martedì 15 settembre 2009

Guerra illustre contro il tempo

14/09
10.05pm
Accidenti di quanta roba devo ancora scrivere, e quanta poca voglia ho di farlo adesso. Ma, ho pensato, se non ho materiale da pubblicare domattina, considerando che certamente non avro` tempo, durante la giornata, per scrivere, dovreste aspettare quantomeno il pomeriggio di giovedi`; anche arrivando la sera di dopodomani, infatti, non credo riuscirei a trascrivere e postare alcunche`. Tutta questa spataffiata per farvi capire che mi sto privando di importantissime ore di sonno per non farvi attendere troppi giorni. Considerate, in ogni caso, che se la corrente salta di nuovo o mi stanco troppo tagliero` di netto il racconto. Cominciamo.
Dopo aver fatto quelle cose di cui ho accennato precedentemente, ieri mattina sono andato al centro verso le dieci, dove ho trovato solo Anna che cucinava lavava spazzava nutriva gli animali, mentre Br. era andato a messa da solo. Entro pochi minuti Mi. e Lawrence fanno la loro comparsa, con gli occhi abbastanza rossi e la ridarella facile. Capisco che sono ancora un tantino brilli dal fatto che parlano tra loro in inglese, come ho notato fanno parecchie persone da queste parti; siccome il giorno prima non erano riusciti a presenziare alla camera ardente, spetta loro la visita mattutina. Li accompagno solo dopo essere stato assicurato che non e` un momento riservato ai familiari ma un angolo di ritrovo per tutto il vicinato, i conoscenti e chiunque sia a conoscenza dell’accaduto. Lungo la strada mi raccontano la serata che hanno passato: sono stati tutta la notte al m.c., pieno di wazungu e gente che ballava, quando alle cinque di mattina hanno riportato a casa Loosse e il suo amico; quindi sono andati a ritirare l’altro vain, hanno cambiato la sua ruota e sono arrivati al centro senza dormire nemmeno un minuto. A casa di Mi. facciamo colazione con del pane dolce cucinato dalla sua ragazza, mentre cercavano di spiegarle in inglese che si puo` essere milionari anche non avendo soldi in tasca, e che in qualche modo questo procura la carne per il pranzo. Ma lei rideva e fingeva di dormire. La camera ardente e` una serie di poltrone e divani, privati dei cuscini e dei materassi, disposti in giardino e pieni di gente che chiacchera, gioca a carte e si gode il sole. Un vecchietto tenta di persuadermi che per stare li` devo donare dei soldi, mi vengono presentati dei cugini del fratello di qualcuno e vengo sbattuto su un sedile. Per quanto ne sapessi il legno europeo e` un pessimo conduttore, ma ho scoperto da tempo che in Africa non valgono quasi mai le stesse regole, ed inizio a sudare cullato dal chiaccherio di sottofondo. Quando stavo per appisolarmi possiamo ripartire per la salvifica ombra di un barettino poco distante, che e` ormai terminato il periodo necessario ai vari convenevoli, o forse ne inizia uno nuovo, o chissa` per quale motivo ce ne siamo andati proprio in quel momento. In ogni caso ben presto si unisce a noi Adam, il fratello di Mi., e poco dopo anche Loosse. In quell’istante, nello stesso bar in cui, con le stesse persone, avevo aspettato l’inizio della cerimonia maasai quattro giorni dopo il mio arrivo, sentivo che il cerchio si stava chiudendo. Il serpente che si morde la coda e` sempre stato uno delle mie immagini mitologiche preferite, e mi da parecchio fastidio non ricordarne il nome tecnico. Era qualcosa Ouroboro o qualcosa di simile, mi pare. Pero` e` proprio divertente vedere come si prendono in giro a vicenda, ridendo e mischiando due lingue, tre fratelli e un cugino che escono insieme per una birretta. Tant’e` che ormai abbiamo fatto quasi l’una, e dobbiamo ripartire in fretta. Una pausa a casa di Mi. per lasciargli il tempo di lavarsi e cambiarsi, mentre Law. si addormenta sul divano di Adam e io gioco con Nancy a tirarsi dietro un foulard, senza capire se dovessi colpirla o mancarla. In ogni caso scoppiava a ridere tanto forte da far fischiare le orecchie. Ormai sono le due quando con i cugini raggiungo il centro, dove ingoio qualcosa per pranzo e carichiamo tutti i ragazzi sul vain, diretti ad una sorta di parco zoologico poco fuori citta`. Per la benzina uso la mia ultima banconota, quindi ci fermiamo ad un ATM per prelevare qualcosa, considerando che l’indomani ne avrei avuto un gran bisogno. Digitato il pin, lo schermo mi invitava gentilmente a scegliere il mio servizio tra una vasta gamma di opzioni che spaziavano da “ritira la carta” a nient’altro. Una parolaccia contro la tecnologia, nemmeno troppo volgare a dir la verita`, e gia` si dimentica il dio denaro, rimandando ad un altro tempo un problema non risolvibile in quel momento. Ho notato che e` una strategia piu` che eccellente. Il parco e` una propaggine di un albergo, e l’ingresso, che costa una miseria, introduce ad un ristorante che doveva costare migliaia di euro a portata e pieno di giapponesi ripieni da una parte, e ad una serie di gabbie per animali dall’altra. Nella prima una grossa velvet monkey sgranocchia un frutto grattandosi insolente il grosso sedere; in quella di fronte un coccodrillo del nilo non si accorge che la partita di Bella statuina e` terminata da un pezzo e continua a fingersi di plastica, rivelando di essere vivo solo attraverso gli occhi crudeli. Piu` avanti una gabbia che quella sorta di elegante ed enorme ibis detto crowned crane presente sulla bandiera dell’Uganda condivideva con una fierissima aquila che, zampettando per terra, ricordava una gallina particolarmente grassa. Ed e` inutile, mia cara, che sbatti le ali o muovi il collo a scatti; questa rete ci rende coraggiosi. Un muretto infine ci separa da una decina di grossi istrici bianchi e neri dal musetto di talpa e dall’andatura di anatra. Dovevano essere dei tipetti particolarmente nervosi, perche` quando qualcuno ha lanciato un sassolino accanto ad uno di quelli e` letteralmente esploso in un nugolo di rigidi spuntoni con un fracasso inaspettato. Ci dirigiamo dunque in un’altra zona di quel posto, dove una piccola barriera in pietra ci stacca da un prato piu` basso di un paio di metri e ricco di zebre, struzzi, oche egiziane e, vicinissimi a noi, una coppia di common eland maschi, paciosi simil-gazzelle che possono diventare piu` grossi dei bufali. Qualcuno tra i ragazzi si siede sul muro a giocare a dama, qualcun’altro cerca di attirare –invano- l’attenzione degli struzzi o delle zebre, che sculettano via piuttosto seccate, altri si dedicano agli eland. [Piccola digressione sulle zebre: a me piacciono ed affascinano molto, ma sotto sotto mi stanno terribilmente antipatiche. E` anche a causa della loro codardia che l’europa ha conquistato l’africa e non il contrario. Per le motivazioni rimando ad Armi, acciaio e malattie di Diamond. Per chiunque voglia avere una visione un po` diversa di se` stesso e di cio` che lo circonda.] Torniamo al gruppo dell’eland, che risulta vittorioso: uno dei due si avvicina interessato, si lascia nutrire e toccare il muso, le corna, la fronte; non si offende per le urla spaventate di qualcuno dei piu` giovani e lecca con linguate raspanti e viola le mani dei piu` temerari. Dopo aver espiantato meta` del prato circostante iniziamo a cercare qualcos’altro da fare, che alla fin fine non e` cosi` diverso dalla mucca. Pertanto scaliamo un cactus grosso come un albero, scendiamo una piccola gola diretti verso un torrente ed iniziamo a giocare con l’acqua. Io e Fr. camminiamo tra cespugli tropicali appicicosi e pieni di ragnatele finche` non troviamo un albero caduto che conduce sull’altra sponda; mostrando inaudite doti di equilibrista riesco ad attraversare il corso senza particolare difficolta`. Tuttavia, quando raggiungiamo il punto dove tutti erano raccolti, scopriamo che e` tempo di risalire e tornare verso l’ingresso. I ragazzi mi invitano a togliermi le scarpe e guadare, come loro, a piedi, ignorando evidentemente l’esistenza della schistosomiasi o come diamine si chiama il vermetto che entra sotto pelle nei corsi d’acqua tropicali. Faccio un veloce calcolo a mente: il troncoponte e` troppo lontano; sono stato punto da zanzare, formiche e mosche tsetse di tutti i tipi e dimensioni; di solito non becco malattie o altre cose strane, e riesco sempre a farmele passare in fretta; se cammino solo sulle rocce non dovrei avere problemi. Gia` quest’ultimo punto si rivela fallimentare, poiche` metto un piede in fallo e lo pianto nella fanghiglia. Ma mi importa poco se non me ne frega niente; non guadavo un fiume a piedi nudi da piu` di due anni [sorgente dell’Enna, presso il ponte di Lavina, valle Taleggio, estate 2007] e ci stiamo tutti divertendo tantissimo. Ritorniamo presso il prato per salutare gli animali e incrociamo il momento della distribuzione del cibo, con i crowned crane che si pavoneggiavano contro le oche egiziane ma che erano spaventati dagli struzzi e i quadrupedi che non capivano il motivo dell’agitazione di tutti quei dannati pennuti che non mi lasciano brucare in pace. La guardia all’ingresso, mentre usciamo, ci regala delle piume di struzzo. I ragazzi si sono divertiti come non mai in quest’ultima domenica, e questo mi ha reso davvero contento. Ci salutiamo ancora ignorando il programma dell’indomani, che mi appresto a preparare con Anna. Ne stendiamo due, a causa di un’incognita incombente. Se il funerale della zia verra` fatto di mercoledi`, allora il lunedi` sara` dedicato a salutare i bambini della scuola e allo shopping, mentre il martedi` al preparare i bagagli e fare una grossa festa con i ragazzi piu` grandi. Se, al contrario, il funerale sara` martedi`, allora dovremo shoppingare lunedi` mattina, fare festa con tutti il pomeriggio e incastrare in qualche modo tutti gli impegni del giorno dopo. Mentre Anna va ad informarsi dalla sorella, torno a casa per una doccia al buio e rientro al centro insieme alla corrente elettrica. Spedisco un paio di e-mail e ceniamo. La notizia arriva, funerale martedi`. Tornato a casa scrivo, come sapete fino a mezzanotte. Lunedi` sara` veramente pieno.
P.s. qui finiscono gli appunti che ho preso ieri sera; adesso sono le 11.25pm, e credo proprio che non scrivero` adesso riguardo ad oggi. Non solo non voglio terminare all’una, ma lo considero il primo degli ultimi giorni e voglio che siano tutti insieme.
P.p.s. Ho finito il Principe di Machiavelli. Considerando che e` uno dei miei pensatori preferiti in assoluto, ritengo questo libro uno dei migliori manuali di etica allegorica che esistano, e penso che siano veramente poche le persone che hanno appreso pienamente, nel corso della letterattura, il messaggio che il Segretario voleva trasmettere; da Hegel in poi, credo. Perche` le cose stanno cosi`, e quindi e` inutile parlarne come se il mondo fosse migliore di quanto e`.
P.p.p.s. Una manciata di punti a chi invece indovina questa, di citazione.
Ale

domenica 13 settembre 2009

Back to school (Pt2) [AKA leo nane]

13/09
10.00am
In questi ultimi due giorni non ho avuto un secondo libero per scrivere, sebbene abbia avuto alcuni momenti in cui non ho fatto niente. Ma lasciate che racconti.
Venerdi` mattina era una bellissima giornata di sole, ed ero tanto stanco da non volermi alzare dal letto. Percio` mi sono alzato in fretta, per fare cose che mi rendessero almeno altrettanto stanco la mattina dopo. Al centro, siccome mancava la corrente non ho potuto pubblicare l’intervento che avevo preparato la sera prima. I bambini erano particolarmente esplosivi, e ad un certo punto, essendo Anna uscita per una commissione urgente, mi sono ritrovato da solo a guardia di quello sciame di bestioline che mi faceva spingere due altalene insieme, faceva finta di non capire che non capissi lo swahili e mi singhiozzava il motivo o la persona che li aveva fatti piangere. Finalmente iniziata la lezione posso andare con Mi., che nel frattempo mi ha raggiunto, verso Njiro road per prendere il dalla-dalla fino in citta` in cerca di qualche cd. Il negozio gestito da un suo amico e` chiuso, pertanto attraversiamo a piedi strade piene di studenti islamici in libera uscita, poiche`se la scuola sa che sei musulmano hai il permesso di recarti alla moschea, diretti verso un quartiere quantomeno pittoresco, con maasai che vendono il loro tabacco tradizionale, da tenere tra il labbro inferiore e gli incisivi che si mescolano con arrostitori di pannocchie, carretti trainati a mano pieni di scarpe, vestiti, frutta e gente che si limita a chiaccherare animosamente per passare il tempo. In un baracchino che assomigliava ad un tabaccaio sfogliamo una serie di cd, tutti regolarmente masterizzati e con le copertine fotocopiate, ma decidiamo di non fidarci per i troppi errori di battitura nei nomi degli artisti e delle canzoni. Procediamo sempre a piedi passando accanto a dei giardini pubblici con dentro numerose tombe (o un cimitero senza recinizioni ed adibito al passeggio), dove incrociamo numerosi venditori di bilancie di vario tipo; piu` avanti entriamo nello stadio municipale, il quale, se non sono previste partite, e` aperto a chiunque voglia allenarsi, correre o sdraiarsi sull’erba. Finalmente arriviamo a una zona di lunghi caseggiati composti da minuscole stanzine nelle quali si vendono le piu` svariate mercanzie: in questo parti usate di automobili, in quello ciabatte, in quell’altro stereo e televisori. Entriamo in un negozietto che ricordava abbastanza una cartoleria dove acquistiamo finalmente due cd, di cui uno mp3 (non ho capito se sia legale o meno, ma tant’e`) e rispettando la prima regola dell’acquisto musicale [le quali sono: 1-non pagare mai un cd piu` dell’equivalente di tre euro; 2-ignora le musicassette; 3-un vinile non e` mai troppo costoso]. Siamo anche alla ricerca di un cd di musica maasai, molto particolare e bella; ma siccome in quel posto avevano solo i relativi filmati, che al contrario sono di pessima fattura e regia, ripartiamo per nuovi lidi, finendo nel quartiere arabo. E` periodo di ramadan, le strade sono piene di gente in thop bianchi, grigi o blu che gioca a dama e chiacchera aspettando la sera; sebbene siano tutti allegri e disponibili, non troviamo l’oggetto del nostro viaggio. Ma ecco che ci imbattiamo in delle grosse bancarelle, una di libri di vario genere, l’altra di sapone, dove ne acquisto uno al mango e aloe vera. Continuando la passeggiata, che ormai va avanti da quasi due ore, ci infiliamo nel negozio di una fotografa che vendeva ritratti di animali selvatici veramente belli e terribilmente costosi, e che io e Mi. abbiamo analizzato e commentato uno per uno anche solo perche` la nostra presenza infastidiva la mzungu proprietaria. Lungo la via per tornare al primo negozio, che peraltro era ancora chiuso, indaghiamo presso due conoscenti se un terzo fosse in giro (non lo era), e da loro compro a meno di meta` prezzo un bel bracciale fatto a mano. Per ripararci dal sole di mezzogiorno entriamo in un localino che tanto piu` si sforzava di essere occidentale tanto piu` lasciava trasparire la sua fantastica africanosita`, dal menu` scritto a mano alla vetrina con cibi fritti ammonticchiati uno sull’altro. Per venti centesimi prendiamo una polpettina rotonda di carne ed una di forma cilindrica di verdure speziate ciascuno, e saltiamo sul primo affollatissimo dalla-dalla per tornare a casa; in quell’istante ci accorgiamo di avere smarrito la saponetta appena acquistata.Il viaggio traballa al ritmo di un reggae suonato con una chitarra alla Hendrix, accoppiata insolita; inoltre non sono molti i dalla-dalla di Arusha dotati di altoparlanti, mentre tutti quelli di Dar, mi dicono, sono come le Bare di Cristallo. In ogni caso da Njiro al centro passiamo per stradine secondarie che non avevo mai visto, mentre penso che Oggi e` un mese che sono qui e scopro che La legge della Tanzania non punisce la poligamia, effettuata sia dagli arabi che dai maasai, e che I gangsta maasai di una zona di Arusha tempo fa erano in guerra contro i gangsta meru [altra tribu` locale], solo che invece che spararsi come nel Bronx si scannavano a coltellate. Al centro pranziamo mentre mostro ad Anna le foto che ho fatto durante il safari, scoprendo che non erano tutte cosi` malaccio come mi ricordavo. Poi, passato da casa per prendere i –pochi- vestiti di cui avro` bisogno nei prossimi giorni, io e Mi. andiamo a piedi a casa sua per prendere i suoi e fare il bucato, in un ruscelletto incanalato posto vicino al fiume che scorre li` vicino; chiunque voglia lavare qualcosa, portare l’acqua a casa, farsi la doccia o anche solo incontrare qualcuno passa di li`. Mentre laviamo, ad esempio, veniamo raggiunti da Frankie, con il quale vado nella foresta li` vicino per cercare le scimmie. A quest’ora, infatti, incominciano a tornare dagli impegni quotidiani per dormire vicino al fiume, ed i rami degli alberi sono pieni dei loro richiami e salti. Ci addentriamo in un bananeto selvatico che si inerpica su una collina di sabbia, per incontrarci con una famiglia di velvet monkey che ci fissa incuriosita prima di ricominciare a correre e rincorrersi avendoci trovati del tutto privi di interesse. Torniamo alla fonte, dove, mentre facciamo saltare qualche sasso, incontriamo Gasto, Manje, Jacob e qualche altro ragazzo che non conoscevo che andavano a cercare legna per il fuoco. [Quando e` finita una delle saponette Mi. ha preferito finire di lavare da solo e lasciarmi giocare con i ragazzi]. Torniamo nella foresta per cercare di catturare una scimmia, ma invano; quindi, tornato ciascuno ai propri doveri, ci separiamo. Io, Fr. e Mi., che nel frattempo ha finito di lavare i vestiti e se` stesso, portiamo i panni a stendere e ripartiamo. Fr. ha un porcellino d’india, e andiamo a casa sua per sfamarlo; quindi, sapendo che ne voleva un altro, andiamo in un villaggio poco distante per acquistarlo. Tutta questa zona, un tempo, era dominata dalla foresta, dove Mi. e i suoi amici andavano a catturare dik-dik e conigli selvatici; ora e` una radura punteggiata di campetti coltivati e case in costruzione lasciate a meta`. Da quella collina, se c’e` bel tempo, si vede la punta del Kilimanjaro; invece da qui si vede il tramonto, che c’e` tutti i giorni ma non per questo non continua ad emozionare. Trattiamo per l’animaletto, acquistando una femmina gravida, ed imbocchiamo la strada del ritorno. Il buio e` ormai calato, il monte Meru e` solo una silouette tra le stelle e le nuvole, il vento freddo fa venire la pelle d’oca, tanto piu` che e` stato caldo tutto il giorno e sono ancora in maglietta. Salutiamo Fr. e la sua famiglia, continuiamo verso il centro ed incontriamo prima Nancy, che vuole farsi almeno mezzo chilometro in braccio –ed almeno mi riscalda un po`, e poi Loosse, il fratello di Mi., con il quale ci organizziamo per la serata del giorno dopo. Pensavo di passare dal centro giusto per salutare ed andare a casa a cena, ma Br. mi chiede di dormire li` per quella sera ed acconsento. Esco in giardino per telefonare, e Kane, il cucciolo del centro, nel saltellarmi attorno ed addosso (non ho capito se e` per farmi le feste o per maledirmi, essendo io il costruttore della cuccia in cui e` rinchiuso) mi morde una mano, ed adesso ho tre nuovi tagli.Vado a casa per prendere un po` di disinfettante, che con la bava dei cani non si sa mai, e le cose per la notte; quando busso al cancello di casa, questo viene aperto da Sauli, la vecchia guardia che vuole partire. E` passato per salutare e sistemare alcune cose, e partira` di nuovo domattina. E cosi` anche chi ha detto addio puo` ritornare. Lo saluto e torno al centro, dove mi vengono chieste le chiavi del vain per accompagnarlo l’indomani alla stazione dei bus; cosi` torno a casa, e lo saluto per la terza volta. Pronti a dormire; su consiglio di Anna mi riempio di autan, senno` non sarei riuscito a chiudere occhio. Avvertenza vana, dato che Br. continua a rotolarmi addosso e russa tranquillo come solo i bambini sanno fare, come se avessero coscienza di non avere alcuna preoccupazione. Inoltre, appena lui si calma, qualche zanzara infastidita dal non potermi offendere si vendica ronzandomi nelle orecchie, ed una o due, tentando la sorte e sfidando il repellente, mi lasciano un paio di bolli grossi come bottoni. Alla fin fine sono riuscito a dormire molto piu` che la prima notte di Nairobi, quindi potevo ritenermi soddisfatto. Di mattina apro il blog per postare l’intervento precedente ma la corrente sparisce nell’istante in cui si carica la pagina. Quindi vado con Br. a comprare le mandaazi, vero nome delle frittelle con cui facciamo colazione di solito, e lo saluto. Deve andare a non so quale impegno della scuola, o della chiesa, o di entrambi. Cosi` vado da solo a casa di Mi., che ormai conosco la strada piu` che bene, per aiutarlo a sfamare le galline, curare i pulcini, strappare le erbacce da un campo di granoturco, ancora immaturo a causa del persistere del brutto tempo e talmente pieno di api da non riuscire a sentirsi a causa del ronzio, sfamare anche i conigli e fare una seconda colazione. Sto imparando a bere il chai bollente come loro, peraltro. Dopo mangiato andiamo a casa di un suo amico per comprare gli stessi semi che abbiamo piantato la prima settimana; un rastone veterinario con la capanna tapezzata di poster reggae, religiosi e sull’inseminazione artificiale bovina e` dispiaciuto di non avere cio` che cerchiamo, ma ci indirizza ad un’altra fattoria. Lungo la strada incrociamo una vecchia amica della madre di Mi. che zappa il suo terreno e ci riempie il sacco che ci eravamo portati degli arbusti di cui avevamo bisogno. Mentre parla, inoltre, tira una zappata improvvisa in mezzo alla terra e raccoglie il cadavere di un serpentello lungo piu` di una spanna. Questo e` il cucciolo di quei serpenti che si infilano talvolta nelle case, versione non velenosa del mamba nero, mi spiega Mi. Peraltro il veleno del mamba e` talmente intenso che ti prende persino se calpestando le ossa di uno morto ti ferisci. Al ritorno troviamo Gasto e Jacob che ricostruiscono un canale di irrigazione a colpi di vanga, mentre Frankie arriva un istante dopo per chiedere a Mi. di sistemargli la casa dei porcellini d’india. Insieme a Manje andiamo a prenderla: un cilindro di compensato piuttosto grosso, pesante, scomodo e pieno di chiodi; l’unica maniera per non spaccarsi le braccia era portarlo attorno al collo, ed Attilio Regolo e` famoso per poco piu`. In ogni caso lo ripuliamo, chiudiamo il fondo con una rete metallica e forniamo di una porticina l’ingresso, il tutto utilizzando esclusivamente materiali di riciclo. Al termine dell’operazione di falegnameria pranziamo con la ragazza di Mi. e torniamo al quartiere del centro, dove andiamo a cercare Loosse nel suo negozietto di prodotti di bellezza. Non e` li`, al momento, ma se vogliamo possiamo aspettarlo; ma mi annoio troppo, e decido di andare al centro per vedere se posso fare qualcosa per Anna. Ma nessuno e` in casa e non risponde al telefono, a casa manca l’elettricita` per scrivere al computer e ancora nessuno e` arrivato al centro. Fortunatamente incontro Fergusson e gli offro una bibita mentre chiaccheriamo del rapporto tra lo stare bene e l’avere soldi (assolutamente nessuno, concordiamo infine) e mi descrive la strada per arrivare al suo villaggio, sperso tra i monti vicino al lago Vittoria. Quando deve tornare al lavoro io vado in cerca di Mi., che pero` ha lasciato il negozio; tento un’ultima volta il centro, ma sulla strada incontro Br. il quale mi dice che Sua madre e` ad un funerale e tornera` piu` tardi, intanto aspettiamo a casa di Emma. Qui, sul mio fedele taccuino, scrivo un paio di e-mail che devo spedire e stavo per scrivere l’orario di introduzione al racconto per il blog quando Anna arriva. Non era un funerale, ma la camera ardente di una vecchia zia morta a Dar Es Salaam. In seguito riesco ad usare la rete per postare l’ultimo intervento, e nel mentre ricevo una telefonata di Mi. che e` tornato al negozio del fratello. Lo raggiungo ed ordiniamo nel locale li` vicino del nyama choma; mentre aspettiamo andiamo da Fergusson che seguiva appassionato una partita del suo Manchester riuscendo a rendere divertente il calcio. Dopo cena passiamo da casa per lasciare giu` tutti i miei averi, che non si sa mai, e prendere il vain. Insieme a Lawrence, Loosse ed un suo amico partiamo per la citta`, diretti a Qualche bar. Al primo ci sediamo, ci alziamo e ce ne andiamo, e il motivo lo discutono in swahili; il secondo era tanto pieno che non si riusciva a fare manovra a causa delle auto parcheggiate davanti; il terzo, detto Maasai camp, e` a pagamento ed abbastanza snob. Un tempo era un posto abbordabile, ma a forza di essere pieno di wazungu ha ottenuto il biglietto d’ingresso e tutte le bibite sono piu` costose. Intorno a mezzanotte-l’una ci sara` da ballare, e decidiamo di aspettare in un altro locale. Cosi` andiamo nel barettino, abbastanza lontano, dove eravamo stati il giorno della cerimonia maasai; una Serengeti per me, del Konyagi, sorta di rum un po` piu` leggero, per loro e condividiamo una zuppa molto buona anche se un po` troppo salata, che sapeva di ossobuco e patate. Tra gli ingredienti, banana, cassava, patata americana e altri ingredienti che, credo per fortuna, mi sono sfuggiti. Per un po` stiamo seduti a guardare video hip-hop, pressoche` tutti uguali ma quelli un po` fuori dalla norma erano veramente divertenti; ma, giunta la mezzanotte, veniamo sbattuti fuori dal locale, che e` gia` ora di chiusura. Ripartiamo per il maasai camp, quando una delle ruote inizia a sgonfiarsi. Quella di scorta e` gia` montata, perche` un’altra pochi giorni fa aveva subito la stessa sorte ed era ancora da riparare. Il vain arranca fino a una stazione di benzina e poi ci abbandona sotto la minaccia di sventrare il copertone. Cosi` attraversiamo a piedi la citta`, che deserta e silenziosa mi ricordava tristemente piazzale oberdan, per imbatterci in un tassista scalcagnato come il suo veicolo che ci porta fin sotto casa. Pensavo, speravo, che la serata fosse finita a causa di questa disavventura, ma scopro che il loro progetto era di prendere l’altro vain per raggiungere il maasai camp. Sarei d’accordo, se solo non volessero tirare fino alle sei di mattina. Cosi` li saluto e crollo addormentato. Per la prima volta da quando sono cui non mi sveglio prima della sveglia; non c’e` ne` la corrente ne` l’acqua, e in qualche modo mi arrangio per fare colazione, lavare e lavarmi; lux fiat, la corrente ritorna: accendo il computer per scrivere queste parole e dopo circa venti minuti salta nuovamente, e perdo tutto. Cosi`, ora, sto scrivendo sulla sicurezza della carta in attesa di poter trascrivere.
P.s. Non solo l’hip-hop non mi infastidisce, ma comincia anche ad interessarmi. E persino il reggae. Ve l’ho detto che sto cambiando.
P.p.s. Inoltre ho sempre pensato che la parola che indica chi non cambia mai idea sia un’offesa.
P.p.p.s. Il resoconto della serata e` un tantinello scarno, me ne rendo conto, ma e` passata in fretta senza avvenimenti eccezzionali. E ogni tanto un po` di ristrettezza fa anche bene, no?
11.45pm
Non so come ho fatto a metterci quasi due ore a trascrivere e ritoccare grammaticalmente il resoconto che avete appena concluso, considerando che pensavo di metterci al massimo una mezz’ora o poco piu`. In ogni caso ora sono tanto stanco, e non mi sento affatto pronto per raccontare tutta la giornata di oggi, percio` vogliate scusarmi ma lo scrivero` domani. Stasera ho preso giusto degli appunti, quindi non temete che avrete un racconto piu` che dettagliato. Ma per ora accontentavi di tutto questo.
P.s. Per farmi perdonare rispondero` qui alle prime cinque domande che ricevero` nei commenti o per e-mail esponendo i fatti richiesti come a me sembra siano veri.
14/09
8.25am
Sono al centro giusto per far giocare i bambini e pubblicare questo post, prima di ripartire per una giornata terribilmente impegnativa. Mentre scrivo circa un migliaio di poveri ragazzi e` rinchiuso in un’edificio sulla collina. Hanno tutta la mia simpatia, con la consapevolezza che troppo presto dovro` unirmi a loro.
P.s. tra dieci giorni e` un altro compleanno.
P.p.s. Vi presento ora il problema dell’aeroporto. Arrivero` al Frankfurt International Airport, questo mercoledi`, intorno alle cinque e mezza; alle sei e venti parte il pullman diretto ad Hahn, che impiega un’ora e mezza per compiere il tragitto. Alle otto e mezza chiude il gate per il ryanair diretto a Orio. Ora, se in meno di mezz’ora riesco a trovare la stazione dei bus e a salire sullo shuttle, arrivo a BGY per le nove e mezza. Altrimenti devo passare la notte ad Hahn, un vero postaccio, e arrivare a Orio per le sette e mezza del mattino dopo. Comunque a me piacerebbe avere tanta gente all’arrivo a casa, anche solo perche` vedere voi mi fa pensare che quel paese non sia poi cosi` pieno di brutti ceffi. Solo che non ho idea di come avvisarvi tutti di quale aereo prendero`. Qualche suggerimento?
Ale

sabato 12 settembre 2009

Manyara alle spezie

10/09
9.05pm
Altre due giornate molto piene ed interessanti. Siccome mentre le vivevo avevo parecchia voglia di impegnarmi a raccontarle, ci mettero` almeno un paio d’ore a concludere la narrazione, ed andro` a dormire tardi anche se sono stanco –maledetto blog. In aggiunta a cio`, mi sono segnato un gran numero di appunti mentali di immagini o descrizioni che spero la mia memoria sappia adeguatamente riproporre. Qui si parra` la tua nobilitate.
Ma iniziamo da ieri mattina, quando, dopo aver fatto giocare i bambini ed averli esortati ad entrare in classe, ho controllato la mia mail (invano, poiche` la gente si ostina a non scrivermi) ed ho aiutato Br. a fare i compiti; successivamente, su richiesta di Anna, siamo andati con Mi. a portare qualcosa a Qualcuno che abita oltre un bananeto. Sulla strada vediamo una lunga colonna di enormi formiche nere e porpora che attraversa il sentiero. Quando ti mordono, mi viene spiegato, bisogna fare attenzione a staccarle perche`, se decapitate, le tenaglie della bocca non mollano la presa. Informazione utile, poiche` sulla via del ritorno me ne ritrovo due, una grossa come un’unghia e l’altra piu` piccina, che cercano di staccarmi un piede. Conservo tuttora due bolli rossi sulla caviglia, ma non facevano piu` male di una spina di rovo o di un’ape. Ritornati, mentre Br. sistemava camera sua trovo una bilancia che mi tornera` utile tra qualche giorno e che, scopro con enorme sollievo, e` di dieci chili in avanti. Quindi non sono ingrassato. Concludiamo la mattina tambasiando in giardino, dove pranziamo (anche con il latte fermentato di qualche giorno fa che, mi giurano, non e` mai piaciuto a nessun wazungu, ma che sapeva di formaggio dolce) in onore del cielo azzurro che e` spuntato tra le nuvole, e partiamo alla volta della citta` con Mi., Anna ed Emma. Destinazione: Ospedale pubblico Mount Meru, il piu` economico della citta` ma comunque assai dignitoso nel suo insieme; [Non sono uno di quelli che si fa deprimere dagli ospedali; li trovo l’emblema della lotta testarda e vana dell’uomo contro la sua intrinseca marciescenza]. Lunghi caseggiati ad un piano, pieni di stanzoni con letti e zanzariere alzate mi ricordavano una sorta di lazzaretto modernizzato, ma le shuka e gli altri tessuti stesi sul prato ad asciugare rendono il tutto piu` solare. La nostra visita e` un bambino con una mano ed un braccio molto gonfi addormentato accanto a sua madre; saluto, faccio presenza ai venti minuti di chiaccherata di cortesia, mi studio a memoria un poster su tre malattie infantili con relativi sintomi (polio, meningite e un altro di cui non conoscevo la parola inglese), saluto di nuovo e poco dopo siamo sulla strada diretti verso il mercato ortofrutticolo, dove per meno di cinque euro compriamo un chilo di pomodori, uno di mango, uno di arancie e un casco di banane. L’ultima fermata e` al benzinaio, poi a casa per raccogliere Frankie, invitato speciale, e ripartire entro le tre. Almeno questo e` il programma: non solo Fr. non e` ancora arrivato, ma lo strano rumore che sentivamo lungo la strada era dovuto a una gomma forata. A toglierla non c’e` problema, anche se la guardia maasai pensava che i bulloni andassero girati nell’altro senso ed e` riuscito a stringerli ulteriormente (ciao Avignone); ma per prendere quella di scorta da sotto il vain dobbiamo, si presume, tirare una qualche leva dall’interno del bagagliaio. Che e` bloccato, e la chiusura per di piu` e` rotta. Stavamo per trovare il modo di smontarlo quando scopriamo che la famosa leva e` poco oltre il supporto della r.d.s., che si libera con un tonfo rilasciando almeno due chili di polvere di Ngorongoro. Si monta, si caricano cibo e bagagli, si passa a prendere Br. –Fr., ignoriamo il motivo, non si e` presentato e si parte, con solo un’ora di ritardo. Ma non e` ancora finita, perche` dobbiamo fermarci dal gommista per riparare e gonfiare la ruota forata, e dal meccanico per un paio di ritocchi al vain. Usciti da entrambi senza troppe difficolta` e con Lawrence, cugino di Mi. (il quale a volte, ignoro il motivo, lo chiamava Ernest) a bordo lasciamo la via dei riparaveicoli alle cinque. Coda infernale, mai vista ad Arusha, ed in mezz’ora facciamo circa un chilometro. Questo safari non s’ha da fare. Il traffico si scioglie, viaggiamo tranquilli quando veniamo fermati allo stesso posto di blocco della polizia del primo safari; questa volta il problema era agli pneumatici, troppo consumati. Ma probabilmente a lasciarmi fermi venti minuti si rigenerano, perche` ci lasciano andare senza altri fastidi. Attraversando la savana, dove sono dislocati anche dei campi di addestramento dell’esercito dell’Africa Orientale, di cui ignoravo l’esistenza (dell’esercito, intendo, non dell’A.O.) mi faccio una lunga chiaccherata con Sheep [dovete sapere che ci sono quattro categorie di idee con le quali converso nella mia mente: Ricordi Belli, R. Brutti, Riflessioni e Canzoni. Ma torniamo al viaggio] e ammiro il secondo tramonto piu` bello che abbia mai visto. Manyara e` esattamente ad ovest di Arusha, e nel caso non lo sapeste da queste parti il sole tramonta ad occidente; per cui ho avuto le quasi due ore di percorrenza per vedere il sole farsi arancione, scendere dietro una nuvola scura colorando il cielo di giallo, attraversare la suddetta nuvola, creando sotto di essa una luce dello stesso colore delle arancie nelle pubblicita`, che si fondeva con l’azzurro scuro circostante in un’anello che circondava l’orizzonte, sbucare poco piu` sotto in un’aria ormai viola con striature rosagialle, essere inghiottito da una montagna in lontananza in un’ultima apoteosi di raggi che lottavano con le prime stelle. Ero cosi` commosso che non riuscivo a togliergli gli occhi di dosso. [Due riflessioni. Uno, in ogni istante il sole tramonta, da qualche parte. Sarebbe bello poter viaggiare abbastanza veloci da rimanere in quella luce per tutta una giornata. Due, il tramonto piu` bello che abbia mai visto non aveva certo questi colori, che erano i piu` intensi di sempre. Ma era lo stesso il piu` bello]
Arriviamo pieni di emozione (per quanto riguarda me, gli altri non so) a Mto wa mbu, letteralmente Fiume delle zanzare, ultima cittadina prima del Parco Nazionale Lago Manyara e della rift valley. Questo, si dice, e` l’unico posto della Tanzania dove sono presenti esponenti di tutte le 120 tribu` della nazione. Nel libro prestatomi da Claudia sono segnati vari posti per dormire, in ordine di costo; chiediamo informazioni per il piu` conveniente in assoluto (che, tanto per dare un’idea, era posizionato dopo i campeggi) e ci ritroviamo in un resort piuttosto accogliente da ottomila schilling la stanza. Dentro la quale si trovava un letto matrimoniale, due cuscini e due coperte, una zanzariera e un paio di ciabatte di plastica che avevano ormai fatto il loro tempo. Tutto questo, piu` un bagno abbastanza pulito; forse si ha bisogno di altro? Una sciaquata veloce, una passata abbondante di autan (nel tragitto dal veicolo alla stanza sono stato punto cinque o sei volte) ed usciamo a cena. Il presidente da` alla nazione il suo numero di telefono, Lawrence/Ernest mi dice che il bambino di oggi, suo figlio, si e` scottato con l’olio bollente, il cameriere ci passa il conto (un chilo di carne alla griglia: cinquemila schilling. Quanto costa una fiorentina? Quaranta euro?) e, sazi e con un po` di Kilimanjaro nelle vene, andiamo a cercare un negozio ancora aperto per comprare il pane di domani (“Un chilo per milletrecento lire, e` costoso ma e` l’unico disponibile”) e un coltello, assai affilato, poiche` avevamo scordato qualsivoglia posata. Tornando al resort si discute se Michael Jackson fosse o meno uno mzungu, sta di fatto che Beat it e` una delle mie canzoni preferite. Si dorme (in due stanze, perche` quattro euro non si buttano via) con il programma di svegliarsi prima del sole. La mia prima notte sotto una zanzariera: una notte senza nulla di particolare. Incredibilmente riusciamo a rispettare l’orario prefissato, e alle sei siamo all’entrata del parco. Mentre chiaccherano con la guardia dell’ingresso (dobbiamo aspettare almeno le sei e venti per l’apertura, presumo ci abbia detto, ma non diventerei mancino per questo) guardo la luce farsi piu` intensa ed illuminare degli strani tucani africani che strillano dai rami. Finalmente possiamo pagare ed entrare nella foresta tropicale di colore militare. [non ho resistito ai suoni di queste due ultime frasi.. ma giuro che e` andata cosi`!] Dopo pochi metri incontriamo un bufalo; pensavo fosse una statua finche` non ha mosso la testa. La sua faccia tonta sembrava chiedersi come fosse possibile che fosse arrivato ad essere piu` grosso di un divano. Resta immobile, ripartiamo, e un minuto dopo ci imbattiamo in una iena maculata, un meraviglioso animale rincagnito e meschino che corre subito a nascondere la sua coscienza certamente sporca nella foresta e a meditare qualche cattiveria da lontano. Bellissima. Procediamo, affiancando un cumulo di cacca di elefante, una collina divisa in due colori dal sole nascente, un albero tempestato di babbuini che si svegliano e toelettano a vicenda. Quando lo superiamo, mi giro per salutarlo ed in quell’istante il sole sbuca dalle nuvole in lontananza. Due scimmiette si rincorrono sui rami. La natura farebbe bene a spazzare via la razza umana, sembra dire quel locus amoenus. Ed ecco delle gazzelle scappare dappertutto, terrorizzate dalla propria ombra, e una giraffa placida e insolente che bruca altezzosa la foglia in cima al ramo piu` alto dell’albero piu` alto della pianura. In venti minuti di Manyara ho visto piu` animali che in una giornata di Ngorongoro. Sempre avanti, direzione piscina degli ippopotami, ma prima dell’arrivo incrociamo una famiglia di elefanti, topi rugosi grossi come capanne, che ingurgitano l’antipasto degli otto quintali di cibo che si pappano giornalmente cadauno. Ci fissano per il tempo necessario a capire che potrebbero ribaltarci senza problemi, se non fossero troppo placidi, e ricominciano a farsi i fatti loro. Uccelli, farfalle, gazzelle di tutti i tipi circondano allegri il nostro percorso, ed ecco gli ippopotami. Cio` che fa capire che non sono solo delle rocce nell’acqua e` il fatto che hanno gli occhi e talvolta muovono le orecchie. Per il resto, l’animale africano che uccide piu` persone ogni anno non fa altro che stare immobile immerso nell’acqua tutto il santo giorno, per farsi una passeggiata sulla terraferma poco prima del tramonto e poco dopo l’alba. Borioso ed inutile; mi chiedo come possano sopportare la sua vicinanza le oche egiziane che si inseguono e giocano tutt’attorno. Passano la propria vita in coppia, e alla morte di uno dei due l’altro lo segue a breve distanza per il dolore. In lontananza una mandria di zebre e wallebeest ci ricorda che dobbiamo ripartire. Il parco nazionale del lago Manyara e` estremamente verde e molto variegato. Si passa dalla savana alla pianura con bassi cespugli, da zone rocciose alla foresta tropicale. Quello che stupisce, tuttavia, e` il profumo che circonda ogni cosa; l’erba spinosa che inizia a seccare e` una misteriosa essenza che sa di bazaar e spezie pregiate; le enormi foglie degli alberi sprigionano una grassa lozione che fa bene ai bronchi e rinvigorisce il cuoio capelluto, o lo farebbe se un pubblicitario volesse vendere il parco; fermarsi su una roccia ad occhi chiusi, si giurerebbe di stare calpestando mazzi e mazzi di fiori appena colti. Odori misteriosi e nuovi ti indicano di essere nella Natura che nessuno e` mai riuscito a toccare. Ma, guarda la`, degli avvoltoi stanno mangiando qualcosa! Ed ecco un’antilope che galoppa. Ci si infila nuovamente nella foresta, dove in una piccola radura troviamo tantissimi babbuini che si scherzano, spulciano, lottano e sfamano a vicenda; gli adulti a malapena ci guardano annoiati e ricominciano a grattarsi, mentre i piu` piccoli, come i bambini degli umani, si avvicinano impavidi per fuggire terrorizzati dalle nostre boccaccie. (Non solo babbuini! Scimmie blu e scimmie di velluto, guarda, sugli alberi e li`, tra i cespugli!) Altre gazzelle, che ormai non fanno piu` notizia; faraone della guinea, se e` il loro nome, che zompettano coloratissime e goffe sotto i cespugli, certe di non essere viste; tonnellate di farfalle di miriadi di colori e forme diverse. Persino nelle zone piu` povere di piante ed animali ci fermiamo ogni cinque minuti per un guizzo o una bestia vera e propria. Il vain si sta dirigendo verso una sorgente calda, i nostri occhi stanno cercando i leoni sui rami degli alberi. [Piccola digressione zoologica. Tutti i leoni d’Africa scalano gli alberi in due occasioni particolari: quando fa troppo caldo e quando ci sono troppe mosche tse-tse. Non si sa per quale ragione abbiano iniziato a farlo, ma da un po` di tempo i leoni di Manyara hanno preso questa abitudine e la continuano anche senza la causa scatenante.] Invece sul leopardo non ci contiamo nemmeno, che e` presente a M. ma molto difficile da vedere. Ed infatti eccolo li`, accovacciato nostalgico su un ramo a pochi metri dalla strada, che a momenti si mette a fare le fusa e si sdraia sulla schiena per farsi grattare la pancia. E con questo ho visto tre dei Big five in una giornata, e mi ritengo piu` che soddisfatto. Raggiungiamo la sorgente, la cui acqua e` scaldata dall’Oldoinyo Lengai e scotta parecchio, oltre che puzzare di zolfo. In qualche maniera mi ricordava la sorgente ferrosa che si butta nel fiume poco lontano dalla mia casa in montagna. Ma qui, nel lago in lontananza, una macchia nera rivelava centinaia di fenicotteri ed altri uccelli pescivori. Troviamo vicino all’acqua il bacino, il teschio e la tibia di un bufalo, e sfondiamo il secondo con il terzo (no, non e` partita Also sprach Zarathustra). Nel farlo mi ferisco a un pollice, atavica ferita. Ormai sono quasi le dieci, e ripartiamo. Il nostro amico leopardo adesso e` sdraiato sotto un altro albero piu` distante, mentre un waterback maschio (una grossa antilope) gli ha rubato il posto sull’albero e si gode un riposino. Probabilmente aveva anche molto caldo, perche` aveva la pancia aperta e si era tolto gli intestini. O magari no. Poco oltre, un’altra scoperta sotto forma di un’aquila crestata si dichiara la regina indiscussa dei cieli del parco, e su un altro albero ancora una coppia di aquile africane becchetta il tronco come a suggerirci di lasciare pure credere all’Altra quello che vuole, poverina. Due giraffe, una maasai e una normale (la differenza e` nelle macchie, irregolari o regolari) mangiano con gusto delle foglie di acacia, e ci ricordano che e` ora di mangiare. Ci fermiamo in un’area apposita e ci prepariamo dei panini al burro di arachidi, pomodoro e miele seguiti da mango e arancie. Nel frattempo veniamo circondati dalle prime mosche tsetse. Ora, considerando che io ho circa cinque litri di sangue (sebbene l’avis ormai ne abbia quasi uno e mezzo), non ho affatto problemi a regalarne qualche goccia a un piccolo insettino affamato. Purche` non mi dia troppo fastidio e non mi ronzi nelle orecchie, come mi sono accordato con le zanzare di casa, o che non mi uccida, come cerco di far capire alle anofele locali. Ma questa moscaccia in divisa da soldato con tanto di lancia avvelenata non solo fa punture similtafanesche, ma trasmette pure la malattia del sonno. Antipatica. Vengo punto sei o sette volte, ci faccio pure l’abitudine; mentre viaggiamo, nell’istante in cui vediamo il primo struzzo, mi gratto involontariamente il braccio (come, anche se magari non ve ne accorgete, fate anche voi centinaia di volte al giorno) e sento, letteralmente, croc. Una macchia rosso sangue di un centimentro e mezzo per zerovirgolacinque si allarga sulla mia manica; ancora mi domando come abbia fatto a infilarsi li` sotto e se quel sangue sia mio o di qualcun’altro. Pochi minuti dopo mi succede con l’altro braccio (il déjà vu` indica che qualcosa in matrix e` cambiato, dicono [wow, questo computer ha messo da solo gli accenti su quella parola francese. Chissa` come ha fatto]), ma con meno sangue. Misteri delle mosche. Ma eravamo agli struzzi, che corrono impettiti ed imbranati e che precedono dik-dik, bufali, waterback, gazzelle ed elefanti. Animali a non finire, alberi tropicali di cui non mi stanco mai, persino un guado (che adoro, qualita` evidentemente ereditaria). E` ormai mezzogiorno, e due pagine di word bastano e avanzano per un parco relativamente piccino. Si torna ad Arusha. In mezzo al nulla ci fermiamo ad una casa dove, non so come, Mi. e L/E sapevano vendesse diesel. Diamo anche un passaggio a quattro vecchi maasai, che non siamo soddisfatti se non raccogliamo autostoppisti, e raggiungiamo il centro senza avvenimenti degni di nota. Li` scopriamo come mai Fr. non era all’appuntamento: poiche` era arrivato in anticipo, mentre eravamo in citta`, la guardia maasai gli aveva detto che eravamo gia` partiti. Per farci perdonare dedico il pomeriggio a lui, accompagnandolo a raccogliere dell’erba profumata che Anna poi mettera` nel chai, o ripetendo le parole che mi dice (cosa che ha un effetto ironico devastante, piu` del solletico) e inseguendolo per il quartiere. Quindi, quando i ragazzi sono andati, mentre imparo a cucinare il chapati programmo la serata con Mi. (avremmo dovuto andare in un locale reggae, ma non e` successo) e la giornata di domani con Anna (mattina: con Mi. in citta` per cercare musica maasai e qualche rasta-stuff; pomeriggio, andiamo a trovare Br. a scuola e a comprare delle spezie), e vado a casa per prepararmi per il bar, che non puzzo come dopo il primo safari (se non vi ricordate, era un cadavere in una fogna) ma non mi sento comunque una presenza piacevole. Mentre mi preparo la cena, riso con un sugo alla invenzione, ricevo un messaggio da Mi. che mi chiede di spostare a sabato la serata fuori. Accidenti, oggi doveva andare via la corrente, e se non succede saro` costretto a scrivere! Ed e` quello che e` successo, ora sono le undici e un quarto e vorrei tanto andare a nanna.
P.s. Tra dieci giorni e` un altro compleanno
P.p.s. Questo resoconto mi sembra abbastanza decente, il che vuol dire che a voi fara` schifo, no?
P.p.p.s. Non sapevo dove inserirlo, ma per tutta la mattina ho avuto in mente Born again dei Black Sabbath, mentre durante il pomeriggio Getting in the mood di Brian Setzer (che ai fanatici di Benny Goodman, se ne esistono, sembrera` una violenza degna del carcere, ma che io trovo una canzone fantastica)
P.p.p.p.s. Le canzoni che cito in queste pagine sono tutte meritevoli di ascolto. Poi magari scrivero` quello che sta avvenendo nel rapporto tra me e la musica.
P.p.p.p.p.s. Erano proprio belli quegli animali.
P.p.p.p.p.p.s. NB [Nota aggiunta il 12/09, 6.45 pm] Ho finito il racconto del safari entro poche ore da che ne sono tornato e non ho potuto pubblicarlo prima d’ora a causa della continua mancanza di elettricita`. Ieri e oggi, forse, arriveranno domani.
Ale

martedì 8 settembre 2009

Io accetto il caos, ma non sono sicuro che il caos accetti me

06/09
9.05pm
La sveglia di stamattina e` stata parecchio brutta, con i postumi della tristezza di ieri che ancora gravavano sulle palpebre e nessuna voglia di alzarsi dal letto come di stare sdraiato a non fare niente. Al centro pubblico l’ultimo post che avete letto, ed il router e` stato fortunato ad essere veloce o me lo sarei mangiato. Non riesco a stare fermo ed inizio a passeggiare dappertutto, in casa, nell’orto, nel prato, quando finalmente e` tutto pronto e possiamo partire. Destinazione: chiesa cattolica di Njiro road, poiche` ieri sera sono stato invitato da Anna ad andare a messa con lei e Brian, accettando. Non era la prima messa che vedevo in vita mia, sebbene probabilmente rientri nel numero delle dita di una mano; tuttavia e` passato parecchio tempo dall’ultima cerimonia di questo tipo a cui ho partecipato, e nonostante questo ho percepito la notevole differenza tra i due paesi. Prima di tutto e` interamente in inglese; inoltre cantano continuamente, tutti insieme, dei canti diversi e molto belli accompagnatida un piano. Pero`, al principio, ero comunque infastidito e crucciato dai pensieri dell’altra sera, ai quali si aggiungevano i problemi del cantare (unirmi al coro? Non mi va; tacere? E` da escludere; mimare in silenzio? Non e` dignitoso..) Mentre mi concentro su questi cavilli, i bambini escono per il catechismo mentre noi adulti restiamo per la lettura di un passo biblico, la recita di un sermone e tante altre canzoni. In quel momento, tra il vento fresco che entrava dalla porta, lo scricchiolio delle panche in legno e lo scalpiccio di chi si alza a fatica percepivo qualcosa di estremamente umano. Non so quante di quelle persone entro un paio d’ore sarebbero tornate all’aperto a mentire al prossimo, truffarlo o denigrarlo; in quel momento ero circondato solamente da persone pienamente occupate a voler bene al genere umano. E mi sentivo gia` meglio. I piccoli tornano, ed intervistati dalla catechista (una donnona bianca con un ottimo inglese) espongono la lezione del giorno, sulle malattie e sull’avere fede. Riuniti, quindi, alle famiglie si canta, si prega, una raccolta fondi molto discreta e priva di pacchiane ostentazioni di generosita` precede la comunione. Infine vengono lette delle informazioni generali sulla parrocchia e viene chiesto, se ci sono dei visitatori, che si alzino e dicano l’origine. Uno da Dar Es Salaam, Uno da Arusha, Uno dall’Uganda e Me veniamo accolti da applausi di benvenuto. Appena usciti un prete viaggiatore mi avvicina parlandomi in italiano, ma piu` che infastidito ero stupito di capire quella lingua, che ho sentito, lui escluso, da quattro bocche in altrettante settimane. Tornando a casa, le nuvole si aprono ed il sole incomincia a scaldare la terra. Mi sento bene, e sono passate solo poche ore. Non credo che il miracolo sia effetto della messa, penso sia merito dell’Africa intera. Libera nos a malo.
Dunque, non appena giunti al centro, io e Br. ripartiamo per una lunga passaggiata in campagna, tra felci, piantine di caffe` e ruscelli, per raggiungere una capanna abbastanza malcurata, porgere i saluti di Anna e tornare carichi della solita erba conigliesca. Dopo pranzo mi ritiro nel campetto da gioco per tirare mezz’ora di calci al pallone magico che mi restituiva un pensiero filosofico ogni rimbalzo, riguardo Ulisse, la differenza tra me e Manzoni, il mare, la simbologia e il perche` e` decisamente incompleta, Aristotele e i suoi seguaci e tutti i loro errori, che sono numerosi e grossolani. A mio avviso. Dopo il periodo di tempo di cui siete venuti a conoscenza meno di dieci righe fa, ma che in realta` avrebbe anche potuto essere di un terzo inferiore come di un buon trenta percento in piu` vengo raggiunto da alcuni dei ragazzi del centro, tra i quali Luka e Frankie (che ormai ho deciso essere il mio preferito) che mi obbligano a rincorrerli per il prato e per il quartiere, in quello che e` senza dubbio il nostro gioco ufficiale. Durante un inseguimento particolarmente appassionato ricompare Michael, che saluta come se non ci vedessimo da poche ore piuttosto che da quattro giorni, insieme a suo cugino Lawrence e la guardia maasai piu` giovane. Raccogliamo i ragazzi e ci stipiamo tutti nel vain insieme ad Anna, Tabitha e un uomo piuttosto rotondo ma con il viso gioviale che non avevo mai incontrato (e che non mi viene presentato).Viaggiamo fino al lago Duluti, alle porte della citta`, dove alcuni dei ragazzi provano a pescare (bottino finale della giornata: un pescetto piccino e disorientato) mentre io, Mi. e otto dei ragazzi saliamo su una “barca”, una conchiglia di metallo instabile e che, per sfida e spregio di Archimede, imbarca acqua a non finire per un giro in questo lago rotondo comparso in una notte del novantatre e nei miei ricordi di altre imbarcazioni, dal PN degli Abruzzi, tra i cervi e la guida hippie, a Bobbio, tra All’assalto e judo acquatico, alla francia, tra il pagaiare a mano e i canali navigabili. Ma ora siamo sul lago Duluti, e non sembra che ai cormorani, alle anitre africane e a quegli strani uccelli bianchi interessi troppo che sia stato creato con la magia. Ci si spruzza, si vuota il fondo, si salutano gli uccelli e in un batter d’occhio stiamo saltando sulla riva (questa volta e` Newton ad essere sfidato, che la bagnarola si allontanava di un tanto per ogni passeggero che sbarcava). Sulla terraferma vengo coinvolto in una sorta di tacita gara di rimbalzo sassi con la guardia maasai, che perdo con onore e che viene trasformata in una lezione della medesima arte. In questo caso prevalgo, perche` mi baso sulla tecnica piuttosto che sulla forza. Mh.
Il tramonto impone di lasciare il lago, ma non per questo non si puo` continuare a giocare a pallone al centro; almeno, questo e` quello che fanno i ragazzi, perche` io e Mi. abbozziamo il programma di una visita al parco nazionale del lago Nyamara per questa settimana. Va via la corrente, come ormai succede un giorno su due, e vado a casa per cenare, cosa che invece e` diventata una rarita`. Anna cucina troppo bene.
P.s. Oggi e` il compleanno di Roger. Tanti auguri vecchio mio.. Pensavi me ne fossi dimenticato?!
P.p.s. Tra dieci giorni invece c’e` un altro compleanno, e la mia forse partenza.
P.p.p.s. C’e` una cosa a cui penso spesso quest’anno. Uno dei miei personaggi storici preferiti e` Carlo V imperatore. Ora, lui e` nato nel 1500, e nel ’19, avendo gia` ereditato il regno di Spagna e i relativi domini in Italia, nelle Americhe e nei Paesi Bassi si compra l’elezione ad imperatore di Germania, divendendo praticamente il padrone del mondo, checche` ne dicessero Francesco I o i Luterani, alla stessa eta` in cui io sono chiuso al sarpi, un maasai vende perline e un altro lavora la sua terra. A voi stabilire che cosa significhi tutto cio`.
08/09
10.20pm
NB ieri sera avevo un forte mal di testa, e quindi piu` che scribacchiare su un foglietto qualche appunto, dimenticandomi perfino di ricordare l’orario, non sono riuscito a fare. Ora cerchero` di decifrarli e integrarli in una qualche forma intelleggibile, prima di passare al resoconto di oggi. Grazie per l’attenzione.
Di mattina mi sveglio di buon umore. Questo e` da segnalare, perche` non avete idea di quando e` stata l’ultima volta in cui cio` e` successo [Questo gennaio. Ok, ora ne avete idea, pero` ancora ignorate quando e` stata la penultima, e questa e` un’informazione di cui anche io sono privo]. Per di piu` il cielo era limpido e gioioso, E finalmente e` arrivata la primavera, penso. Vado al centro per tirare matti i bambini –nelle intenzioni; rendono pan per focaccia. Ma lunedi` e` il primo giorno di scuola vera e propria, e si immergono presto nel ripetere numeri e vocali. Nel frattempo e` arrivato Mi., e quindi ci dedichiamo a lavori di manutenzione come riparare la traversa di una porta, che si era staccata il giorno prima, o andare a prendere, diluire e spruzzare un prodotto chimico pestilenziale su tutte le foglie di tutte le piante del giardino, che non sono poche. Dopo pranzo disegnamo su dei cartelloni la scritta Happy Birthday Bea We Love You!, per fotografarli insieme ai bambini come ci era stato richiesto da Mario per il compleanno di una sua amica. Poi, arrivati Frankie e Jacob, andiamo a comprare le arachidi per la merenda del pomeriggio e le nettiamo, togliendo quelle marcie o non adatte ad essere mangiate. Intanto il sole inizia a fare effetto, e la testa mi diventa pesante. Per fortuna oggi c’e` lezione della squadra di acrobati, e li guardo seduto con addosso Nancy ed accanto Frankie, che non si sentiva bene. Volevo tirarlo su di morale lottando con il ferocissimo gallo da guerra che presiede il pollaio, ma oggi era in vena di codardia e continuava a scappare per nascondersi. Ed il pomeriggio finisce, senza eventi che al momento riesca a ricordare se non che ormai la pesantezza alla testa era passata al dolore, come mi succede spesso, ma poco importa. E se oggi c’e` corrente, maledizione, vuol dire che domani dovro` aspettare fino a tardi per scrivere per il blog!
P.s. Aspettare ancora e` da escludere, poiche` domani sera saremo a Manyara e lasciarvi a secco per troppi giorni mi sembra crudele.
10.40pm
Oggi la giornata e` andata al contrario di ieri, poiche` di mattina mi sentivo malinconico e anche insofferente verso i bambini che si ostinano a non capire che non capisco lo swahili (cosa che di solito mi divertiva) e non mi lasciano in pace se gli chiedo, nella loro lingua, di aspettare perche`devo fare delle cose. E cioe` inviare le foto per il compleanno, ma la connessione si rifiuta di collaborare ed allora esco, essendo gia` iniziata la lezione, per aiutare Mi. e la guardia maasai a cambiare una ruota del vain. Il veicolo ci serve perche` abbiamo deciso di fare una piccola gita, e con Frankie e Jacob portiamo i piccoli allo stagno da pesca di Mi., dove veniamo raggiunti da Luka e da un ragazzo sconosciuto. Solo noi grandi abbiamo in mano una canna (un ramo, in realta’), ma i bambini [che, nel caso non l’avessi precisato, hanno tra i tre e i sei anni] si divertono lo stesso da impazzire a saltare verso i fiori, girare su se` stessi o strillare impauriti ad ogni guizzo dei pesci catturati. Subito sono passate due ore, abbiamo accompagnato i bambini a casa, le prede sono stese perche` si secchino (secondo me erano abbastanza seccati gia` al momento della cattura, ah-ah. Scusate, mi e` venuta cosi`..) e il vain e` parcheggiato. Prima di pranzo faccio con Mi. e Frankie una passeggiata lungo un piccolo torrente, poco piu` di un canale di irrigazione, che sbuca da una sorgente nella campagna dietro al centro; dopo, sempre con loro, vado all’internet point per spedire le foto testarde e stampare il biglietto ryanair di ritorno, per precauzione. Tornando sento di nuovo le avvisaglie del mal di testa, e mi fiondo a casa per imbottirmi di medicine (una pastiglia, per i miei standard, e` imbottirsi. Cerco di evitare la roba chimica). Non voglio perdere tempo per stupide esigenze del corpo, e gioco tutto il pomeriggio fino al Bible Time, dopo il quale tre delle bambine mi regalano dei disegni fatti da loro. Cena a lume di candela a base di riso con stufato di fegato (almeno, la parte piu` solida aveva il sapore del fegato. Il sugo invece sapeva di cibo orientale); saluto Cecy, che domani parte per un viaggio di lavoro di un mese, e torno a casa ad aspettare la corrente per (tra)scrivere questo post.
P.s. Non ho ancora deciso un titolo, probabilmente optero` per qualche citazione, vedro` domattina.
P.p.s. La lista dei cinque film piu` brutti che abbia mai visto, in ordine, e`:
1-Carmen, non ricordo di chi
2-Stalker, di Tarkovskij
3-2001 Odissea nello spazio, di Kubrick
4-Vendredi Soir, di Claire Denis
5-Paranoid Park, di Gus Van Sant
Nonostante sia addirittura al secondo posto, e sia rimasto al primo per mesi, Stalker conteneva una riflessione sulla forza e la debolezza che mi ha colpito moltissimo e su cui torno spesso a riflettere.
P.p.p.s. Il titolo per cui ho optato viene da un’intervista a Bob Dylan (Nota aggiunta il 09/09, 8.05am)
Ale
09/09
8.10am
Ho passato la breve distanza tra casa e il centro a pensare a tre cose. Uno, che sono anche piu` vecchio di Tutankhamon, che pero` mi sta antipatico in quanto la gente non sa che l’unico motivo per cui e` famoso e` che essendo un re privo di alcuna importanza ha ricevuto una tomba povera e piccola, che e` stata coperta da quella di un faraone successivo preservandone il tesoro. Due, che da oggi ogni giorno e` l’ultimo giorno della settimana. Tre, che un anno, un mese e un giorno fa iniziavano le olimpiadi in Cina con quella spettacolare aperture.
P.s.Mmm, accontentatevi di questi tre appunti.

sabato 5 settembre 2009

Tranne me e la mia scimmia

05/09
3.25 pm
Anche questa mattina e` passata senza grossi avvenimenti. Ho fatto colazione a casa di Bryson, il cugino di Brian, con chai al latte e mandrasi e davanti al solito canale di video reggae-hip hop. Piu` tardi con Tabitha, Cecy, Emma (tutte sorelle di Anna) e la figlia minore di Emma siamo andati a vedere una casa in costruzione che Cecy vuole comprare. Siamo andati in macchina, e mi sono accorto che non salivo su un’automobile da quasi un mese. E` stato strano, quegli affari sono proprio appiccicati al terreno. La zona della casa e` vicino al mio quartiere, ma non c’ero mai stato; ed in quel momento, tra i banani e la terra battuta, sentivo gli undici giorni che ancora mi rimangono scorrermi addosso come sabbia. Tornati a casa aiuto Bryson a fare i compiti di matematica, che spaziavano dallo scrivere in numeri romani ad un abbozzo di geometria analitica, dalle percentuali alle velocita`. Era dai tempi di Action Man che non facevo calcoli in inglese, ed era abbastanza divertente tornare al materiale delle medie; ma il pensiero che, a breve, mi ritrovero` in mezzo a Seno, coseno, cotangente (come titola l’omonima canzone) mi ha dato un brivido lungo la schiena tutt’altro che piacevole. Dopo l’ultimo problema, cioe` la percentuale di zebre rispetto ai leoni, date le cifre, in un parco nazionale vado al centro per pranzare con dei fagioli misti a qualcosa di morbido e dolce che non ricordava alcun sapore noto e per controllare la mia mail. No, non mi ha scritto nessuno. In seguito siamo tornati a casa di Bry., dove insieme ad altri ragazzini si sono attaccati a una versione piuttosto antiquata di Need for speed. Mi annoio un tantino, quindi scrivo queste parole e poi li convincero` a tornare al centro.
P.s. Ieri sera ho contato le parole di swahili che conosco, sono circa un’ottantina
P.p.s. Una delle guardie maasai si trasferisce a Tanga. A me terrorizzano gli addii.
P.p.p.s. Ho steso una lista dei cinque libri che hanno cambiato la mia vita (in attivo, perche` ne esistono altri che l’hanno cambiata in passivo, cioe` essendo stati letti da altre persone. Ma questo e` un altro discorso). Pero` non e` ancora il tempo per pubblicarla, e` ancora in forse.
9.50pm
Benvenuti alla peggiore serata della Tanzania. Peggiore perche` ho avuto un assaggio di quello che ho avuto e avro` a casa. Ed e` stato parecchio amaro ed indigesto. Tutto inizia con speranze deluse, e si sente qualcosa in fondo allo sterno; ed ecco l’angoscia, la testa che gira. Non va di parlare, si risponde a monosillabi ma si ha anche paura dell’andare a casa, che ci si sente troppo soli gia` cosi`. Si stringono i denti, onicofagia contro mezza falange, camminando su e giu` senza motivo. Guarda, quello che chiamano stivale e` un anfibio che prende a calci, la gente nemmeno sa in che continente si trovi; ascolta, la citta` a cinquanta chilometri da dove si vive e` famosa solo perche` ha lo stesso nome di una squadra di calcio; pensa, nella stessa nazione in cui si trova, la tua e` ricordata solo per l’essere su due livelli. Dovrei tornarci? E per cosa? Per subire le angustie di Polipo Sarpi? Per lasciare la Compagnia? Per vivere in mezzo ad un popolo rozzo e scortese, senza voglia di lottare per il suo futuro? Per non riuscire a dormire la notte? Per essere disprezzato da persone a cui io voglio bene? Per piangere? Col cazzo, signori. Io su quell’aereo non ci salgo.
E mi si passi la parola.



…E pensare che il pomeriggio era stato pure divertente, tutto passato a giocare con i ragazzi e le ragazze piu` grandi del centro, a basket, a calcio; ho pure scavalcato un cespuglio di rovi aggrappandomi a un muro con una mano per raccogliere il pallone con l’altra. Ho tagliato la legna, in maniera troppo diversa dal reparto. Mi sono sdraiato sull’erba, sotto un tramonto ocra, pensando che veramente non ci sono nuvole perfette come in Africa. Ho camminato per il quartiere senza torcia, perche` ormai conosco gli accidenti della strada. Di quella fisica.
P.s. Tutto sommato dieci giorni non sono pochi per cambiare idea, anche se il rapporto pro e contro e` sconvenientemente sfavorevole.
P.p.s. Magari qualcuno mi rispondera`, oggi, ammettendo che Si`, questo post e` proprio brutto.
P.p.p.s. Centomila punti a chi becca la citazione del titolo.
Ale

venerdì 4 settembre 2009

Back to school (Pt 1)

02/09
1.45pm
Domani inizia la scuola qui al centro, e pertanto questa mattina e` stata dedicata alla pulizia e alla sistemazione del suo giardino. Prima di tutto io e Mi. siamo andati nell’orto incolto dove cresce l’erba dei conigli per raccoglierne un sacco (letteralmente, non nel senso di “tanta”); poi, sfamati loro e le galline, abbiamo potato i cespugli, spaccato e sistemato la legna, tagliato l’erba con una sorta di spada ricurva, raccolto il tagliato per spargerlo nell’orto del centro come fertilizzante, riparato il rubinetto dell’acqua, annaffiato le piante, chiuso i buchi nella canna, annaffiato il prato, chiusi altri buchi nella canna, annaffiato l’orto; pranzato, riposato, bagnato il terreno per evitare che, seccando, crei troppa polvere. Mi pare sia tutto. E` stata una mattinata faticosa ma tutto sommato molto divertente –quella spada e` parecchio difficile da maneggiare. Tra poco andiamo a comprare il kerosene da distribuire ai bambini del centro.
P.s. Sto riflettendo su come sia curioso che si possa parlare per ore di uno sguardo, o un gesto, o un sottogesto e nello stesso modo sbrigare in pochi secondi cio` che ha richiesto millenni per avvenire. Lo stesso accade spesso in letteratura, dove si possono trovare da un lato tomi e tomi su “m’illumino/d’immenso” (che io peraltro non considero nemmeno una poesia), dall’altro “durante l’ellenismo utilizzavano la koine`”, cioe` sei parole per racchiudere infiniti volumi e manoscritti.
8.55pm
Il kerosene non c’era, abbiamo girato tutti i benzinai della citta` tornando a casa a taniche vuote, e subito dopo Mi. scappa non so bene dove e rimango con Anna a sistemare un po` il campetto di calcio chiaccherando di parole swahili, tempo meteorologico, strutture scolastiche, ladri e citta`. Lo scuolabus di Brian era in ritardo, e arriva solo alle cinque del pomeriggio, giusto in tempo per riposarsi un po’ ed essere spedito con me a comprare della carne in una sorta di bar-ristorante-macelleria qui nella zona. Tornando dalla missione incrociamo Fergusson, l’amico di Mi., e lo invitiamo a cena nel suddetto locale. Un chilo di nyama choma richiede cinquemila lire e un bel po` di tempo per essere cucinato, cosi` andiamo a fare un giro a casa sua (..nella sua capanna, intendo; piena di poster religiosi e sacchetti di sementi) e a raccogliere altra erba per, stavolta, i suoi conigli. Torniamo al b-r-m per guardare un paio di partite di biliardo e ordinare anche due piattoni di patatine fritte, settecento lire l’uno. Mentre mangiamo vanno via la luce elettrica e quella solare; ormai sono le sette, riaccompagniamo a casa Br. che non ha ancora fatto i compiti e, con il beneplacito di Anna, accetto di farmi offrire da F. un’altra birra in un locale poco distante. Qui un generatore permette di godersi un gruppo reggae pop congolese composto da dei tizi travestiti da animatori turistici con dei rasta che sembravano piuttosto posticci. Intanto si discute della differenza tra leopardi e ghepardi (una riga nera sul muso), delle leggi tanzaniane sull’esportazione del cibo, delle leggi italiane sull’immigrazione, del fare notti bianche prima di lavorare, dell’accoglienza che riceverebbe dai miei connazionali, delle mucche dei maasai e altre facezie. Mi lascia davanti al centro promettendomi che uno di questi giorni saremmo andati a cercare una casa in vendita per me; entro e mi ritrovo del te` allo zenzero e un divano sotto il sedere. Ho il permesso di ritirarmi solo dopo aver accettato del cibo per la cena, i.e. fagiole e chapati, che adesso penso proprio che faro` sparire.
P.s. sempre piu` problemi all’elettricita`
P.p.s. la birra tusker viene cosi` chiamata perche` uno dei fondatori e` stato ucciso da un elefante.
03/09
9.35pm
Primo giorno di scuola per i bambini tra i tre e i sei anni che frequentano il centro. Arrivano, mi giocano, spingono, passano una palla, si fanno spingere sull’altalena e imperterriti mi ridono in swahili. Quindi arriva Anna, percio` fanno a gara a chi raccoglie piu` foglie secche e altre piccole sporcizie dal terreno prima di cantare quattro o cinque canzoni –sbagliando a volte le parole, a volte il ritmo, a volte cantandone due diverse insieme. Ispezione di unghie, capelli, vestiti; seduti in cerchio, ascoltano impressionati la storia di Davide e Golia, pregano. Ora dovrebbe essere il tempo di fare lezione, ma siccome e` il primo giorno –scuola illuminata! Si gioca e basta. Nel frattempo arriva Tabitha, la sorella minore di Anna e Mi., ventitreenne che studia in un’altra citta`. Siccome Mi. non da` sue notizie, accetto di andare con lei a trovare un suo amico. Con il dalla-dalla raggiungiamo la stazione dei medesimi, in una zona un tantino squallida, dove saliamo su un altro per arrivare sulla strada che conduce a Nairobi, periferia, povera ma abbastanza curata e presentabile. Il suo amico, musulmano di nome Ospite (questo, credo, era la traduzione del suo nome, che non ricordo; ma ai fini del racconto va piu` che bene) vive in una stanza con un letto, una tv con lettore dvd, un divanetto e un armadio. Pensavo che stessimo aspettando qualcun’altro, ma dopo parecchi video musicali e un paio di bibite offerte capisco che e` questo il loro programma della mattinata. Quando si ricordano che ci sono anche io, cominciano a chiaccherare in inglese; ma appena a uno dei due non viene in mente la traduzione di una parola, ricadono inesorabilmente nella lingua madre. Poco male, ormai ci sono abituato; anzi, penso che trovero` strano capire quello che la gente si dice per strada, tra due settimane. Os. non mi piace troppo, e` una di quelle persone tutta sorrisi di circostanza e gentilezze forzate che mi infastidiscono un po`. Quando una signora parecchio anziana, probabilmente sua parente, mi domanda qualcosa in swahili, si mette a fissarmi come se si aspettasse un mio discorso appassionato invece che tradurmi la richiesta o suggerirmi la risposta per salutare educatamente ed andarsene come fanno di solito i miei ospiti. Ora di pranzo, in un locale in fondo ad un vicolo attraversato da rigagnoli, un poster gigante di Selassie copre una delle pareti mezzo intonacate. Io e Ta. mangiamo una sorta di frittata spessa con pomodori e cetrioli (Os. no, che e` periodo di ramadan) e torniamo nella stanza. L’attivita` del pomeriggio e` guardare una commedia in slang americano su un perdente che diventa il piu` figo della scuola ma perdendo gli amici. Almeno questo e` quello che ho capito. Si esce, dalla-dalla fino a un quartiere un po` lasciato a se` stesso, entriamo in un resort stranamente pulito e ordinato dove Os. chiacchera un po` con la portiera (una sua amica, conosciuta in questo posto questo tempo fa, mi dice Ta.; che non eravamo nemmeno stati presentati). Poi, a piedi, attraversiamo la citta` quasi fino alla clock tower. Attraversando la strada Os. mi prendeva il braccio e mi guidava premuroso. Mi veniva voglia di scrollarmelo di dosso e dirgli che 1-Io ho attraversato il mondo da solo e so camminare per la strada; 2- ho diciannove anni e non nove; 3-sono sopravvissuto al Cairo, dove gli automobilisti avrebbero guidato sui marciapiedi se fossero stati abbastanza larghi; 4-anche nella mia citta` ci sono le macchine, per di piu` oggi c’e` traffico e qui sono tutti fermi. Ma non ho precisato niente di tutto cio`, e ci salutiamo prima di saltare con Ta. sul primo dalla-dalla per Njiro road. Tornando a piedi verso il centro e sgranocchiando una pannocchia arrosto, ammiro il tramonto. Ogni giorno e` di un colore diverso, e rendeva di un colore diverso ognuna delle migliaia di nuvole che si perdevano verso l’orizzonte. Questo mi ha fatto pensare che la giornata non e` stata del tutto sprecata. Di sera accompagno Br. a comprare del latte fresco e, per me, dello zucchero,che mi danno impacchettato in un foglio di giornale. Domani dovrei andare con Mi. e le due guardie maasai al loro villaggio, perche` uno dei due si trasferisce a Tanga e deve sbrigare degli affari.
P.s. forse ho visto tutto un po` negativo perche` oggi non mi sentivo molto bene
P.p.s. Arusha e` piu` piccola di quanto mi immaginassi
04/09
2.30pm
Mi. ci ha dato buca, e siccome aveva pure il cellulare spento ho passato la mattinata con i bambini. Dopo le canzoni, la storia biblica e un po` di ripasso dei nomi degli animali, delle lettere dell’alfabeto e dei numeri hanno avuto tempo libero. I tre maschietti piu` grandi insistevano affinche` giocassi con loro a calcio, e ho dovuto faticare nel mantenere l’equilibrio tra il non deludere quello che giocava con me e il non demoralizzare chi giocava contro –mi tenevo sempre uno o due gol sotto di loro. Poi, a gesti e in swahili, ho unito il mio compare alla squadra avversaria e cosi` mi e` bastato perdere trentotto a quarantuno o qualcosa di simile. Prima di merenda ho fatto in tempo a prenderne due sottobraccio e rincorrere un terzo, spingere due altalene contemporaneamente, sollevare tutti i bambini per farli aggrappare al canestro, lanciargli la palla, tenere la bambola a una bambina, andare nell’altro giardino a recuperare la palla, rincorrerli, altalene… Chai, arachidi; poi fanno un gioco che io da piccolo chiamavo Gatto e topo, se non ricordo male, e posso riposarmi. Non ho piu` l’eta` per certe cose. Quando se ne vanno tutti organizzo il pomeriggio insieme ad Anna e vado a casa per pranzare e trascrivere queste parole. Tra poco vado in centro da solo per cambiare dei soldi e, al ritorno, magari andiamo di nuovo a trovare la maasai centoquindicenne.
P.s. Non ho mai preso un dalla-dalla da solo
P.p.s. Se avessi avuto debiti adesso sarei sotto esami
P.p.p.s. Massima simpatia per chi invece che li ha. Mi spiace.
8.40pm
Il giro in citta` e` stato molto divertente; all’andata sono sceso presso l’impala hotel perche` pensavo avessero un cambio piu` conveniente che in citta`, ma non era cosi`; percio` decido di camminare per il chilometro circa che mi separa dalla clocktower, poiche` e` una bella giornata di sole, stranamente, e c’e` un profumo di allegria che di solito non si trova in citta`. Lungo la strada vengo avvicinato da tre tizi con delle stampe (Dipinte da me, sono un artista!) sottobraccio. Tutti e tre mi chiedono la nazionalita`. Al primo rispondo la verita`, e ne ricevo l’elenco di tutti i capoluogo di regione in ordine di produttivita` turistica; quando capisce che le sue stampe non le compro, mi propone Maria buona maria!. Rido e mi allontano. Al secondo rispondo Azerbaijan, in onore di Imran e per vedere quanto e` ferrato in geografia (poco, mi guarda confuso). Lui mi propone, dopo aver insistito per le sue opere, della tanzanite a buon mercato [ora, se io avessi delle gemme di un minerale che e` qualcosa come mille volte piu` raro del diamante, non penso proprio che andrei a vendere disegni per la strada]. All’ultimo do la stessa risposta, e almeno lui sapeva il continente degli azeri. Questa volta l’oggetto di ripiego era un braccialetto di scadente fattura, ma iniziavo un tantino a scocciarmi. Per frortuna ero al bureau de change, dove mi sono caricato tanto cosi` di banconote da cinquemila schillings. Il ritorno e` su un dalla-dalla abbastanza affollato, ma niente in confronto alle Bare di Cristallo. E pensare che, sulle solite guide internet, sconsigliavano caldamente di salirci perche` pericolosi per gli averi e la salute dei passeggeri. Scendo alla mia “fermata” e faccio una piccolo spesa (uova, latte, pane) parlando solo Swahili. A cosa ti serve una lingua, se non a procurarti il cibo?
Lascio tutto a casa e vado al centro, dove con Tabitha e Brian mi dirigo a cercare Michael, sparito da un po` di tempo. Ma la sua porta e` chiusa, quella di Nancy pure e decidiamo di andare a trovare Agatha, l’altra maestra del centro. Nel suo giardino si chiacchera in Swahili, si mastica canna da zucchero (le cui fibre rilasciano un succo molto dolce) e arachidi appena tolte dal fuoco, si passa il tempo. Sulla via del ritorno troviamo la madre di Nancy con la bimba, che devo portare in braccio fino a casa sua. Ormai e` buio, e si alza una luna piena con una luce da lampione, che faceva male agli occhi se fissata. Non credo di aver mai visto una luna cosi` stupenda, enorme e luminosa. Non c’era nemmeno bisogno di usare la torcia, ed era di una bellezza tale che ne sentivo la mancanza mentre ancora la guardavo. Si cena con ugali, erbette e stufato tassativamente da mangiarsi con le mani. E questo, per ora, e` tutto.
P.s. So che questo post e` corto e scritto male, ma non e` successo granche` in questi tre giorni.
P.p.s. La canna da zucchero e` davvero buona.

martedì 1 settembre 2009

questo non e` un titolo

31/08
10.10 pm
Poco dopo averlo pubblicato mi sono accorto di non essere per nulla soddisfatto dell’ultimo post, suona abbastanza sottotono rispetto a quelli precedenti. Per farmi perdonare, ecco un po’ di appunti che non hanno trovato lo spazio necessario, o che mi ero scordato, o che devo correggere.
La persona che e` venuta a prendermi all’impala hotel non e` il papa` di Br. ma un altro dei suoi cinque zii (cosi` ora mi manca solo di conoscere uno dei due che abitano a Dar Es Salaam, perche` gli altri quattro spaziano dall’amicizia alla conoscenza)
In Kenya il telegiornale trasmette gli orari dell’alba e del tramonto delle principali citta`, per aiutare gli arabi nell’osservare il ramadan. Mi chiedo che cosa scatenerebbe da noi anche solo una proposta simile, ma qui ci sono duemila chiese diverse che convivono piuttosto pacificamente fianco a fianco. Per tutta Arusha, ad esempio, si sentono spesso i richiami alla preghiera degli imam, sebbene quella musulmana sia una minoranza piuttosto piccola della popolazione totale. Mi chiedo se e` per questa sorta di rispetto culturale (necessario in tutta la Tanzania, perche` come ho gia` detto qui convivono piu` di centoventi tribu` diverse; ma, mi dicono, particolarmente marcato nella zona di Arusha) che qui si trova il tribunale dell’ONU per i crimini di guerra del Rwanda.
Non l’ho piu` scritto, ma ritengo che chi si lamenta del modo di guidare, o di lavorare alle frontiere, o di cucinare o di qualsiasi altra cosa tra cui e il Kenya o non ha mai messo il piedino fuori dalla porta di casa e dunque ignora come sia il mondo o non ha proprio capito la mentalita` dell’Africa Orientale.
Per lo stesso motivo il resoconto di Nairobi non era molto ricco di vicende: avevamo programmato una trentina di cose da fare o vedere, e non ne abbiamo fatta o vista praticamente nessuna. Ma e` stato bello lo stesso. Inoltre i primi due giorni in Kenya sono stati i primi due giorni della mia vita, o almeno che ricordi, in cui non ho pronunciato neanche una parola in italiano.
Tutti gli studenti, di tutte le scuole e di tutte le eta`, devono portare i capelli quasi rasati a zero, l’uniforme e non devono avere orecchini, collane, bracciali o altri gioielli.
Per chi ha finito la scuola trovare lavoro e` parecchio difficile. Per chi non l’ha finita e` pressoche` impossibile.
Le uniche notizie che ho dell’europa sono che l’economia si sta un tantino rafforzando, poiche` vedo salire i tassi di cambio. Per quanto ne so attualmente potrebbe esserci stato un colpo di stato guidato da Beppe Grillo, o l’invasione della Svezia da parte di San Marino..
Gli orari dei post del blog sono sballati, non capisco la causa poiche` non coincidono nemmeno con quelli del computer da cui posto. Boh. Mi risulta difficile, spesso, rispondere ai commenti ed alle mail, per cui scusatemi; pero` mi fa molto piacere ricevere entrambi e sapere che mi seguite –grazie.
Qual’e` l’altro aspetto positivo dell’essere mzungu? La possibilita` della conoscenza. Mi spiego meglio. All’interno della civilta` occidentale c’e` una certa percentuale di gente che dedica la propria vita al conoscere le altre culture; grecisti, egittologi, esperti di civilta` precolombiane o della Mongolia di Gengis Khan, cosi` come esploratori ed antropologi si spingono tra i ghiacci per conoscere gli inuit, nelle foreste per i boscimani o nel deserto per beduini ed aborigeni. Facendolo, sentono di amare profondamente quella cultura, tanto da assorbirla e percepirla quasi come propria. Se, mettiamo, un maasai sentisse l’inquietudine di non sentirsi pienamente soddisfatto dal proprio bagaglio culturale e si sentisse piu` affine ai, non so, Mohawk, avrebbe una difficolta` piuttosto pronunciata a conoscere ed avvicinarsi al loro modus vivendi se non passando attraverso gli strumenti occidentali. Certo, conoscendo parecchie altre culture, non mi stupisco affatto che i proprietari di ciascuna di esse non fatichino ad essere orgogliosi della propria, tanto quanto non riesco a capire come si faccia ad andare fieri di essere gli eredi di chi ha cercato di distruggere tutto quanto fosse diverso da se`; in ogni caso, grazie all’irrequietezza provata da altri prima di me, mi e` relativamente facile indagare il mondo per trovare il porto piu` adatto alla mia barca. Il bello della prigione bianca e` che si puo` evaderne.
Se il discorso di cui sopra vi sembra borioso o saccente, be’, vi giuro che non era assolutamente mia intenzione trasmettere questo tipo di messaggio; cercavo solo di spiegare.. ehm, non so bene cosa. Forse chi sono.
P.s. nel caso non ve ne foste accorti, tutto quello che avete appena letto era un insieme di postscripta.
01/09
8.40pm
Oggi sono stato ad un’altra cerimonia maasai. Un funerale, di una bambina di nove mesi. Si trattava della figlia del fratello minore del padre di Anna e Michael (so che il termine corretto e` cugina, ma non rendeva l’idea del fatto che non fossero particolarmente legati), malata da quando era nata di idrocefalia, se questo e` il termine dell’acqua nella testa. Dopo due operazioni, non ha superato la terza.
Piovevano goccioline fitte e fredde, ed il cielo era grigio scuro, mentre aspettavamo fuori dall’obitorio; prima entrano gli uomini, poi le donne e i pochissimi giovani. Io ero con quei pantaloncini detti, credo, trequarti (quelli sotto al ginocchio, per intenderci), poiche` avevo lavato la sera prima il mio unico paio di jeans; per questo motivo mi sembra un tantino piu` rispettoso congelare fuori dalla porta piuttosto che entrare a curiosare o poco piu`. La bara viene portata fuori, non era piu` lunga di mezzo metro e si notava che tutto il peso, o quasi, era dato dal legno. La pioggia non cambia, il vento non cessa; nessun tuono o raggio di sole: la natura non si interessa di queste formichine. Tutti i veicoli del parcheggio hanno dei fiori negli angoli dei paraurti, ma sono pochi quelli che partono nello stesso tempo –altre persone lasceranno Arusha, oggi. Il nostro vain e` il piu` capiente, per cui facciamo il giro della periferia raccogliendo amici e parenti; appena smette la pioggia l’atmosfera si rilassa, ridono e si prendono in giro in swahili. Per un attimo penso che stiamo andando al mercato, no, anzi, dev’essere una festa, sono tutti cosi` colorati… Si passa accanto ad una scuola, ora dell’intervallo, un oceano di bambini in verde che invade la strada e ci salutano con mille denti. Alla fin fine raggiungiamo la nostra destinazione, una casa di fango uguale alle mille altre che si trovano in periferia, vicino al mercato maasai di due secoli fa. In fondo alla pianura si vedono due o tre colline che sembrano fatte col compasso, nella direzione opposta il profilo di Arusha e, immenso, il monte Meru tra le nuvole. Il gruppo si divide, tutti si siedono sul “prato”; le donne con le donne, tutte avvolte in veli colorati e con la testa coperta, gli uomini con gli uomini, vestiti come tutti i giorni. Non metti il vestito elegante, se il vestito elegante non ce l’hai. Iniziano a chiaccherare, ridono, perdono tempo; per piu` di due ore sto seduto in silenzio ad ascoltare parole che non capisco. Ho freddo, siamo circondati dalle mosche, mi annoio e mi accorgo di non essere l’unico. Forse che si siano dimenticati che cosa devono fare? No, ecco che la folla si muove e si raccoglie a semicerchio attorno alla porta. La bara viene portata fuori e adagiata su un tavolino. Passando molto del mio tempo a riflettere sulla vita e` naturale che ragioni anche sulla morte; ma il pensiero che il mio essere li` o meno, per il corpo nella bara, non cambia nulla, e percepire l’indifferenza di molte delle persone che mi circondano, be’, mi riempie di tristezza. Di compassione, anzi; per i vivi, piuttosto che per quelli che lo furono. Un uomo con un completo verde intona un paio di canti religiosi, seguito dalla folla; poi, il suo posto viene preso da un altro, scuro nel vestito e nella gestualita`. Inizia una predica in swahili, della quale giusto poche parole. Dopo una ventina di minuti, la maggior parte dei cappelli e` di nuovo sulla testa dei proprietari, e Michael mi prende in disparte e mi porta su un prato poco lontano, vicino ad altri che so essere amici. Non e` solito per bambini cosi` piccoli fare discorsi cosi` lunghi, dice; ma ai maasai piace parlare, e quindi andra` avanti ancora per un po`. Ogni tanto la folla ridacchia, ad un certo punto ride perfino (pare che stesse condannando l’alcoolismo che dilaga tra i piu` poveri con un “tanto lo so che dopo il funerale andrete a bervi una birra!”). Scaccio una mosca e mi accorgo di quanto questa gente sia rassegnata. La morte fa parte di questi luoghi come le risate dei bambini, la polvere, i belati: tutte cose vere, palpabilmente vere. L’occidente e` una scatola tecnologica, che ha perduto del tutto il contatto con il reale. O almeno cosi` era mentre una nuvola gigantesca eclissava il sole e la sua ombra rabbrividiva. Sento che il suono cambia, Si`, ora sta parlando in maasai. Ci vorra` ancora un po’, vuoi vedere la buca? Profonda come un uomo, non piu` larga di un metro e mezzo, con la terra scavata ammonticchiata li` accanto, i manici di due pale che spuntano dalla collinetta. Il Mausoleo, il Taj Mahal, Giza, questa Buca. Forse che i rispettivi proprietari sono diversi, ora? Importa, per caso, che siano stati diversi prima di ora? Credo di no, e cosi` e` per me, per voi, per le persone in fila per dare l’ultima carezza a quel corpicino minuscolo, mentre un uomo col cappello tiene discretamente a distanza le mosche sempre piu` numerose. Le donne si siedono per terra a qualche distanza dal luogo della sepoltura, in silenzio. Gli uomini si raccolgono attorno alla Buca per gli ultimi discorsi, mentre i singhiozzi disperati della madre fanno perdere il filo del discorso all’oratore piuttosto scosso. Due ragazzotti saltano all’interno della Buca e vi appoggiano la cassa sul fondo, saltano fuori e raccolgono le pale mentre l’Uomo scuro, il padre e i fratellini della bambina gettano tre manciate di sabbia a testa prima di allontanarsi. Si ricopre. Tronct, tronct, tronct, i sassi rimbombano sul legno semivuoto. I gesti sono rabbiosi, quasi violenti, mentre i piu` forti si strappano gli attrezzi di mano per gettare ognuno un po` di terra grigia e nera come le mosche nella Buca sembre piu` piena. Compaiono due picconi che spianano e smottano, quattro arbusti ai lati del rettangolo che ormai si alza di mezzo metro dal terreno circostante. Velocemente si pianta una croce di legno, si circonda il tutto con delle rocce piu` chiare e le donne iniziano a gettare fiori viola sul monumento funebre; un uomo con un cesto da` a me e a chi mi e` vicino due rose legate insieme, per poggiarle intorno alla bara. Quando lo faccio incrocio lo sguardo del padre, che mi sorride. Entrambi sappiamo che compio quel gesto per lui piuttosto che per lei. E la folla si sparpaglia nuovamente.
Io accompagno Michael in una casa maasai poco distante, dove abita l’uomo che ha tenuto la cerimonia il primo sabato. Sua moglie ci offre del latte fermentato in qualche modo che, se zuccherato, sa quasi di yoghurt da bere. Decido di aspettare la serata per chiedere a qualcuno se potevo berlo senza problemi. Carichiamo sul vain un sacco alto come me pieno di pannocchie e torniamo alla casa del funerale, dove lo infiliamo in una vecchia corolla; non so chi ci obbliga assolutamente a prendere una bibita, qualcuno si presenta, una donna mi fa una domanda in swahili (si`, rispondo convinto, prima di scoprire che mi aveva chiesto il mio nome), mi portano nella casa per il giro di condoglianze, dove tutti erano colpiti dal fatto che mi comportassi in maniera educata. Siamo davvero cosi` rozzi e volgari?
Dopo una giornata lunghissima ci ficchiamo nel vain con un’altra ventina di persone (non ricordo se fossimo in 24 o 26) e, lasciandone qualcuna per strada, torniamo al centro che ormai sono le quattro e mezza ed i ragazzi sono gia` arrivati. Nancy ci vede e ci corre incontro, sua mamma la solleva e No, urla, perche` voleva essere portata da me. Mi sono sentito un sacco importante, in quel momento. Ho giusto il tempo di pranzare un pochino prima che Frankie mi obblighi ad inseguirlo per il centro e fuori, fargli il solletico, sollevarlo sulle spalle, e` un bambino adorabile e pieno di vita. Dopo la bibbia settimanale e la merenda diamo ad ognuno dei ragazzi un sacchetto con sapone, olio, farina e altri generi simili per le loro famiglie; alcuni di loro, rimasti nonostante il tramonto, insistono nel continuare a giocare, perche`, probabilmente, non gli sembravo abbastanza stanco. Mi fermo in casa a guardare un documentario sulla mungitura delle mucche senza l’audio e a chiaccherare con Anna mentre bevo un chai allo zenzero, poi mi obbliga a prendere del cibo che ha cucinato e mi dirigo verso casa di Mario. Telefono ai miei, scrivo queste parole. Sono le dieci e qualcosa, maledetto blog che mi fai tardare la cena!
P.s. Accidenti, non mi piace nemmeno questo di post.
P.p.s. Stranamente, anche se e` martedi`, la corrente e` in funzione
P.p.p.s. Ieri sera ho finito Le nuvole di Aristofane. Quello che penso del teatro l’ho scritto piu` sopra, per di piu` quello Greco e` pieno di riferimenti e citazioni impossibili, per noi, da cogliere senza spiegazioni approfondite. Pero` mi e` piaciuto lo stesso.
P.p.p.p.s. Quanto e` brutto quel nove li` in alto.

lunedì 31 agosto 2009

Tatonzania feat. Sambukenya

26/08
8.00 pm
Stamattina si va subito al centro, che siamo pieni di impegni e dobbiamo fare in fretta. Per questo si aspetta almeno mezz’ora, perche` No hurry in Africa e` una legge universale. Percio`, quando Michael arriva e raccoglie me e Brian andiamo a comprare il materiale necessario, chiodi e un foglio di lamiera da una parte e della legna da un altra. Spesa totale 27 euris. Il cielo e` brutto e pioviggina, ma e` una cattiva notizia perche`, mi spiegano, la pioggia di questo tipo in questo periodo dell’anno significa che quella prevista per novembre-dicembre ritardera` ancora. Stranamente, inoltre, le odiose goccioline che tanto mi incupiscono al mio paese qui non fanno effetto. Torniamo al centro e scarichiamo il tutto, per metterci a segare e martellare in mezzo al fango. Non c’e` elettricita`, quindi si usa la sega a mano, raddoppiando o triplicando il tempo necessario al lavoro; pero` ci divertiamo, e procediamo spediti. Ci dobbiamo interrompere verso l’una, perche` Anna insiste che si debba pranzare e riposarsi un po` prima di finire. Percio` ugali, fagioli e, senza che debba richiederli, i famosi pescetti! Ormai hanno accettato la mia doppia natura. Usciamo un attimino e ritroviamo Alex (detto Fergusson, se si scrive cosi`) che lavora in un’aiuola vicina. Si mettono a discutere per finta su dei semi che F. doveva vendere o regalare a Mi. e che non voleva, o non poteva, o stava giusto aspettando di, a seconda di come si mettevano gli accordi, dargli. Comunque ci offre delle sodas e, per 350 lire, ci beviamo la fanta al frutto della passione. Abbiamo il permesso di finire il lavoro, e siccome e` tornata la corrente usiamo la sega elettrica (usiamo nel senso che la uso anche io, perche` mi sono scoperto non del tutto inabile in falegnameria. E` piuttosto divertente, ho voglia di costruire qualcos’altro!). Meta` pomeriggio, non abbiamo altri impegni, percio` facciamo un giro nel quartiere per tirare sassi ai datteri secchi o parlare agli asini; Anna, pero`, ci chiede un passaggio al mercato dall’altra parte della citta` e la accompagnamo. Sulla via del ritorno, Mi. ferma il vain per salutare una persona, mentre io resto dentro: seduti su degli scalini poco distanti, dei ragazzi iniziamo a salutarmi in inglese prendendomi, credo, in giro in swahili. Qui tantissime persone salutano lo mzungu, pochi per chiedere soldi, altri per prenderti in giro e la maggior parte per simpatia disinteressata, pero` vorrei che non lo facessero comunque, serve solo a sottolineare la mia evidente diversita` esteriore. Bah. Quando torniamo al centro ci accorgiamo di non avere le chiavi dell’edificio ne` quelle di casa di Mario, chiuse dentro esso. Anna tornera` tra un’oretta, percio` andiamo a casa di Bruson, cugino di Brian, dove mentre loro si godono una sorta di Mtv io mi appisolo sul divano. Anna arriva che ormai e` buio, mi trascino stanchissimo a casa e finisco UNC (decisamente bello, Pirandello e` uno dei pochi che potrebbe scrivere un libro simile senza passare per borioso o noioso).
P.s. Mi mancano veramente pochi libri. Accidenti.
P.p.s. Il cibo cotto sul fuoco a legna ha tutto un altro sapore.
27/08
9.30
Quando, stamattina, sono andato al centro, ho trovato fuori dal cancello un bel po` dei semi –che non sono semi ma foglie rigide belle lunghe- che F. aveva mezzo promesso a Mi. Li porto dentro, accompagno nuovamente Br. a comprare le mandrasi, questo il nome delle frittele di qualche giorno fa e, dopo colazione, andiamo verso casa di Mi. con un po` di quelle piante sotto il braccio. Dicono che facciano cresciere una sorta di patata dolce tipicamente africana. Mentre Mi. irriga (a vangate e vasi comunicanti) il suo campo io e Br. andiamo da Caroli e il suo fratellino Manje, due ragazzi del centro, per pescare insieme. Spille da balia, un po` di spago e un bastone di legno e` tutto quello di cui hai bisogno, con la zappa cerchi i lombrichi e tutto quello che hai da fare e` capire quali sono troppo piccoli per essere mangiati e ributtarli in acqua. I pesci sono diversi da quelli nostrani, hanno una cresta piuttosto esotica sulla schiena. Non pescavo da, uhm, da quando? Credo dalla Norvegia con il mio vecchio. Bei tempi. Alla fin fine, dopo un paio di orette, abbiamo raccolto una buona dozzina di pesci grossi circa come una mano aperta, e andiamo verso casa di Mi. per cucinarli. Squamiamo, sventrano e svuotano, accendiamo il fuoco e riscaldiamo l’olio. Che e` sempre lo stesso, il che in europa gli darebbe un tasso cancerogeno del duemila percento ma in africa e` la prassi. Di necessita` virtu`, che diamine! Mentre io e Br. iniziamo a friggere il pescato, Caroli va a raccogliere la cassava, che puliamo e friggiamo proprio come una settimana esatta fa. Rimpiango nuovamente di non avere con me la bacca digestiva dei maasai, perche` ne mangiamo a quintali, e sebbene a noi si uniscano Gasto, Frankie, Luka, Jacob, Michael e altri ragazzi ce n’e` piu` che abbastanza per tutti. Insieme costruiamo un piccolo recinto per una grossa gallina nera e i suoi pulcini, e pian piano il gruppetto si dirige verso il centro. Lungo la strada io e i bambini (cioe` Br., Luka e Frankie) ci attardiamo in un orto per raccogliere delle erbacce per i conigli, e siccome la suddetta erbaccia mi arriva alle ginocchia e la raccolgo a manate cieche non posso non chiedermi quanti dei serpenti che abbiamo visto la prima settimana fossero molto velenosi; pero`, siccome non vengo morso, non ho modo di scoprirlo.
Non faccio in tempo a posare il mio carico, tuttavia, che Mi. mi accompagna in citta` per comprare il biglietto per Nairobi e a cercare una bombola di aria compressa per pulire e, spero, aggiustare la macchina fotografica –ma essendo ormai le sei del pomeriggio tutti i negozi sono gia` chiusi. Poco male, aspettero` il Kenya. Torniamo indietro in tempo per salutare tutti i ragazzi e, mentre mi attardo a chiaccherare con Anna, scopro che non c’e` di nuovo corrente. Elementare, l’idroelettrica ha bisogno di acqua, e se c’e` carenza idrica c’e` mancanza elettrica. Quindi assaggio gli strani tuberi di cui stamane ho visto i semi, e sono pure buoni, sanno di pure` compresso. Speravo che l’energia tornasse per poter pubblicare quanto meno questi due giorni e non lasciarvi a bocca asciutta per quasi una settimana, ma dovrete rassegnarvi, perche` alle otto torno a casa e, avendo di nuovo un sacco di cose da fare e nessuna voglia di farle, finisco Tre croci di Tozzi (molto, molto bello. Mi piacciono i libri che non hanno una storia particolarmente piena ma si limitano a raccontare la disperazione dei protagonisti, se, ovviamente, sono scritti bene). Al buio preparo i documenti per il viaggio, lo zaino e mi accingo ad andare a letto.
..Oh, e` tornata la luce!
P.s. sempre meno libri, cavolo.
P.p.s. dovrei preoccuparmi del fatto che conosco piu` parole in swahili, che frequento da meno di tre settimane, rispetto al greco antico, che dovrei frequentare da cinque anni?
P.p.p.s. le parole di greco antico presenti ancora in italiano non contano.
P.p.p.p.s. Oggi ho visto tre bianchi, mentre ieri e l’altroieri nemmeno uno –missione compiuta. Non l’ho scritto perche` speravo nella tripletta, ma mi accontento cosi`.
27/08
8.15 am
La luce e` tornata appena in tempo. Mangio qualcosa, che non mi andava di cenare nuovamente al buio, vado a letto. Mi sveglio alle sei meno un quarto, per fare una doccia non calda e fare una ricca colazione, dovendo stare parecchio a digiuno. Alle sette e dieci arriva Mi., ed e` la prima volta da quando sono in Africa che vedo qualcuno arrivare in orario! Sul bus una delle persone che aveva prenotato non c’e`, per cui, dal seggiolino scrauso in mezzo al corridoio che mi era stato assegnato inizialmente vengo traslocato su un sedile vero e proprio. Siamo partiti adesso, e chissenefrega se Nairobi e` pericolosa!
P.s. Ho di nuovo parlato in inglese con un italiano, anzi, italiana, che non ha dato segni di accorgersi di nulla. Oh oh oh, sono cosmopolita!
P.p.s. Tempo previsto per il viaggio: tra le quattro e le otto ore
29/08
12.20 am
Il viaggio e` stato africano, e non saprei come meglio descriverlo. Lunghi tratti su un terreno che, se non era sterrato, era asfalto in condizioni davvero pessime; caldo con i finestrini chiusi, rumore e vento se aperti; savana e nient’altro per chilometri, e so che mi manchera` tantissimo. Passiamo vicino al lago Natron, mi colgono ricordi e orgoglio. Solo io e un altro paio di wazungu abbiamo un libro in mano alla partenza, e capisco il perche` dal tremore che ti impedisce di contare le tue dita. Arriviamo al confine, frontiera di Namanaga, descritta da alcuni turisti come “una bolgia infernale”. Ci si mette in fila, ecco il suo documento ed ecco il suo timbro, arrivederci; un paio di centinaia di metri, ecco il Kenya, ecco i suoi dollari ed il suo documento, ecco il suo visto e il suo timbro, arrivederci. Cosa si aspettavano, che offrissero un buffet? Torniamo sul bus, e mentre aspettiamo una coppia di olandesi veniamo assediati da un branco di maasai che cercano di venderci la loro paccottiglia (tristi riproduzioni in plastica dei loro gioielli e manufatti, mi facevano tristezza). Si riparte, tra vibrazioni e pezzi piu` lisci, e posso procedere con il libro, superandone la meta` prima dell’arrivo. Il paesaggio e` lo stesso, colline tonde e basse, nuvole perfette come solo in africa, basse acacie rinsecchite, ma in qualche cosa si percepisce che e` diverso. Sara` la terra, che e` rossa di un rosso differente, anche se quel confine e` stato tracciato dagli inglesi o chi per loro su una cartina. Attraversiamo parecchie cittadine squallide e tutte uguali e alle due in punto entriamo a Nairobi. Il traffico che ci era stato prospettato ci accoglie amorevolmente, e procediamo di duecento metri ogni venti minuti. Caldo, smog e rumori dappertutto, mi viene voglia di saltare dal finestrino e proseguire a piedi; se solo sapessi la strada.. Alle tre siamo al primo degli hotel in cui e` previsto l’arrivo, dove vengono scaricati dal tetto tutti i bagagli di chi non scende e vengono stipati nel corpo dell’autobus –non ho idea del motivo, ma ho smesso da tempo di stupirmi o di cercare di capire alcuni comportamenti africani. Come quando chiedo un’informazione a chi mi accompagna e costui non la sa, egli chiede a qualcun’altro in swahili, annuendo soddisfatto per la risposta. Ehm..
Alle tre e mezza siamo al capolinea e scendo. La mia sim tanzaniana non funziona, chiedo alla hall dell’hotel se posso fare una telefonata e, per tutta risposta, vengo accompagnato prima ad un bureau de change e poi a un negozio di telefonica dove acquisto una nuova sim e la rispettiva ricarica. Che non funziona. Chiediamo al negozio, riusciamo a ricaricare, cerco di chiamare. Ma non funziona. Ci smanetta il portiere dell’hotel, riesce a chiamare il primo dei due numeri di Sambuka, ma risponde una voce come infantile, che non capisce bene l’inglese. Provo il secondo numero, e non funziona. Sto per mettermi a imprecare in migliaia di lingue diverse e a pensare dove diavolo passare la notte quando riusciamo a chiamare il mio amico, che non e` lontano da qui. Sollievo infinito. Arrivato mi accompagna a pranzare a pollo fritto e ricordi in un localino tutto lindo e pulito ma dove mi danno una forchetta sporca. Alzo le spalle, se ero anche solo un briciolo schizzinoso prima di questo viaggio, be`, ho perso per strada quella parte di me. Entriamo in un palazzone composto da tante piccole stanzette un metro e qualcosa per due, dove c’e` il bugigattolo (adoro questo genere di parole, come dinoccolato, cacofonico, stereotipato…) che ha in comproprieta` con degli amici e che chiamano negozio. Qui lasciamo il mio zaino e partiamo per una prima passeggiata in un quartiere pieno di grattacieli, hotel di lusso, ambasciate e ministeri, la tomba del primo presidente, un edificio importante perche`.., una statua, un`altra. Camminare per una metropoli senza una meta precisa, non lo facevo dai tempi di Roma, vacanze di pasqua. Passeggiare con un amico che ti indica dei palazzi, non lo facevo dai tempi di Parma, dicembre scorso. Tempi meravigliosi. Sempre a piedi passiamo per uno dei quartieri arabi, e la moschea e` proprio bella (mi piacciono molto le moschee) e arriviamo nell’universita`, grossa e moderna, ma le persone coloratissime e casinare che la circondano la fanno essere una vera allegoria della citta` stessa. Il viaggio mi ha spossato e ho anche mal di testa, ma il tramonto con le nuvole grigie gialle rosse rosa e azzurre, gli uccelli di vario tipo (cornacchie, corvacci –i miei preferiti, passerotti grossi come piccioni, qualche rapace intorno ai grattacieli), ti ricordano di essere in africa e di essere contento. Al negozio riprendiamo lo zaino e Oliver (credo si chiamasse cosi`) il miglior amico di Sambuka che ci accompagna da allora ed andiamo in un bar su un tetto, con perquisizione all’ingresso, birra molto economica e dolce, musica chiassosa che ti rimbomba nelle orecchie. Ol. Dice qualcosa al deejay e Nairobi mi da il benvenuto in Kenya. Usciamo.
Anche se ho bevuto come loro non riesco a trovare divertente cio` che a loro fa ridere tanto, sara` che mi fa male la testa, sara` che la gente mi fissa per la strada, sara` per le sette ore di bus che mi pesano sulle spalle. In una sorta di fritteria (a Nairobi esistono solo tre tipi di negozi: cibo, telefonini e scarpe. Chi ha bisogno di qualsiasi altra cosa dove diavolo se la procura?) ceniamo a patatine e salsa piccante e prendiamo la prima bara di cristallo. Sono dei minibus coloratissimi e pieni di disegni fuori, scuri e opprimenti dentro, con dei televisori che proiettano i videoclip delle terribili canzoni rap o reggae che ti colpiscono da ogni angolo, non si vede niente fuori dal veicolo, che dentro e` pure imbottito, probabilmente per evitare troppe contusioni alla folla a causa della velocita` e degli sbalzi. Lungo la strada la polizia ci ferma e fa la perquisizione a tutti, e per fortuna che eravamo tutti puliti perche` mancava giusto una bella sparatoria per rovinarmi definitivamente l’umore. Arriviamo in un brutto quartiere, le case diroccate, le strade sterrate e sporche (il centro invece e` parecchio pulito, ci sono perfino dei cestini della spazzatura e vengono usati), e persino io, sempre disinteressato alle vicende del mondo e mai preoccupato verso il genere umano avverto un certo timore. Tutto il pomeriggio ho pensato che Nairobi dev’essere pericolosa per i turisti solo nei quartieri piu` malfamati, come, del resto, Roma; be’, ora ero nel bel mezzo di un quartiere che aveva tutta l’aria di essere malfamato. Fortunatamente entriamo subito in un edificio e da li` in una stanza che tuttora ignoro se fosse loro, di un amico o in comproprieta` con questo amico; si trattava in ogni caso di un salottino con dei cuscini e una tv, un lavandino in un angolo e dietro una grata separatrice un letto matrimoniale dove dormiamo tutti e tre. Dopo pochi minuti eccole. Dapprima senti il ronzio in lontananza, poi si avvicinano alla faccia, alle braccia e alla pancia, da dove immediatamente parte il prurito e il gonfiore. Si allontanano, lasciandoti immerso nel silenzio per un paio di minuti, giusto il tempo di sperare che siano sazie, ed eccole di ritorno, piu` assetate e rumorose. Ne schiacci una, ne compaiono altre cinque, e anche Eracle avrebbe avuto il suo bel daffare. Le parti del corpo sotto la coperta, sebbene cuocessero, erano al sicuro, ma non cosi` la testa –e in ogni caso hai bisogno delle mani per grattarti o cercare di spiaccicarne il piu` possibile quando le senti sulle guance e la fronte.
E` l’alba, se ne vanno vittoriose, la disperazione cede il posto al sonno, finalmente; e anche ai sogni strani, lariamosi (avro` forse preso la malaria? Nah, la gestazione e` molto piu` lunga, ah ah!). Dopo un paio di orette ci alziamo, io e Ol. distrutti per la notte passata a sfamare le bestie, Sambuka riposatissimo perche` Il suo sangue non piace alle zanzare. Attraversiamo un mercato chilometrico e di bancarelle sconcertantemente uguali per prendere un’altra bara di cristallo diretti verso il centro, affollatissimo come ieri (perche`, scopro, Nairobi ospita tre milioni di abitanti in uno spazio pensato per contenerne due). A piedi torniamo al Bugigattolo dove brunchiamo con mezzo sandwich e una tazza di chai (ora come ora, cioe` 12.45, spero che avremo anche un pranzo vero e proprio, perche` sto morendo di fame). Aspettiamo non so bene chi o cosa, ma come ho detto non mi stupisco piu` delle decisioni africane; poco dopo Ol. si alza e porta la mia macchina fotografica alla samsung, che un fotografo li` vicino gli ha detto che e` rotta all’interno e dev’essere smontata da chi l’ha costruita. Nel frattempo guardiamo e commentiamo le foto dell’Egitto, che sembra lontano dozzine di decadi ma era meno di trenta giorni fa. Aspettiamo ancora, e poco male, che almeno non devo scrivere tutto questo domani o il giorno dopo. Ora, mi accorgo, sono esattamente a meta` del mio viaggio in Africa. Punto di non ritorno.
P.s. Mi sono reso conto mentre scrivevo che magari non tutti sanno che cosa sono venuto a fare a Nairobi. Quand’ero in Egitto con gli scout ho conosciuto questo ragazzo, Samuel Mburu Kanau (AKA Sambuka), con il quale ho stretto in dieci giorni una forte amicizia, promettendogli che sarei andato a trovarlo durante la mia permanenza ad Arusha. E` sempre allegro ed e` come se ridesse sempre, con gli occhi e con la bocca. Purtroppo pero` questo fa si` che le persone capiscano si` e no un terzo di quello che dice...
P.p.s. Il tasso di cambio degli scellini kenioti e` di uno a centocinque/sei, per cui non devo fare altro che pensare in centesimi di euro o togliere due zeri dalle cifre piu` alte.
P.p.p.s. Mi sono reso conto solo adesso (31 agosto), ricopiando queste parole al computer, di quanto devono essere noiose e superflue alcune (se non la maggioranza) parti del mio resoconto. Mi spiace..
30/08
1.55 pm
Leaving Nairobi… [E` parecchio che non ascolto Leaving Beirut, adoravo quella canzone]
E cosi` anche la mia avventura keniota e` giunta al termine. Ritorniamo all’ora di pranzo di ieri. Poco dopo che ho finito di scrivere Ol. si unisce di nuovo a noi e a piedi sotto un sole finalmente africano (Nairobi mi era stata descritta come fredda e piovosa. Non e` cosi`) raggiungiamo una chiesa metodista non particolarmente vicina dove si e` appena concluso il matrimonio di non so quale amico, o parente, o amico di parenti o parente di amici. In ogni caso, tutta la numerosissima famiglia del mio ospite, che conta 15 persone solo tra i cugini di primo grado, e` ivi raccolta e mi viene presentata man mano. Ci mettiamo in fila dietro a millanta persone per raggiungere la distribuzione del cibo, mentre loro chiaccherano meta` in swahili e meta` in inglese Perche` a scuola si fa cosi`. Raggiungiamo il cibo senza evaporare e ci sediamo in chiesa a mangiare. Una sorta di polenta verde con mais; carote grattuggiate con ananas; carne e riso sono il nostro pasto. Un predicatore borbotta qualcosa ed iniziano a cantare, non gospel alla Dan Brown come io speravo ma canzonette da karaoke. Uffa. Ricomincia a litigare con se` stesso applaudito dalla folla e usciamo di nuovo tra le braccia e le strette di mano di altri parenti? Conoscenti? Persone che passavano per caso? Non faccio in tempo a capirlo, ma vengo buttato in mezzo alle foto di rito. Almeno mi sorridevano tutti, e penso che credessero di ridere con me e non di. Arriva la processione della sposa, una fiumana di signorotte di mezza eta` coloratissime che ridono sguaiatamente cantando e battendo le mani. Riusciamo a divincolarci e ritrovare la liberta` della strada. Ol. va a prendere la mia macchina, ma era parecchio rotta e i soldi che ho gia` cambiato non bastano, cosi` ne cambio altri alla cassa di un casino`. Era la prima volta che ci entravo, e sebbene fosse tutto perfettino da giacca e cravatta era un luogo terribilmente squallido. Sono le 2.08 e il bus parte per Arusha, a dopo..
P.s. pero` il cambio del casino` era il piu` conveniente della citta`.
8.35 pm
Ok, eccomi ad Arusha, seduto nella hall di un albergo. Piu` tardi spieghero` perche`, ci arriviamo con calma, come ha fatto il tempo reale.
Ol. va dunque a ritirare la mia camera, cercando, riuscendovi, ad ottenere un po’ di sconto. Nel contempo io e Sambuka andiamo nel negozio di souvenir dell’Hilton Hotel, un palazzone grande e grosso tutto di vetro. L’HH, non il negozio. Pare che sia il piu` economico della citta`, e quanto pare ha ragione, poiche` sembrava che gli items costassero giusto il loro stesso materiale e nulla piu`. Resta da sottolineare il fatto che questi sono i primi souvenir che compro da quando sono qui, ad eccezione di tre collanine, e questo e` un fatto piu` che notevole. Appena pago ci sbattono fuori, perche` e` gia` l’ora della chiusura. Un’ultima passeggiata prima del tramonto, quando torniamo a chiudere il bugigattolo e andiamo a prendere il pullman verso la loro casa. Lungo la strada incontriamo una loro amica, che a me ricordava tantissimo una persona che conosco, che mi vende del miele della sua fattoria. Dopo un po` ci separiamo, e noi ci troviamo cosi` in mezzo ad un’isola pedonale circondata da auto, bici, bare di cristallo e vengo colto nuovamente dal malumore, non so se per la puzza di europa o perche` gli infiniti clacson mi danno nostalgia del Cairo. Detto per inciso, la` la situazione del traffico era decisamente peggiore, sebbene gli stessi commenti sulla rete deprecassero quello di Nairobi. Ma ne parlero` piu` avanti. Mi sentivo, in ogni caso, un po’ giu`. Per fortuna saliamo su un minibus, questa volta lindo e tranquillo, non una BdC; niente disegni, niente televisori, niente sobbalzi eccessivi, riesco persino a sonnecchiare durante i 40 minuti che ci separano dal villaggio dove i miei amici vivono insieme ad altri 5mila kenioti. Ora mi sento bene: le strade in terra battuta non illuminate, i banani, le casettine mi ricordano Arusha; mi sento a casa. [e no, vocina nella testa, non e` vero che Arusha non e` casa]. Sedendomi su uno dei divani della piccola sala di Sambuka mi accorgo di essere proprio stanco. La famiglia e` affabile e numerosa, e continua a chiaccherare tanto di, con, su me. Il… fratello? Cugino? diciottenne mi chiede in che continente si trovi il mio paese, ma non e` la prima volta che mi rendo conto di quanto sia insignificante quella penisoletta a livello internazionale. Finiamo di guardare una sorta di saranno famosi keniota, tutto parlato in inglese (e se qualcuno usa lo Swahili, be’, tolgono il suo audio e lo doppiano). Praticamente tutti i programmi televisivi sono in inglese, di certo aiuta a impararlo assai bene, ma non sono del tutto sicuro che sia una buona cosa.
P.s. Sono arrivati a prendermi, continuo badae.
P.p.s. Word, qui, e` convinto che io scriva in inglese –un pessimo inglese, per di piu`. Se ci fosse qualche parola scritta sbagliata, probabilmente e` perche` lui crede di correggermela.
10.00pm
Casa, finalmente. Ma se qui mi sento a casa, e dando per veritiero il vecchio adagio del piede che non puo` infilarsi in due scarpe nel medesimo momento, cosa sentiro` quando tornero` nella citta` segnata sul mio passaporto? Diamo tempo al tempo, che lui a noi non ne concede. Torniamo al racconto di ieri.
Finito il programma ceniamo con del chapati keniota, piu` duro e scuro, ugali sempre uguale (mi si perdoni il gioco di parole), spinaci, credo, cotti in qualche modo e fagioli e patate stufati. Tutto delizioso, ma pesante come macigni. Durante la cena guardiamo il telegiornale, ed ogni due notizie una parlava di qualche rapimento. Il Kenya e` piu` insicuro di quello che si pensi, a quanto pare, eppure continua a essere il paese con piu` turismo della zona. Occidentali, chi li capisce.. Finito il tg e la cena inizia una commedia basata sul Casanova (E` Venezia, non e` roma. Si`, ci sono ancorfa quei palazzi sull’acqua. No, non li indossano piu` i mantelli). Si accorgono che mi sto sforzando di rimanere sveglio e molto umanamente mi concedono di ritirarmi (dopo aver usato il bagno, un buco in giardino circondato da un gabbiotto di cemento, come usava nelle nostre campagne fino a 50 o 60 anni fa). Collasso a letto. Nonostante il ritorno dei sognacci, la luce del sole e la casa che si sveglia non ci alziamo che alle nove e mezza. In fretta e furia ingoiamo del chai al latte (loro non passano dall’acqua bollente, versano direttamente il latte caldo sulla bustina) e del pane passato nelle uova e fritto, usciamo di casa e andiamo a vedere un punto panoramico sulla rift valley a dieci minuti dal loro villaggio. E` proprio bella. Per tornare in citta` saltiamo su un’ultima BdC, che nel frattempo scopro chiamarsi Matato, inquietantemente simile a Matata (e chiunque abbia visto il re leone sa bene come quest’ultima parola significhi Problema.) L’imbottitura bianca e rossa del soffitto quasi ci tocca la testa mentre le casse gracchiano a tal punto da non capire se fosse reggae o hip hop (altri generi sono da escludere categoricamente). Barcolliamo, ancora tutti interi, fino al museo poco distante dalla citta`, che dicono sia molto ricco e interessante. La tariffa per i wazungu e` di otto volte superiore a quella per gli africani e sedici volte quella dei kenioti. La mancanza di fondi ci fa desistere, e, Sour grapes, si torna in citta`.
p.s. mi si incrociano gli occhi e sbaglio a scrivere le parole, credo proprio che continuero` domani.
31/08
4.45 pm
Oggi e` il compleanno di Caligola, nonche` ultimo giorno di agosto. Questo mese e` cominciato con la partenza per l’ER, tempo inconcepibilmente distante. Ora sono al centro, e ho finito di ricopiare quanto avete letto finora; i ragazzi dovevano arrivare tre quarti d’ora fa, ma siccome non sono ancora qui posso continuare a scrivere per un po`.
Una volta in citta` ed in mezzo ai grattacieli ci accorgiamo a malincuore che e` ormai ora di pranzo, e che mancano due ore alla mia partenza. Entriamo in un ristorantino di cibo africano dove per due euro a testa mangiamo un piattone di stufato e uno di riso speziato. Penso che i prezzi europei mi faranno venire la pelle d’oca. Abbiamo tempo per un ultimo giro fotografico e di ricordi. All’una e trentacinque, cioe` con cinque minuti di ritardo rispetto a quanto chiestomi, siamo davanti allo shuttle; partenza prevista per le due. Dunque ci appostiamo all’ombra a fare video stupidi quando vedo che il pullman inizia a muoversi. Aspetta, urlo, li abbraccio di fretta e salto sul bus in partenza, Vi/ti aspetto nel mio paese, faccio in tempo ad urlare prima di allontanarci. Addio frettoloso, ma non sarebbe stato diverso se ci fossimo salutati a lungo, no? Comunque in venti minuti facciamo il giro degli altri hotel raccogliendo altri passeggeri. A differenza dell’andata, questa volta sono l’unico bianco (ci sono anche due arabi, ma non ho ancora capito se contano come wazungu oppure no). Cosi`, mentre scrivo le parole che avete letto sopra, scopro che le due descritte come orario di partenza erano da riferirsi all’ultima delle fermate piuttosto che alla prima. Oggi, curiosamente, non c’e` traccia di traffico, e Nairobi scivola via silenziosa. Di nuovo la savana, di nuovo il viaggio. Adesso pero` sono seduto nel sedile sopra la ruota posteriore, e devo scegliere se tenere le ginocchia in gola o le gambe nel corridoio, ma non e` una decisione tanto difficile. Poiche` e` quasi scarico, abbasso il volume dell’mp3. Cosi`, come un flash, rivivo lo stesso gesto che avevo compiuto accanto a Gaia quando, lasciata da poco Cassino, viaggiavamo verso il primo campeggio nel parco nazionale degli Abruzzi. Per una trentina di secondi rimango li` dentro, potevo osservare ogni singolo particolare di quell’istante. E tanti saluti ai dolcetti di Proust.
Il gesto che ha scatenato tutto cio` tuttavia si rivela inutile, perche` entro pochi minuti la batteria si arrende e mi lascia nel silenzio –si fa per dire, perche` tra lo sterrato, la gente che chiacchera in swahili e il vento dai finestrini si e` quasi assordati. Durante i pezzi di asfalto continuo il libro che stavo leggendo; prima non l’ho specificato, ma e` L’uomo duplicato di Saramago. Lo sto divorando, lo sto adorando, e finisce subito al primo posto della mia classifica dei migliori libri suoi (a parimerito con tutti gli altri). Lo metto in pausa due volte: la prima, quando Tertuliano telefona a Maria da Paz dopo essere tornato da casa della madre. La felicita` che descriveva, il sentire che tutto, in quell’istante, e` perfetto ti fa adorare il mondo. Ho dovuto smettere per assaporare appieno quel sentimento. La seconda volta e` stata quando, invece, fa una telefonata dalla cabina telefonica. Le orecchie si tappano, la bocca si secca e la schiena si irrigidisce di colpo. La disperazione, questa volta, come yin e yang, fa tremare le mani e ti porta a detestare qualsiasi cosa ci sia di fronte allo sguardo. Quanto lo adoro.
Poco prima della fine del libro torniamo alla frontiera, che questa volta dobbiamo attraversare a piedi, circondati da tafani che ti offrono cambi convenienti, visti assolutamente necessari, controlli del passaporto, soldi del monopoli. Li scaccio stizzito, pensando che, se stanno li`, vuol dire che in qualche modo i soldi di qualche gonzo finiscono nelle loro mani, ogni giorno. Ma finche` si tratta di ricconi occidentali, poco male; se si tratta di poveracci in cerca di lavoro, be’, e` tutta un’altra storia. Questo pensiero mi irrita, e mi ritrovo a imprecare contro di loro in italiano. (Fortunatamente nessuno di loro era una vera guardia di frontiera. Sarebbe stato imbarazzante.). Ottenuto il tanto desiderato timbro posso tornare al libro e finirlo. Sono le sei e venti, mancano venti minuti al buio e altri ottanta ad Arusha, sono tutto scombussolato da Saramago e da Qualcos’altro che ancora non mi riesce di afferrare. Se chiudo gli occhi cercando di dormire li riapro dopo trenta secondi colto da un pensiero importantissimo, che non riesco a delineare nella testa. Ansioso, irrequieto. Perche` stai andando piano? Cala, sole, in fretta, che vuol solo dire che si avvicina l’arrivo. Maledizione, perche` ci sono questi dossi in mezzo ai paesini, rallentano il bus. Dove sei, luce? Al buio l’autista e` piu` prudente! Perche` non finisci, savana, Arusha e` una grossa citta`, non e` nascosta tra gli alberi. E il monte Meru nemmeno si vede. In quella terrificante ora succede qualcosa che non riesco a cogliere appieno, ma e` stato come una lunga conversazione con me stesso; ricordo solo di aver pensato concetti abbastanza astrusi, che passavano dall’avere la vita totalmente certificata in maniera ufficiale per arrivare al senso del mangiare e del dormire negli esseri viventi, cosi` come altri pensieri lugubri, scettici, insofferenti, drastici, astrusi e confusi su di me, su di voi, sugli altri e sul niente. Una delle frasi che ricordo suonava all’incirca come “Chissa` quante dottrine e idee sono andate perdute solo perche` l’autore non aveva il modo o la voglia di trascriverle in quell momento”. In ogni caso i concetti generali dovrei averli conservati e, magari, trovero` il modo di utilizzarli in futuro.
P.s. non e` curioso che tanto Nairobi quanto il mio paese distino sette ore di viaggio da Arusha?
P.p.s. sono arrivati i ragazzi, continuo dopo
6.45 pm
Finalmente siamo entrati in una citta` che mi ricordava Arusha, anche se all’andata non era cosi` lunga. Boh, magari siamo ancora a Moshi, e in quell’istante appare l’Impala hotel, ultima fermata. Scendo, chiamo Mi. (che non risponde), Anna (che manda Br. con suo padre a prendermi). Mi fermo nella hall e scrivo le parole di cui sopra, poi, a casa, svuoto lo zaino, chiamo i miei, ceno con qualcosina e cerco di lavarmi, ma manca l’acqua. Scrivo di nuovo e vado a letto. Mi sveglio presto per lavare me e i vestiti, prima che prendessero vita e mi aggredissero; saluto il geco che vive in casa con me da una settimana (giuro, un geco vero e proprio, non e` un’allegoria), faccio colazione con niente, non avendo cibo, trascrivo sul computer buona parte di questo post. Vado al centro per postarne una parte, ma la connessione non funziona, cosi` tutti insieme (io, Anna, Brian, Michael) andiamo al mercato per comprare il cibo per i ragazzi della scuola, poiche` mercoledi` iniziano le lezioni. All’ingrosso acquistiamo tantissima farina, uova, pescetti e altri generi di prima necessita`, circondati da odori, colori e suoni talmente vivi e allegri da far girare la testa. Mi accompagnano a fare una spesa per casa mia e, quando si mettono a contrattare per abbassare il prezzo, capisco buona parte delle parole che dicono. Un altro giro nella zona agricola per acquistare degli strumenti che servono alla loro sorella ed andiamo a scaricare il tutto –finalmente non vogliono piu` che l’ospite stia solo a guardare e accettano il mio aiuto nel carico/scarico della roba. A casa decido di provare una ricetta che mi e` stata mandata per posta, e senza troppi problemi riesco a cucinare un dolce di riso. Probabilmente e` un po’ troppo dolce, ma non importa, sono contento di riuscire anche a cucinare qualcosa di nuovo. Scrivo ancora, vado al centro per assistere alla lezione di acrobatica ma, come sapete, i ragazzi mi lasciano il tempo di continuare questo diario; quando arrivano, poiche` la lezione era incentrata sui piu` grandi, i bambini mi sfiancano a giocare a rincorrerli, rubacappello e altre attivita` ludiche del medesimo genere. Sono meravigliosi. Merenda, A domani, eccomi qui. Spero che adesso vada internet.
P.s. Mi hanno chiesto se sono abbronzato –non tanto, e` quasi sempre nuvoloso. Ho risposto che non sono ancora africano, fuori.
P.p.s. Come talvolta traspare da quello che scrivo, in queste settimane sto rivivendo con insolita forza i ricordi belli e non solo che hanno caratterizzato la mia vita e, soprattutto, gli ultimi quattro anni –insomma, come dicono succeda a chi sta per morire. Magari e` solo un effetto delle forti emozioni che questo posto trasmette, magari ora che l’ho scritto non succede nemmeno piu`.
P.p.p.s. Perdonatemi in anticipo se, in futuro, mi perdero` in divagazioni varie. Ho appena finito un Saramago, e` necessario che capiti.
P.p.p.p.s. A forza di aspettare i caricamenti delle pagine del blog ho imparato a giocare a freecell.
Ale