, cosi` diversi dai nostri passerotti.. Poi, arrivati An. e Mi. con un ritardo non fastidioso (the african way!), si parte per Arusha, 50 km di distanza: tutto e` cosi` simile ed insieme cosi` diverso da casa, dalla gente che cammina per strada (ci sono parecchi Maasai. Persone stupende, dentro e fuori) agli alberi tropicali (ma dai!) ai pali della luce in legno a scarpe che pendono dai fili elettrici (ignoro il motivo); An. compra un po’ di frutta, delle uova e del latte per me, ed e` tutto cosi` meravigliosamente.. rurale! A mia insaputa mi compra anche la sim card, e poi raggiungiamo la casa di Mario. Fissiamo l’appuntamento verso le 10.30 affinche` possa riposare, quindi mi appisolo, disfo i bagagli e scrivo queste parole.
Si comincia.
P.s. Il mio nuovo numero e` 00255-0769-276377, ma non funziona ne` in uscita ne` in entrata. Nemmeno la mia sim vecchia sembra funzionare, domani cerchero` di scoprire il perche` (magari serve un prefisso continentale oltre al solito 0039)

9.00 pm
Scrivo queste parole dal computer di Mario, domani copiero` tutto su internet dall’Urafiki Center. Stamattina, poiche` alle 11 non era ancora arrivato nessuno, mi sono appisolato di nuovo, per svegliarmi verso le 2 con Michael e Brian in casa; quindi insieme ad Anna, una loro sorella e una loro zia siamo andati in citta` per portare dei mobili in un magazzino, chiaccherando allegramente in swahili (loro) e fissando stupefatto il mondo (io). Quindi, cambio un po’ di soldi [il tasso di cambio e` uan iuro per milleottocentoqualcosa schilling, cosi` non devo far altro che ricominciare a pensare in lire. In Egitto invece dovevo dividere tutto per sette virgola ottoequalcosa] carichiamo e scarichiamo sorelle e conoscenti vari, facciamo una piccola spesa al supermercato e si sono fatte le sette meno un quarto. Il sole tramonta. Io, Mi. e Br. ceniamo in un una sorta di pub con della carne arrosto salata terribilmente squisita prima di visitare velocemente l’Urafiki Center. Tra poco andro` a letto, anche se a casa sono le otto di sera, perche` non ho dormito piu` venti ore nelle ultime tre notti.
P.s. In alcune zone di Arusha, soprattutto nel quartiere della casa, la gente per strada mi fissa. Ho capito il perche` quando anche io mi sono stupito di vedere camminare due bianchi per strada –erano cosi`..fuori posto, you know?
P.p.s. A proposito, oggi pomeriggio ho ricominciato a pensare in inglese. L’Egitto aveva richiesto tre giorni, la Tanzania poche ore.
P.p.p.s. A proposito 2.0, le strade, sebbene siano principalmente di terra battuta, non sono troppo sporche. Polverose all’inverosimile, lo concedo, ma se paragonate a quelle italiane mostrano soltanto un poco di sporcizia in piu`. Quelle Cairote, al contrario, erano veramente zozze. E anche il loro modo di guidare, sebbene sulla sinistra (ma ci si abitua in fretta) e` moltro piu` tranquillo di quello egizio. Almeno qui non avevo la certezza di morire. Un’ultima differenza e` che qui ho visto solo tre poliziotti (di cui una donna), mentre al Cairo superavano di numero i passanti (ed erano tutti uomini).


13/08/09
7.10 pm
Stamattina ho dovuto riposarmi forzatamente, costretto da Anna. Percio` ho letto tutto L'onore perduto di Katharina Blum, di Boll, che ho apprezzato moltissimo essendo il primo libro scritto in questa maniera che leggevo -o, almeno, il primo di cui ho memoria. Inoltre riesco a scoprire perche` il telefono non funzionava: devo aggiungere un altro zero davanti allo 0039 (e viceversa per voi, dovete scrivere 000255). Ho appuntamento con Michael alle 12, ma arriva alle 14.20 (fortuna che prima ho mangiato delle banane, le piu` buone di sempre; e una arancia, la piu` buona di sempre; e una papaya, la piu` ..be', ci siamo capiti. Comunque con Mi. e Brian vado all'Urafiki Center, dove tento invano di usare internet. Poi conosco tutti i ragazzi, giochiamo a pallone, do loro i regali e ne ricevo una dimostrazione della squadra di acrobatica. Poi merenda con arachidi tostate e chai (te` molto dolce), prima di arrivare qui all'internet point per finalmente postare questo primo intervento.
P.s. L'urafiki center e` una sorta di scuola e di centro di ritrovo per i bambini di questo quartiere -e non solo-, fondato da Mario, figlio di un'amica di mio nonno, e gestito soprattutto da Anna e Michael, lei insegnante con un figlio (Brian) e lui tuttofare con licenza di guida per safari.
P.p.s. probabilmente scalero` il monte Meru
P.p.s. Su queste tastiere non esiste l'accento, non ho disimparato a scrivere..

Ale